Usa, Russia, Cina: la strategia globale dei grandi Paesi
Analisi di Antonio Donno
 
Ieri,  su “il Foglio”, Mattia Ferraresi ha ironizzato sulla recente vicenda  della proposta di Trump al governo della Danimarca di acquistare la  Groenlandia. Non è una novità. Qualunque cosa dica o faccia il  presidente americano, “il foglio” è pronto o ad attaccarlo o a  ironizzare, mai a valutare nel merito le sue proposte o le sue  iniziative. Una noia. Al contrario, la proposta di Trump non è affatto priva di senso, se si  guarda con attenzione allo scenario internazionale odierno. Esso è  dominato dagli interessi confliggenti di tre grandi potenze: in ordine  di importanza, gli Stati Uniti, la Cina e, con un certo distacco dalle  prime due, la Russia. Si può azzardare nell’affermare che lo scenario  globale è definibile con il termine di “neo-imperialismo”, ovviamente  ben diverso nei contenuti e nelle forme dall’imperialismo di vecchio  stile che ha caratterizzato la storia mondiale prima della guerra  fredda. Con la guerra fredda il sistema internazionale è divenuto  bipolare e si è caratterizzato per lo scontro ideologico tra Stati Uniti  e Unione Sovietica. Oggi, il confronto ha caratteri ben diversi: non ha finalità coloniali  né contenuti ideologici, ma economici e geo-strategici allo stesso  tempo. La Russia di Putin tende ha riconquistare vecchie posizioni che  un tempo furono del regime comunista sovietico, puntando a riproporre la  propria egemonia nel Medio Oriente e nell’Europa orientale, come nel  caso dell’annessione della Crimea e della pressione sul Donbass ucraino.  Silenziosa ma efficace, caratterizzata da interessi economici, è la  penetrazione della Cina nelle più svariate situazioni internazionali. 

 
La  Cina è presente in Africa, in particolare in alcune zone dell’Africa  subsahariana (Angola, Camerun, Etiopia, Kenya, Repubblica del Congo,  Sudan e Zambia), nelle quali ha investito cifre molto considerevoli e  svolge un’intensa attività economica. Ora la sua attenzione si sta  rivolgendo al Sud America. Nel primo e nel secondo caso, verso parti di  due continenti che hanno una caratteristica comune, per quanto di natura  e origine diversa: la povertà, in qualche caso la miseria. Se la Russia  ha interessi geo-politici in aree in qualche modo vicine al suo  territorio, la Cina, grazie alla sua potenza economica ben più grande di  quella russa, ha una visione globale dei suoi interessi.       Detto questo, occorre affermare con chiarezza che il ruolo degli  Stati Uniti nell’arena globale è in ritardo rispetto a quello della  Russia e soprattutto a quello della Cina. Si tratta della responsabilità  precipua degli otto anni della presidenza di Obama, al quale va  imputato il sistematico ritiro politico da aree che fino alla sua  elezione erano state presidiate da Washington: Il Medio Oriente e il  Pacifico occidentale lungo la direttrice che va dalle coste siberiane  sino alle Filippine. Ora, la proposta di Trump di acquistare la  Groenlandia è uno dei passi che egli avrebbe voluto fare per riproporre  la presenza americana in un’area che diventerà sempre più strategica in  futuro: il Nord Atlantico e l’Artico. L’immensa isola groenlandese ha  un’importanza sempre più evidente: dal punto di vista economico, perché  il suo sottosuolo nasconde grandi riserve energetiche, e dal punto di  vista strategico. La Groenlandia è un immenso ponte ghiacciato posto tra  il Nord America e i mari russi di Barents e di Kara, in cui si sta  sviluppando l’interesse di Mosca verso le distese dell’Artico. Nello  stesso tempo, l’ambizione di Pechino, che, come si è detto, si dispiega a  tutto campo, non esclude affatto una certa attenzione verso la  Groenlandia. Russia e Cina, in sostanza, considerano l’immensa area  groenlandese di sicuro interesse per le loro strategie future.       La proposta di acquisto della Groenlandia da parte di Trump a  Copenaghen non è affatto insensata, per quanto avanzata in modo  diplomaticamente poco fine. È l’esito di un’analisi della situazione  strategica globale in cui la grande isola potrà avere un ruolo  importante, economico e strategico allo stesso tempo. Inoltre, è un  passo che Trump ha voluto fare per rimettere in moto una nuova strategia  internazionale americana intesa a far riacquistare agli Stati Uniti una  posizione centrale nello scenario globale che la gestione errata degli  interessi americani nel mondo da parte di Obama aveva abbandonato. 

Antonio Donno