Se questo si chiama "dialogo"
su Hezbollah e su Ahmadinejad u.d.g. è quanto meno troppo ottimista
Testata:
Data: 02/06/2008
Pagina: 11
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: Israele libera spia e Hezbollah restituisce resti di soldati caduti
Tra Israele ed Hezbollah, scrive Umberto De Giovannangeli sull' UNITA' del 2 giugno  2008 "non è solo guerra. Ma è anche scambio di prigionieri. O di salme".
Hezbollah ha consegnato salme, Israele un prigioniero. Lo scambio è stato asimmetrico e andrebbe sottolineato. Non solo u.d.g. non lo fa, ma trae anche dalla vicenda una conclusione esorbitante:   "Comunque, è dialogo".
"Dialogo" perché Israele ha liberato una spia e Hezbollah ha restituito delle salme che aveva barbaramente sequestrato ?

Ecco l'articolo:


ISRAELE E HEZBOLLAH Non è solo guerra. Ma è anche scambio di prigionieri. O di salme. Comunque, è dialogo. Ed è ciò che è avvenuto ieri. Una cassa di legno di meno di un metro di lunghezza, con dentro resti di soldati israeliani è stata consegnata ieri alla
Croce Rossa, mentre allo stesso tempo rientrava in Libano Nassim Nisr, un cittadino libanese liberato poche ore prima dalle carceri israeliane e accolto in patria in grande stile dall’apparato di propaganda di Hezbollah, che per l’occasione ha a sua volta liberato numerose colombe bianche, simbolo della pace. L’annuncio della liberazione avviene di primo mattino: «Il prigioniero - dichiara il portavoce della polizia israeliana Michy Rosenfeld - è stato rilasciato dal carcere di Nitzan e la polizia lo sta scortando verso nord in direzione di Rosh Hanikra», al confine libanese. «In giornata sarà trasferito al Comitato internazionale della Croce Rossa e quindi in Libano», aggiunge il portavoce. Per «Nassim, l’eroe» è pronta un’accoglienza trionfale. La banda musicale dei guerriglieri Hezbollah intona le marce militari e l’inno del movimento sciita filo-iraniano, mentre Nisr percorreva un tappeto rosso fino al palco allestito in suo onore in un campetto di calcio, a meno di due km a Nord del confine con Israele.
Ad attenderlo sotto un sole spietato c’erano alcune centinaia di persone, tra cui il numero uno del Partito di Dio nel Sud Libano, Nabil Qawuq, e numerosi altri alti dignitari locali C’era anche la sua anziana madre, Valentine, un’ebrea di Beirut convertita all’Islam sciita. Il suo abbraccio con il figlio è stato lungo e intenso, e ripreso da decine fotografi e troupe televisive, che Hezbollah aveva convocato. «Nonostante tutti i problemi interni, Hezbollah non dimentica la sua identità e le sue priorità, in cima alle quali c’è la liberazione dei prigionieri e delle nostre terre», scandisce Qawuq tra gli applausi, con alle spalle decine di bandiere gialle del movimento Hezbollah e gigantografie del suo leader, Nasrallah, e dei più famosi «martiri della resistenza» a Israele. In un discorso di poche parole, Nisr ha voluto innanzitutto ringraziare Nasrallah, ma anche «la resistenza islamica (il braccio armato del Partito di Dio) e i martiri».
Nessuno ha fatto riferimento alla consegna dei resti dei soldati israeliani alla Croce Rossa. Un portavoce dell’organizzazione, Christian Cardon, racconta che i suoi operatori hanno saputo della consegna solo poco prima che avvenisse. «Si tratta di resti di soldati di cui non siamo in grado di indicare l’identità - spiega - né quando e in quali circostanze siano stati uccisi». L’esame del Dna potrà fare probabilmente luce, ma sembra improbabile che possa trattarsi dei resti dei due soldati catturati dai miliziani Hezbollah oltre il confine con Israele nel luglio del 2006. Un’operazione che poi scatenò la reazione israeliana, con 34 giorni di guerra su tutto il territorio libanese. Tecnicamente non sembra comunque che si sia trattato di uno scambio, poiché Nisr, condannato per spionaggio a favore di Hezbollah, aveva espiato la sua condanna, sei anni di prigione, e doveva essere scarcerato comunque. Sia Qawuq che Nisr hanno però preannunciato una nuova imminente «vittoria», con la liberazione di altri detenuti libanesi nelle prigioni israeliane, liberazione che lo stesso Nasrallah ha dato recentemente per vicina.
La consegna dei resti avvenuta ieri potrebbe inserirsi nel contesto di una mediazione segreta che i servizi di sicurezza tedeschi conducono da tempo. Scortato da un lungo corteo di auto e moto, Nasri è quindi arrivato al suo villaggio, Bazourieh, nei pressi di Tiro, lo stesso in cui è nato anche Nasrallah.

