Alcuni quotidiani del 5 settembre 2008 sono disposti a vedere fin da ora, con certezza, nel viaggio di Sarkozy in Siria il segno del "rientro in gioco" di Damasco, in Assad serie intenzioni di pace e in Israele, naturalmente, l'intransigenza che ostacola un accordo.
Dimenticando che è la Siria a condizionare la pace con Israele a una soluzione globale del conflitto mediorentale. Inoltre, la Siria richiede il Golan fino al lago di Tiberiade, includendo territori che ha conquistato nella guerra di aggressione del 48, ma che per non sono mai stati suoi, e dai quali potrebbe minacciare le città israeliane.
Ecco l'articolo di Michele Giorgio dal MANIFESTO:Il leader siriano Bashar Assad non si è lasciato sfuggire l'occasione del vertice a quattro di ieri a Damasco - con il presidente francese Nicolas Sarkozy, il premier turco Tayyep Erdogan, e l'emiro del Qatar sheikh Hamad bin al Khalifa al Thani - e ha rivelando di aver fatto avere a Israele una proposta di pace che, tuttavia, attende ancora una risposta. Insomma, ha lanciato la palla nel campo israeliano: «Stiamo aspettando la replica a sei punti che abbiamo avanzato attraverso la Turchia», ha affermato ieri il leader siriano, ribadendo che i negoziati diretti tra Damasco e Tel Aviv saranno possibili solo quando si insedierà una nuova amministrazione americana, evidentemente più disposta di quella uscente guidata da George Bush a lavorare per il processo di pace nella regione. Parole che Israele lascia cadere nel silenzio, limitandosi ad affermare che non esiste una proposta formale della Siria sul futuro del Golan e sui rapporti tra i due paesi. Israele altresì lamenta per non essere stato coinvolto e neppure informato (dai francesi) con sufficiente anticipo sui temi in discussione al summit. E' difficile fare previsioni sugli esiti concreti dell'incontro a Damasco nella soluzione della crisi mediorientale. Tre dati sono però incontrovertibili: il ritorno della Francia sullo scacchiere regionale rende ancora più palese il fallimento della strategia della «guerra preventiva» di George Bush; l'arrivo a Damasco del presidente francese Sarkozy, primo leader occidentale negli ultimi cinque anni, mette fine all'isolamento della Siria; si rafforza il fronte contrario alla guerra contro Tehran e quindi a un possibile attacco israeliano o americano alle centrali atomiche iraniane. L'emiro del Qatar è stato fin troppo chiaro nell'affermare che gli stati del Golfo, alleati di ferro di Washington, non intendono lasciarsi trascinare in un conflitto con Tehran. Forte del netto miglioramento dei rapporti tra Siria e Libano - molto apprezzato e sottolineato da Sarkozy nei giorni precedenti al vertice - e più libero dalla pressione americana, Assad ora guarda con minore preoccupazione all'atteggiamento ostile di Arabia saudita ed Egitto e non teme, come prima, il processo internazionale ai presunti mandanti ed esecutori dell'assassinio dell'ex premier libanese Rafiq Hariri, che si terrà all'Aja nei prossimi mesi e dove qualcuno, a Washington e a Beirut, lo vorrebbe vedere sul banco degli imputati. E forse non è un caso che proprio ieri, nel giorno del vertice di Damasco, sia stato annunciato che il procuratore internazionale Daniel Bellemare, che per conto del Consiglio di Sicurezza dell'Onu indaga sull'attentato ad Hariri, non presenterà più a settembre ma a fine anno il suo rapporto sull'andamento dell'inchiesta. Così il summit di ieri si è trasformato in una una rivincita del presidente siriano su quei leader arabi, sauditi ed egiziani in testa, che lo scorso marzo boicottarono il summit arabo a Damasco. Assad ha usato toni morbidi nel suo discorso, ha parlato di pace con Israele ma non è mai apparso rinunciatario e disposto ad accettare un compromesso svantaggioso per la Siria, e ha messo in guardia dalle conseguenze di una nuova guerra nella regione. Ha spiegato che una nuova sessione di colloqui di pace indiretti tra Siria e Israele, prevista per domenica, è stata rinviata. Il quinto «cruciale» round, che doveva aver luogo a Istanbul il 7 settembre, ha detto, «è stato rinviato a causa delle dimissioni del capo del team dei negoziatori israeliani», e, allo stesso tempo, ha chiamato in causa la Francia sostenendo «che Parigi avrà un ruolo essenziale quando i negoziati diventeranno diretti». Assad ha inoltre rivelato che «quando il presidente libanese Michel Suleiman è stato a Damasco (il 13 agosto) si è discusso della necessità che il Libano entri nei negoziati (con Israele), quando diventeranno diretti». Tutto cio, ha però aggiunto, non avverrà prima dell'insediamento di un nuovo governo in Israele e prima di una «nuova amministrazione Usa convinta del processo di pace». Infine smentendo coloro che lo accusavano di voler trarre vantaggi economici e militari dal peggioramento dei rapporti tra Stati Uniti e Russia scaturito dal conflitto nel