La luce è là		
Agata Bazzi 
Mondadori		euro 19 
“E’  passato molto tempo, questa casa è stata distrutta ma è stata  recuperata. Ha rischiato di scomparire ma è stata salvata. E’ una casa  che ha racchiuso tanti mondi, di affetti, di lavoro e anche di  abbandono. Ma la luce è là, e risorge sempre” 
La copertina 
Disegnata  e costruita tra il 1884 e il 1890 da Albert Ahrens, patriarca della  famiglia, che dalla Germania si era trasferito a Palermo diventando un  imprenditore di successo, Villa Ahrens sorta nella Borgata San Lorenzo  Colli è sempre stata un luogo di accoglienza, un rifugio per la  famiglia, un approdo per gli amici e i parenti di passaggio, oltre che  lo scenario perfetto per gli incontri di lavoro che si approfondivano  quanto più si ampliava l’influenza commerciale di Albert. E’ attorno a Villa Ahrens immersa in un giardino profumato di rose e di  lillà che si dipana la potente saga familiare degli Ahrens, romanzo  d’esordio di Agata Bazzi, architetto palermitano e discendente di questa  grande dinastia di imprenditori.  Attingendo ai ricordi di famiglia e al diario tenuto dal bisnonno Albert  l’autrice ci narra con uno stile raffinato e una scrittura coinvolgente  le vicende degli Ahrens che si intrecciano fra gioie e dolori agli  eventi storici: la Belle Époque, il terremoto di Messina, la Prima  Guerra Mondiale, l’avvento del fascismo fino alle leggi razziali del  1938 che costringono Albert Ahrens a fare i conti con la propria  identità ebraica. Arrivato a Palermo nel 1875 dal piccolo paese di Varel in Germania dopo  un’esperienza lavorativa a Napoli con il cugino, titolare di un’attività  di vendita di tessuti, e con il compito di aprire una succursale in  Sicilia, nel giro di pochi anni Albert riesce a mettersi in proprio e a  realizzare il suo sogno. Prima in ambito tessile poi in campo enologico e  infine nel settore dei mobili quest’uomo di umili origini,  intraprendente e con un approccio innovativo diventa in poco tempo un  riferimento del mondo imprenditoriale palermitano. Di posizioni moderate  nel conflitto tra libero mercato e intervento statale è convinto che lo  sviluppo economico poggi sulla stabilità sociale, motivo per cui è  attento alle condizioni dei lavoratori, e che non possa esserci  commercio senza un sistema infrastrutturale adeguato. “Imprenditore  veloce che capiva e agiva in Sicilia diventò un innovatore”. L’impeto creativo e l’ambizione non impediscono però ad Albert di  crearsi una famiglia numerosa con Johanna Benjamin che da Amburgo, con  uno spirito avventuroso poco usuale in quegli anni, lo raggiunge nella  città sicula. Con il matrimonio arrivano otto figli, due maschi e sei  femmine, che crescono nella prestigiosa Villa Ahrens: un’isola di  cultura tedesca dove si leggono libri in tedesco, si parla tedesco e  anche le specialità culinarie appartengono alla tradizione germanica. I giovani Ahrens crescono in un clima di accoglienza e apertura verso  gli abitanti della borgata, sotto la guida saggia di Johanna che si  occupa con piglio fermo ma incline alla generosità del governo della  casa. Johanna, una delle figure più intense del libro, è protagonista di  una stagione magnifica nella storia di Palermo - caratterizzata da uno  sviluppo non soltanto economico ma culturale, artistico e di innovazione  - rimanendo per tutta la sua lunghissima vita un punto di riferimento  così forte da tenere unita la famiglia, sia durante gli anni di  prosperità e di successo, sia quando le tragedie private e gli eventi  della Storia spezzeranno l’armonia e la serenità del nucleo familiare. Con il suo equilibrio e senso del dovere Johanna ha sempre ricercato  anche nei momenti più difficili “le ragioni per accettare che la vita  non è soltanto una strada in pieno sole, ma è comunque un dono e va  vissuta con generosità”. E’ attraverso la voce narrante di Marta, una delle sorelle Ahrens  affetta da una lieve sordità che però non le impedisce di “ascoltare” e  interpretare il mondo, che l’autrice ricostruisce gli avvenimenti che  legano la sua famiglia alla Sicilia e ci rende partecipi della vita dei  giovani Ahrens. Chi erano e come vivevano questi ragazzi a cavallo fra Ottocento e  Novecento? Se Erwin è un artista, staccato dalla realtà, sentimentale, introverso e  altruista che crede che la bellezza possa risolvere i problemi del  mondo, Robert, il figlio prediletto, è socievole, espansivo, molto  attento ai dettagli sul lavoro “quasi pedante”, una caratteristica che  gli sarà utile negli affari per tenere lontani i rischi e procedere con  sicurezza. Margherita che ha lo stesso fascino calmo e misterioso di Johanna sembra  abitare in un mondo di spiritualità. Molto più concreta Berta, amante  del teatro e della letteratura, si muove con grazia, cosciente della sua  avvenenza. 