Singolare concezione del "dialogo" emerge anche dall'articolo sulla visita a Roma di Ahmadinejad che "abbandona i toni da tribuno e veste i panni di un leader aperto al dialogo". Perché, in due messaggi inviati a Giorgio Napolitano e a Silvio Berlusconi  auspica "una piena cooperazione tra Italia e Iran in linea con l’interesse nazionale dei due Paesi".
Non risulta però che Ahmadinejad abbia mostrato disponibilità a venire incontro alla comunità internazionale sulla questione del nucleare. Nè a rinunciare alla volontà di cancellare Israele dalla cartina geografica e al sostegno al terrorismo. Né a rispettare i diritti umani nel suo paese.
E' disposto a favorire gli interessi del regime nelle relazioni bilaterali con l'Italia, considerando anche non meglio precisati interessi di quest'ultima (soprattutto economici si deve supporre).
Si può chiamarlo "dialogo" ? 


L’ospite di cui si farebbe volentieri a meno si fa precedere da due messaggi distensivi. Atteso stasera a Roma per il vertice mondiale della Fao, in programma dal 3 al 5 giugno, Mahmud Ahmadinejad abbandona i toni da tribuno e veste i panni di un leader aperto al dialogo. E lo fa inviando due messaggi separati al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e al premier Silvio Berlusconi in occasione della festa del 2 giugno, nei quali auspica «una piena cooperazione tra Italia e Iran in linea con l’interesse nazionale dei due Paesi». «Il presidente Ahmadinejad - riferisce l’agenzia ufficiale iraniana Irna - ha espresso la speranza che le relazioni fra Teheran e Roma assumano ancora più slancio in considerazione degli storici rapporti in comune fra i due Paesi». Il presidente, aggiunge l’Irna, «ha anche auspicato una promozione di una cooperazione completa fra Iran e Italia, in linea con gli interessi nazionali dei due Paesi».
Sempre ieri, il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Mohammad Ali Hosseini, aveva detto che se le autorità di governo italiane dovessero chiedere incontri bilaterali con Ahmadinejad durante la sua permanenza a Roma per il vertice Fao, Teheran sarebbe pronta a prendere in considerazione la proposta «in considerazione delle buone relazioni fra i due Paesi». L’altro ieri il portavoce del governo iraniano, Gholam-Hossein Elham, aveva detto che Ahmadinejad «non ha chiesto incontri né con le autorità di governo italiane né con il Papa» e quindi avrebbe preso «solo parte al vertice» della Fao. Nei giorni precedenti, il titolare della Farnesina, Franco Frattini aveva escluso incontri bilaterali con Ahmadinejad sia da parte di Berlusconi, sia da parte sua, senza però calcare troppo la mano sulle divisioni con Teheran in materia di nucleare e su Israele, Stato che il presidente iraniano ambirebbe, come ha più volte solennemente affermato, cancellare dalla mappa del mondo. L’altro ieri fonti diplomatiche presso il Vaticano avevano detto che anche la Santa Sede era orientata a rinunciare ad udienze del Papa con 7 o 8 capi di Stato presenti a Roma per il vertice che ne avevano fatto richiesta, tra i quali lo stesso Ahmadinejad.
Berlusconi preferisce non rispondere alla dichiarazione di disponibilità ad un bilaterale con Ahmadinejad, arrivata dal portavoce del ministero degli Esteri di Teheran. In serata, interpellato nei giardini del Quirinale Berlusconi si limita a rispondere: «Serve ponderazione prima di rispondere», tanto più di fronte al messaggio conciliante giunto poche ore prima da Teheran. Chi non ha bisogno di «ponderare» sono gli imprenditori e i manager, tra i quali quelli di importanti aziende pubbliche, che domani pomeriggio incontreranno il presidente iraniano. L’Italia è il primo partner commerciale dell’Iran tra tutti i Paesi dell’Ue: un dato che non sfugge al Cavaliere. Dietro il suo «ponderare» c’è soprattutto questo.

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