Caucaso, Assad ha espresso preoccupazione per il possibile ritorno della guerra fredda, che, ha previsto, «sarebbe peggiore di quella del secolo scorso e noi non vogliamo che il Medio Oriente diventi il campo di battaglia di tale guerra». Sarkozy da parte sua ha cercato di giocare su vari scenari, per affermare il ritrovato ruolo di primo piano della Francia in Medio Oriente. «Non è una follia occuparsi di tutti i problemi regionali allo stesso tempo. Al contrario io ritengo che sia saggio», ha detto, «perché essi sono interdipendenti». Ha colto l'occasione per ammonire l'Iran, che, ha sostenuto, si sta assumendo «un grande rischio a continuare il suo programma nucleare militare» - ma le sue parole sono apparse un «atto dovuto» per accontentare gli Stati Uniti e limitare il malumore di Israele per un vertice che rilancia le ambizioni regionali di Damasco. «Le parti coinvolte (nel summit) hanno detto di voler discutere del negoziato israelo-siriano, noi diciamo che non si può parlare di Israele senza la presenza di Israele, senza informare Israele», ha commentato Yigal Palmor, portavoce del ministero degli Esteri israeliano. A margine del vertice, Sarkozy ha consegnato al presidente siriano una lettera del padre del soldato israeliano Ghilad Shalit destinata al figlio, catturato oltre due anni fa a Gaza. Assad a sua volta la consegnerà all'emiro del Qatar e questi infine al capo dell'ufficio politico di Hamas, Khaled Meshaal, che vive a Damasco. Secondo l'Eliseo il percorso tortuoso della lettera è dovuto al fatto che il presidente siriano «non vuole essere ritenuto un intermediario ufficiale» tra Hamas e Israele, con cui la Siria è formalmente in stato di guerra dal 1948.
Da L 'UNITA' l'articolo di Umberto De Giovannangeli:SARKÒ sdogana Assad. Una nuova sessione di colloqui di pace indiretti tra Siria e Israele prevista per domenica è stata rinviata, ma all'orizzonte si profila co-
munque il passaggio a negoziati diretti: questa l’indicazione più importante emersa a Damasco al termine di una riunione dei leader di Siria, Francia, Turchia e Qatar per un esame dei problemi de Medio Oriente. Il quinto «cruciale» round, che doveva aver luogo ad Istanbul il 7 settembre, «è stato rinviato a causa delle dimissioni del capo del team dei negoziatori israeliani», ha detto il presidente siriano Bashar al Assad, affermando però al tempo stesso che «la Francia avrà un ruolo essenziale quando i negoziati diventeranno diretti». Assad ha inoltre rivelato che «quando il presidente libanese Michel Suleiman è stato a Damasco (il 13 agosto) si è discusso della necessità che il Libano entri nei negoziati (con Israele), quando diventeranno diretti». Difficile prevedere un limite di tempo, anche perchè lo stesso Assad ha affermato che ciò non avverrà prima dell’insediamento di un nuovo governo in Israele e prima di una «nuova amministrazione Usa convinta del processo di pace».
Tuttavia, il premier turco Tayyip Erdogan ha annunciato che il quinto round dei colloqui indiretti si terrà in Turchia il 18 e 19 settembre. «Il processo andrà avanti» ha affermato Erdogan, dicendosi «fiducioso che chiunque prenda il posto del premier israeliano Ehud Olmert continuerà questo processo».
Ma Assad ha anche espresso preoccupazione per il possibile ritorno di una Guerra Fredda, «che sarebbe peggiore di quella del secolo scorso, e non vogliamo che il Medio Oriente diventi il campo di battaglia di tale guerra». Il presidente francese Nicolas Sarkozy, primo capo di Stato occidentale a recarsi in visita ufficiale a Damasco da quattro anni, ha dal canto suo colto l’occasione per ammonire l’Iran, che, ha detto, si sta assumendo «un grande rischio a continuare il suo programma nucleare militare». L’emiro del Qatar sheikh Hamad bin al Khalifa al Tahani ha espresso il «rifiuto che i Paesi del Consiglio di cooperazione del Golfo vengano trascinati in un nuovo conflitto con l’Iran» a causa del suo dossier nucleare.
Nel corso della loro riunione di circa un’ora, i quattro leader hanno anche discusso di altre importanti questioni regionali, come il processo politico in Iraq attraverso il dialogo nazionale, la situazione in Libano, che Assad ha definito ancora «fragile», e i negoziati israelo-palestinesi. «Non è una follia occuparsi di tutti i problemi regionali allo stesso tempo. Al contrario io ritengo che sia saggio», ha affermato Sarkozy, perchè, ha detto, essi sono «interdipendenti».
A margine del vertice, Sarkozy ha consegnato al presidente siriano una lettera del padre del soldato franco-israeliano Ghilad Shalit destinata al figlio, rapito oltre due anni fa da Hamas. «Non intendiamo commentare in alcun modo ciò che riguarda i colloqui, peraltro ancora indiretti, in corso con la Siria. Pensiamo che per avere successo (quei colloqui) debbano rimanere riservati», afferma Yigal Palmor, portavoce del ministero degli Esteri israeliano.
