Guerre "di Bush" troppo costose ?
ma quanto sarebbe costato, invece, non difendersi dal terrorismo islamista ?
Testata:
Data: 28/07/2008
Pagina: 10
Autore: Roberto Rezzo
Titolo: Le guerre di Bush più salate del Vietnam

L'UNITA'  del 28 luglio 2008 pubblica un articolo di Roberto Rezzo sui costi dei conflitti in Iraq e in Afghanistan, Presentati come uno spreco di denaro da parte dell'amministrazione Bush.

Ma la "guerra al terrorismo" non è un capriccio personale del presidente degli Stati Uniti: è la difesa dall'attacco del fondamentalismo islamico. Perciò, quando se ne calcolano i costi, ci si dovrebbe chiedere quanto sarebbe costato (anche in vite umane" non fare nulla.

Ecco l'articolo:

Fuori controllo. George W. Bush s’appresta a lasciare la Casa Bianca lasciando in eredità un nuovo record: la più imponente spesa militare mai affrontata dagli Stati Uniti dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Il costo delle operazioni in Afghanistan e in Iraq ha raggiunto quota 819 miliardi di dollari, 133 miliardi in più rispetto al costo della guerra in Vietnam ai valori attuali. E la sola occupazione irachena viaggia ormai oltre i 648 miliardi. Lo rivela un rapporto del Congressional Research Service, il centro studi della Biblioteca del Congresso, quello incaricato di fornire documentazione e ricerche ai due rami del parlamento americano. Il documento è stato pubblicato durante il fine settimana e praticamente ignorato dai media. Mentre il presidente di malavoglia rinuncia al veto per bloccare uno stanziamento di 4 miliardi a favore delle famiglie strangolate dalle rate capestro del mutuo e che rischiano di finire da un giorno all’altro in mezzo a una strada. Gli pareva uno spreco, ma ha dovuto abbozzare per ragioni di opportunità elettorale.
Intanto il Pentagono piomba al centro dell’ennesima inchiesta per contratti d’appalto assegnati in modo arbitrario e per importi che esorbitano ogni quotazione di mercato. Il Government Accountability Office, l’equivalente della Corte dei conti in Italia, si spinge oltre: accusa i manager della Defense Contract Audit Agency di aver «tentato di intimidire gli ispettori contabili impedendo lo svolgimento del loro lavoro». I nomi delle società coinvolte sono sempre gli stessi, a cominciare da Halliburton, il gruppo di cui il vice presidente Dick Cheney è stato presidente e amministratore delegato. L’asso pigliatutto nelle commesse irachene.
L’enormità della spesa militare - nel mezzo della più grave crisi economica che abbia colpito l’America dalla Grande depressione del 1929 - è ancora più evidente se confrontata con le previsioni ufficiali diffuse prima dell’inizio del conflitto. Mitch Daniel, al tempo direttore dell’Ufficio budget della Casa Bianca, alla fine del 2002 stimava un costo complessivo tra i 50 e i 60 miliardi di dollari. Un anno dopo Paul Bremer, il proconsole di Bush a Baghdad, raddoppiava con nonchalance a 100 miliardi. Cinque anni più tardi, con oltre 140mila truppe in assetto da combattimento e nessuna data certa per un eventuale ritiro, i costi risultano più che decuplicati rispetto alle cifre iniziali. Uno sforamento di bilancio di proporzioni tali da far decapitare l’intero gruppo dirigente se si fosse verificato in una qualsiasi impresa americana. E consumato durante il mandato di un presidente che in campagna elettorale si proclamava sostenitore del conservatorismo fiscale. E le sorprese non finiscono qui.
«Non appena la nuova amministrazione entrerà in carica - si legge nel documento - i militari non potranno far altro che avanzare richiesta per ulteriori fondi. Necessari non solo a coprire i costi delle operazioni oltre oceano, ma per la riparazione e la sostituzione degli equipaggiamenti. Le previsioni sono per una cifra superiore ai 100 miliardi entro la fine dell’anno fiscale». E naturalmente si riferiscono ai soli costi operativi: escluse quindi le spese relative agli indennizzi, alle cure e ai sussidi per i veterani.
Lo studio a titolo di comparazione ricostruisce il costo di tutti i principali conflitti. Gli estensori avvertono che una comparazione dei costi delle guerre nell’arco di oltre due secoli è «intrinsecamente problematica». A titolo di esempio, una fregata con trentasei bocche da fuoco era la macchina da guerra più sofisticata in circolazione durante la Rivoluzione americana. Oggi sono di stanza nel Golfo persico incrociatori classe Arleigh-Burke valutati attorno ai 3,5 miliardi di dollari ciascuno, a seconda dell’equipaggiamento elettronico e dei sistemi di puntamento. Si è trattato quindi di armonizzare le cifre non solo in base al tasso d’inflazione ma anche rispetto ai diversi criteri con cui i governi hanno contabilizzato le spese belliche. Al tempo della guerra in Vietnam il dipartimento alla Difesa calcolava i costi in base alla differenza tra il budget complessivo e quello necessario per il mantenimento delle truppe in stand-by. I costi delle operazioni militari post 11 settembre sono invece contabilizzati in base alle leggi di spesa approvate dal Congresso. Ma in ogni caso, sono i conti dell’amministrazione Bush che proprio non tornano.

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