Nell'editoriale di Eric Salerno pubblicato dal MESSAGGERO del 18 settembre 2008, teoricamente dedicato alla vittoria di Tzipi Livni nelle primarie di Kadima, questo fatto della politica interna israeliana è in realtà poco più di un pretesto per attaccare Israele, uno dei paesi "più maschilisti dell'Occidente" (che probabilmente tra breve, per la seconda volta nella sua storia, avrà un premier donna.. ) e Golda Meir, che "sosteneva l'inesistenza del popoli palestinese" e "dopo il massacro alle Olimpiadi di Monaco dette l'ordine di rintracciare e uccidere i mandanti dell'attentato e altri leader palestinesi come Wail Zuweiter, noto poeta e scrittore freddato nell'atrio della sua casa romana soltanto perché rappresentava il suo popolo in Italia".
Circa il primo punto, vale la pena di ricordare quanto dichiarato da Zuheir Muhsin, ex capo del Dipartimento Militare e membro del Comitato Esecutivo dell’Olp, al quotidiano olandese Trouw, marzo 1977 :“Non c’è differenza fra giordani, palestinesi, siriani e libanesi: siamo tutti parte di una nazione. È solo per ragioni politiche che sottolineiamo accuratamente la nostra identità palestinese… L’esistenza di un’identità separata palestinese serve solo a scopo tattico. La creazione di uno stato palestinese non è che un nuovo strumento per continuare la battaglia contro Israele” (fonte israele.net).
Il popolo palestinese, per molto tempo, è stato cioè, anche per una parte dei suoi capi, neint'altro che un pretesto del mondo arabo per condurre la sua lotta di annientamento verso Israele. Ancora oggi Hamas non persegue un progetto di indipendenza nazionale, ma l'instaurazionedi uno stato islamico, nel quadro di un rivolgimento generale del mondo musulmano.
Negli anni 70, Golda Meir aveva dunque tutte le ragioni per denunicare la strumentalità della "questione palestinese" e nel ricordare che era con il panarabismo che Israele si confrontava.
Quanto al secondo punto, ammesso e non concesso che, come sostengono i palestinesi, Israele abbia sbagliato a considerare Zwaiter responsabile della strage di Monaco, egli era comunque il rappresentante dell'Olp, l'organizzazione terroristica che stava dietro il massacro, non il rappresentante "del suo popolo". Zwaiter non era un mite poeta, ma il propagandista di un organizzazione di assassini.
Brevi cenni alle primarie di Kadima nell'articolo di Michele Giorgio pubblicato dal MANIFESTO che si concentra sullo scontro interno a Fatah.
Giorgio non ha simpatia per il premier palestinese Salam Fayad, perché troppo vicino all'Occidente e per i suoi tentativi di riformare il catastrofico sistema di assistenzialismo e di corruzione creato da Arafat, che per il quotidiano comunista sembra essere un positivo esempio di politica sociale.
Inoltre, Giorgio condanna l'assenza di democrazia interna di Fatah e loda invece le elezioni di Hamas che sta "ringiovanendo i suoi quadri dirigenti, pur confermando ai vertici i leader più noti". .. e instaurando un potere totalitario a Gaza, ma sono particolari.
Ecco il testo completo
Clima di attesa la scorsa notte in Israele per l'esito delle primarie di Kadima, il partito di maggioranza relativa. Le previsioni indicavano come vincente il ministro degli esteri, la signora Tzipi Livni, destinata a sostituire il primo ministro Ehud Olmert e, se riuscirà a formare un governo, a diventare il primo premier donna dai tempi di Golda Meir. I giochi tuttavia non erano fatti e la Livni nel pomeriggio si è detta preoccupata per la bassa affluenza ai seggi, vantaggiosa per il suo avversario principale, il ministro dei trasporti Shaul Mofaz, sostenuto da militanti di Kadima più motivati. Ieri però in primo piano c'erano notizie che riguardano un altro partito, non israeliano ma palestinese. Fatah, che per decenni ha guidato il popolo palestinese, fino alla sconfitta elettorale del 2006 a vantaggio di Hamas, è nel caos totale. La sua leadership, sempre più lontana dalla base e dal resto del popolo palestinese, è lacerata da differenze politiche e da rapporti personali tesi. Più di tutto, appare incapace di elaborare una strategia per i negoziati con Israele e i rapporti con Hamas (che controlla Gaza), senza dimenticare la questione della fine del mandato presidenziale di Abu Mazen (gennaio 2009). Lo scontro al vertice è emerso pienamente martedì sera. Il negoziatore capo Abu Alaa non ha voluto partecipare all'incontro fra Abu Mazen e il premier israeliano uscente Ehud Olmert. Confermando indiscrezioni che circolano da giorni, il quotidiano palestinese al Quds al Arabi , pubblicato a Londra, ha aggiunto che Abu Alaa ripete da tempo che le trattative con Olmert, dimissionario, stanno danneggiando la credibilità di Fatah. Non solo, il negoziatore capo ha chiesto le dimissioni del governo di Salam Fayad, da lui definito «un esecutivo imposto dagli americani». La tensione tra Fatah e Fayad, un ex dirigente del Fmi e della Banca Mondiale ora leader di un partito minore, «La Terza Via», è sempre esistita ma adesso si è fatta insostenibile. Il governo Fayad, formato da «tecnici» e costituito dopo il colpo di mano di Hamas a Gaza, doveva rimanere in carica solo poche settimane, invece è al potere da oltre un anno. Gran parte di Fatah rimprovera a Fayad - fautore della linea dei «conti in ordine ad ogni costo» - di svolgere politiche economiche e sociali contrarie agli interessi di una popolazione in gran parte povera e che deve fare i conti con l'occupazione militare israeliana, favorendo così una ulteriore crescita della popolarità di Hamas in Cisgiordania. Abu Mazen è stato sollecitato a formare un governo di Fatah, ma il presidente rimane ancorato a Fayad, verso il quale convergono i sostegni politici e finanziari occidentali senza i quali l'Anp non potrebbe sopravvivere. A gettare benzina sul fuoco è anche la prossima scadenza del mandato presidenziale. Abu Mazen otterrà a novembre il via libera del Consiglio centrale dell'Olp al prolungamento della sua presidenza di almeno un anno, fino alle consultazioni politiche del 2010. In Fatah non sono pochi, specie tra i più giovani, quelli che contestano la mossa di Abu Mazen e chiedono che a gennaio si svolgano elezioni per eleggere un nuovo presidente palestinese, precedute dal congresso del partito, rinviato ripetutamente e atteso da quasi venti anni. Ma la leadership attuale, incluso lo stesso Abu Alaa (incaricato di preparare il congresso), punta a frenare il rinnovamento. Tutto ciò mentre Hamas ha tenuto le sue elezioni interne nelle scorse settimane ringiovanendo i suoi quadri dirigenti, pur confermando ai vertici i leader più noti.
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