Da LIBERAZIONE , l'articolo di Francesca Maretta:Prove di stabilizzazione del Medio Oriente in attesa di scoprire quali saranno i prossimi leader di America e Israele. Potrebbe essere questo il sottotitolo non scritto del minivertice per la pace e la cooperazione svoltosi ieri a Damasco tra Siria, Francia, Turchia e Qatar.
Negoziati tra Siria e Israele, «no» ad una nuova guerra fredda in cui il Medio Oriente faccia da scacchiera di confronto, sostegno al processo politico in Iraq attraverso il dialogo, soluzione con mezzi politici della questione nucleare iraniana e impulso alla stabilitá nel nord del Libano. Questi i punti su cui i quattro protagonisti del vertice hanno trovato convergenze a Damasco. L'incontro tenuto nella capitale siriana, sancisce un passo avanti decisivo della Siria verso la fine dell'isolamento internazionale, che rilancia il paese come ago della bilancia per la stabilitá regionale a 360 gradi, dal fronte israeliano, a quelli libanese, iracheno e iraniano.
Il ruolo che attualmente ricoprono a livello politico-diplomatico gli ospiti del summit siriano ha impresso autorevolezza ai colloqui, nonstante le molte incertezze che prospetta il navigare nelle agitate acque della politica internazionale del momento. La Francia è presidente di turno dell'Unione Europea, il Qatar è presidente del Consiglio di Cooperazione del Golfo e Turchia riveste un ruolo centrale di ponte tra Oriente e Occidente: un paese musulmano che partecipa all'Alleanza Atlantica, all'Osce, al Consiglio d'Europa e che è candidato all'ingresso nell'Unione Europea. Il Presidente francese Sarkozy, sottolineando a Damasco che Ankara potrebbe giocare un ruolo importante anche per la stabilitá del Caucaso, ha ribadito che «la politica estera della Francia è per la pace e la stabilità», e che «l'Unione Europea è pronta a giocare un ruolo importante per sostenere il processo di pace in Medio Oriente». L'annuncio del premier turco Tayyip Erdogan sul prossimo round dei colloqui di pace indiretti tra Siria e Israele va nella stessa direzione. Il quinto e «decisivo» round dei negoziati indiretti siriano-israeliani, si terrà in Turchia il 18 e 19 settembre, ha dichiato Erdogan. L'incontro affronterá la questione dei confini prima di passare alle trattative dirette tra i due paesi formalmente in guerra dal 1948. Lo stesso round avrebbe dovuto svolgersi il prossimo fine settimana, ma è stato rinviato a causa della «situazione interna in Israele», leggi prossima incriminazione per corruzione del Premier Olmert, e delle dimissioni del responsabile della conduzione delle trattative israeliano Turbowicz. Olmert dovrá passare il testimone di governo entro la fine del mese. La favorita a guidare Israele è l'attuale ministro degli Esteri Livni (Kadima), come ha sottolineato ieri il princiapale quotidiano israeliano Yediot Ahronoth («Tzipi si avvia alla vittoria»), che gode del favore della maggior parte dell'elettorato, stando a quanto dicono i sondaggi. Per l'avvio dei negoziati di pace diretti occorrerá attendere fino a novembre. Non è infatti plausibile che partano prima dell'elezione del nuovo presidente Americano.
Assad ha parlato ieri di pace globale, con lo Stato ebraico, che coinvolga i governi e le popolazioni, e non sia solo un trattato. Il presidente siriano ha dunque consegnato ad Erdogan nuove proposte per la «carta dei principi» oggetto dei negoziati con Israele relative ad «alcuni punti sul ritiro israeliano dal Golan». La Siria gioca ora in ritirata, avendo lanciato la palla nella metá campo israeliana. Nelle trattative di pace con Israele «è necessario far entrare il Libano, perchè lì la situazione è preoccupante» a causa della «presenza degli estremisti salafiti nel nord del paese», ha dichiarato inoltre Assad, come a sottolinare che con Israele esiste almeno un elemento di interesse in comune per una stabilizzazione del Libano. Lo Stato ebraico non ha commentato ufficialmente le posizioni espresse a Damasco.
Fuori dagli schemi ufficiali del vertice, il Presidente francese ha consegnato una lettera del padre del soldato israeliano sotto sequesto a Gaza Gilad Shalit, che è anche cittadino francese. Assad consegnerá a sua volta la missiva all'emiro del Qatar, che la inoltrerá ai vertici di Hamas. Con questa mossa la Siria mostra di non voler tenere in mano la patata bollente dell'intermediazione con gli islamisti palestinesi. Sopratutto in vista del cambio di residenza del capo dell'ufficio politico di Hamas a Damasco, Khaled Meshaal. Notizia seccamente smentita da Hamas, ma conseguenza inevitabile dell'avvio di seri colloqui di pace tra Siria e Israele.
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