Gli organi di un palestinese salvano sei israeliani
avviene anche l'inverso, ma u.d.g. usa la vicenda per confondere le acque
Testata:
Data: 20/06/2008
Pagina: 12
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: Palestinese ferito a morte, i suoi organi a sei israeliani
"Diciotto anni, ferito mortalmente da guardie israeliane. Una storia che si ripete, una delle tante. Non per la famiglia del ragazzo palestinese, che dalla sua morte ha voluto creare una speranza per aiutare altre persone: sei israeliani hanno ricevuto gli organi del giovane ucciso".
Così inizia la cronaca di Umberto De Giovannangeli pubblicata dall'UNITA' del 20 giugno 2008.
E' giusto segnalare ed elogiare  la scelta della famiglia del ragazzo palestinese. Negli ospedali israeliani, per altro avviene anche il contrario: ebrei che divengono donatori, anche a favore di arabi. Non c'è discriminazione.
Quello che però vorremmo sottolineare è che, sfruttando la mancanza di informazione sull'episodio (l'identità del donatore è riservata, dunque non sa nemmeno quali siano state le esatte circostanze della sua morte) u.d.g, all'inizio del suo articolo suggerisce in pratica che abitualmente  "guardie" (private, di forze di sicurezza dello Stato?) israeliane uccidano palestinesi innocenti.
In una situazione di guerra sono possibili gli incidenti. Può darsi, dunque, che in questo caso il ragazzo palestinese sia stato colpito per errore. Abitualmente però, gli israeliani sparano contro chi vuole ucciderli.

Ecco il testo completo:

Diciotto anni, ferito mortalmente da guardie israeliane. Una storia che si ripete, una delle tante. Non per la famiglia del ragazzo palestinese, che dalla sua morte ha voluto creare una speranza per aiutare altre persone: sei israeliani hanno ricevuto gli organi del giovane ucciso. Sentimenti di semplice solidarietà umana e anche profonde convinzioni religiose hanno prevalso sulle tensioni politiche in un ospedale di Tel Aviv. Un gesto che ha commosso la stampa israeliana, che ha riportato la vicenda con risalto.
L’identità del donatore è stata tenuta segreta. La famiglia del ragazzo vive in una grande città della Cisgiordania e preferisce mantenere l’anonimato. Anche le esatte circostanze in cui il giovane è stato colpito dal fuoco dei guardiani non sono state rese pubbliche.
Ma mercoledì scorso all’ospedale Tel ha Shomer di Tel Aviv - lo stesso dove da due anni è ricoverato l’ex premier Ariel Sharon - il padre del giovane donatore ha incontrato Yitzhak Orfanian, 33 anni: era in punto di morte a causa di una rara malattia cardiaca, è stato salvato grazie al trapianto di cuore. Il cuore del ragazzo palaestinese.
«Mio figlio aveva un cuore grande e un carattere generoso» ha detto il padre. «Quando i medici mi hanno chiesto se avrebbero potuto utilizzarne gli organi per salvare vite umane, non ho chiesto chi ne avrebbe beneficiato. Ebrei o musulmani, per me non fa differenza. Allah mi ha ispirato, ho sentito che era mio dovere salvare vite umane», ha detto l’uomo.
L’incontro con l’anziano palestinese, straziato dal dolore per la perdita del figlio, ha profondamente commosso Orfanian, padre anche lui, di due bambine di 4 e 7 anni, bambine che temeva di dover lasciare per sempre quando le sue condizioni di salute si erano aggravate. «Adesso prego tutto il tempo - ha detto Orfanian - che il giovane palestinese sia ammesso ai cancelli del Paradiso, che ci possa benedire dal Cielo».
Prima di rientrare in Cisgiordania, il padre del donatore ha ricevuto una lettera di ringraziamento in arabo e un premio pecuniario da parte dell’Associazione israeliana per i trapianti, Adi.

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