Hamas potrebbe accordarsi con Fatah, u.d.g. esulta
dimenticando il terrorismo e il rifiuto di Israele
Testata:
Data: 22/10/2008
Pagina: 13
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: Piano di riconciliazione, da Hamas mezzo sì
Umberto De Giovannangeli, su L'UNITA' del 22 ottobre 2008 discute della possibilità di un accordo, mediato dall'Egitto, tra Hamas e Fatah, senza minimamente preoccuparsi di una questione essenziale: Hamas modificherà  la sua linea di rifiuto dell'esistenza di Israele e di utilizzo del terrorismo e della violenza ? Se ciò non avverrà, com'è probabile, un governo di unità nazionale tra Hamas e Fatah potrebbe forse pacificare il palestinesi al loro interno, ma renderebbe impossibile la pace con Israele.

La titolazione dell'articolo è ambigua e fuorviante. "Piano di riconciliazione, da Hamas mezzo sì" è il titolo. Soltanto dal sottotitolo  
("Mediati dall’Egitto i punti per una pace con Fatah. «Amministrazione mista per Gerusalemme»") si capisce che il "mezzo sì" di Hamas è a Fatah, non, come si sarebbe potuto supporre, a Israele.  L'"amministrazione mista per Gerusalemme", invece, non c'entra nulla con Hamas. Si tratta invece di una proposta che sarebbe emersa da un presunto incontro segreto ad Amman tra esponenti israeliani e giordani.

Ecco il testo dell'articolo:


L’ultima spiaggia L’ultimo tentativo per evitare la guerra civile nei Territori. L’ultima mediazione che porta la firma del rais egiziano, Hosni Mubarak. Il docu-
mento è già stato consegnato ai vertici di Hamas e di Al Fatah. L’Unità ne ha preso visione. Il piano, strutturato in sei punti, prevede la costituzione di un governo provvisorio di unità nazionale col compito di indire le elezioni presidenziali e legislative, riformare i servizi di sicurezza, operare per la fine dell’isolamento della Striscia di Gaza e per migliorare le condizioni di vita della popolazione, mantenendo al tempo stesso la tregua in atto tra Israele e Hamas. Altro punto politicamente pregnante riguarda la modifica della carta costitutiva dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp), in modo tale da permetterne l’ingresso ad Hamas. Per quanto riguarda la costituzione del governo di unità nazionale, in campo vi sono due ipotesi: affidare l’incarico di primo ministro a una figura indipendente gradita sia ad Hamas che ad Al Fatah, o approvare un meccanismo a rotazione. Le prime reazioni al piano egiziano vengono da Hamas. Il movimento islamico ritiene che il piano avanzato dall’Egitto per una riconciliazione nazionale palestinese sia importante, ma che diversi punti debbano essere ancora chiariti e altri modificati. Ad affermarlo è il portavoce di Hamas Fawzi Barhum confermando che il movimento islamico, al potere nella Striscia di Gaza, ha ricevuto le proposte egiziane. Una conferma analoga è giunta anche dall’ Autorità palestinese del presidente Abu Mazen (Mahmud Abbas). «Noi - spiega Barhum - vediamo con favore questo piano dell’ Egitto che ringraziamo per gli sforzi che sta attuando nel senso di una riconciliazione nazionale palestinese». «Riteniamo - aggiunge - che diversi punti del documento possano costituire la base per una riconciliazione ma altri punti sono poco chiari e altri dovrebbero essere rivisti». Il capogruppo di Fatah nel Consiglio legislativo palestinese (Clp, il Parlamento dei Territori), Azzam al-Ahmed, dal canto suo ha definito il piano «una buona base per un accordo e per mettere fine alle divisioni palestinesi». L’ Egitto ha invitato Hamas e Al Fatah a un dialogo di conciliazione basato sul suo piano il prossimo 9 novembre al Cairo. La presa del potere con la forza a Gaza da parte di Hamas oltre un anno fa ha provocato una spaccatura in campo palestinese che si è diviso in due entità rivali: Gaza sotto Hamas e la Cisgiordania sotto il relativo controllo dell’Autorità palestinese. Di particolare significato è il punto, delicatissimo, riguardante la riorganizzazione dei servizi di sicurezza, questione che ha rappresentato la miccia che ha fatto esplodere la resa dei conti nella Striscia.
La diplomazia «segreta» investe anche un altro nodo cruciale nel contenzioso israelo-palestinese: lo status di Gerusalemme. A tal proposito, esponenti israeliani e giordani incaricati dai rispettivi governi avrebbero avuto un incontro segreto nella capitale giordana Amman per «discutere sul destino futuro della città di Gerusalemme» che assieme al diritto di ritorno dei profughi è il principali ostacolo per il raggiungimento di una soluzione per la questione palestinese, come ha sostenuto ieri il quotidiano palestinese «al Quds al Aarbi» che cita fonti palestinesi ben informate. Le fonti, in condizioni di anonimato parlano di un «incontro segreto avvenuto negli ultimi giorni ad Amman», due esponenti non governativi israeliani avrebbero proposto alla parte giordana composta da due ex ufficiale d’intelligence e un deputato giordani una «prospettiva» di soluzione per l’amministrazione della Città santa. La proposta affiderebbe «l’amministrazione civile della zona di Gerusalemme» ad un «Consiglio provvisorio composto da 15 persone: 5 ebrei, 5 cristiani e 5 arabi».
Secondo le fonti palestinesi,«la delegazione israeliana ha fatto sapere che lo Stato ebraico non sarebbe contrario all’idea di una partecipazione della Giordania» al Consiglio ma sarebbe «contrario alla partecipazione dell’Anp».
L’area soggetta all’amministrazione «mista» sarebbe comunque non superiore ai 2 chilometri e includerebbe «la spianata delle due moschee, il muro del pianto e il Santo sepolcro».

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