Olga e Vera, le sorelle Ahrens  più piccole, crescono in modo diverso dai fratelli: bambine mentre  l’Europa vive la raffinata Belle Époque i loro orizzonti guardano al  futuro con occhi nuovi e curiosi del mondo che li attende: Olga vuole  iscriversi a Giurisprudenza e Vera a medicina. Marta, la figlia solo in  apparenza più fragile, osserva, propone e partecipa con entusiasmo al  lavoro nell’azienda paterna e stupisce i familiari per la competenza con  cui affianca il padre in un lavoro considerato ancora “da uomo”. Cresciuti nel rispetto delle regole e della disciplina che, grazie alle  maniere dolci di Johanna non hanno mai avvertito come “imposte”, i  giovani Ahrens trarranno dall’educazione ricevuta la forza per mantenere  unito il nucleo familiare anche quando il dolore e i lutti irromperanno  nelle loro vite. Liberi di scegliere gli studi in base alle attitudini e gli affetti  secondo il loro temperamento le sorelle Ahrens sposano tutte dei  siciliani che in qualche modo incarnano tradizioni e costumi della  società siciliana. Dall’aristocratico Vito Burgio, proprietario di una  grande tenuta a Poggio Allegro, dalle parti di Mazara del Vallo, che  conduce una vita lussuosa nella Palermo dorata di quegli anni, ai  fratelli Morello, imprenditori moderati come Albert, appartenenti  all’aristocrazia palermitana che assumono il ruolo di contraltare  rispetto al rivoluzionario socialista Vincenzo Raja, marito di  Margherita, destinato a vivere tempi bui con l’avvento del fascismo. Perché la Storia con i conflitti mondiali, l’avvento delle dittature  nazista e fascista e i dissesti economici che ne conseguono entra anche  nell’atmosfera dorata di Villa Ahrens, già duramente provata da lutti  dolorosi. Gli Ahrens ancora in vita devono abbandonare la villa e le  attività commerciali al demanio militare perché così decretano le leggi  fasciste incuranti del fatto che l’ebraismo in casa Ahrens è sempre  stato poco praticato, seppur vissuto con orgoglio. In questa storia tumultuosa, dai molteplici risvolti le figure femminili  e in particolare Marta, Vera, Johanna rappresentano la vera forza di un  romanzo coinvolgente ed emozionante: donne tenaci che hanno sfidato le  consuetudini dell’epoca, rivoluzionato le idee, difeso i diritti dei  deboli e combattuto le ingiustizie per diventare custodi della memoria e  dei valori che hanno ispirato la famiglia: coraggio, speranza, dignità e  rigore. 
Villa Ahrens oggi, dopo un  restauro, è la sede palermitana della Direzioni Investigativa antimafia  ma nella decorazione del prospetto si può ancora ammirare una grande  aquila ad ali spiegate che stringe fra gli artigli un ramoscello d’ulivo  e sul petto ha uno scudo con la Stella di Davide. Sulle sei punte della  stella, c’è una scritta: LIK DÖR , “La luce è là”. Il libro di Agata Bazzi ha il dono raro di accoglierti fra le sue pagine  facendoti sentire a casa, con una lingua viva, coinvolgente, che sa  raccontare con garbo l’apoteosi del successo, il dramma della perdita e  l’energia vitale della rinascita. 
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Giorgia Greco