Desmond Tutu fa propaganda per Hamas
u.d.g. gli offre una tribuna
Testata:
Data: 30/05/2008
Pagina: 12
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: Desmond Tutu: ho piantodavanti a Gaza in rovina
Intervistato da Umberto de Giovannangeli, che lo esalta come  "l'uomo della non violenza, il prelato simbolo della lotta all’Apartheid, premio Nobel per la Pace" Desmond Tutu accusa Israele per la "tragedia umanitaria di Gaza", per i "check points e i blocchi stradali", per " l’assenza di speranza, è la percezione diffusa che la realtà è destinata ancora a peggiorare" e per la morte di 19 palestinesi a Beit Hanoun nel 2006, un caso su cui Israele ha già indagato, si è assunto la responsabilità dell’errore e ha offerto risarcimenti.

Tuto dimentica che è il popolo israeliano ad aver subito e subire  un attacco terroristico che viola tutti i diritti umani:" la cosa più inconcepibile e mai giustificabile, è quello che si sta facendo ad un popolo per garantire la propria sicurezza (di Israele)" afferma Tutu. Come se da un parte fossero in gioco i diritti umani e dall'altra gli impersonali interessi di uno Stato e del suo apparato di sicurezza. Si tratta di un trucco linguistico. "Sicurezza" per gli  israeliani significa tutela dei diritto a non essere fatti a pezzi dagli attentatori suicidi. E' forse un diritto meno significativo di quello a spostarsi senza essere ostacolati dai check points ?.
A Gaza, Israele garantisce l'afflusso dei beni necessari per le necessità umanitarie fondamentali. Le agenzie internazionali distribuiscono aiuti.
Mentre sono i terroristi di Hamas a colpire i rifornimenti di carburante, i valichi di frontiera.
Tutu non ha fatto menzione del vero assedio di Gaza, che è quello di Hamas, nel suo colloquio con Haniyeh. Gli ha chiesto di "operare affinché Hamas interrompa il lancio di razzi Qassam verso Israele". Come se Haniyeh, "premier" di Hamas a Gaza, con Hamas non c'entrasse nulla.
La natura propagandistica del suo viaggio è evidente.
L'UNITA', ovviamente, rilancia.

Ecco il testo:


L’UOMO della non violenza, il prelato simbolo
della lotta all’Apartheid, premio Nobel per la Pace. Desmond Tutu. A l’Unità racconta il suo viaggio nell’inferno di Gaza. Una «esperienza umana scioccante», dice. E lancia il suo j’accuse: «Il silenzio e la complicità del mondo su ciò che accade a Gaza fa disonore a tutti noi»
Israele ha rifiutato di concedere i visti a Tutu e al suo gruppo: l’arcivescovo anglicano e i suoi collaboratori hanno aggirato le restrizioni israeliane entrando nel territorio palestinese dal valico di Rafah con l’Egitto che è stato aperto occasionalmente per loro martedì scorso.
Nella sua missione a Gaza, Tutu ha incontrato anche il leader di Hamas, Ismail Haniyeh, ma soprattutto si è intrattenuto con i sopravvissuti dell’attacco di Beit Hanun. Nel ricordare quell’incontro, il Premio Nobel per la Pace sudafricano non trattiene la commozione: «Tutti noi - racconta a l’Unità - siamo rimasti scioccati, devastati da quei colloqui. Si è trattato di una esperienza sconvolgente che non si augurerebbe al proprio peggior nemico».
Sulla strage di Beit Hanun, la commissione guidata da Desmond Tutu sta preparando un rapporto che sarà presentato alla riunione del Consiglio dell’Onu per i Diritti umani a settembre.
Un viaggio a Gaza. Quali emozioni ha provato?
«È stata una esperienza umana sconvolgente. In questi giorni abbiamo avuto modo di renderci conto di persona di una situazione disastrosa. A Gaza è in atto una tragedia umanitaria di fronte alla quale il mondo non può chiudere gli occhi. Perché se la verità fa male, il silenzio uccide».
Le più importanti agenzie umanitarie internazionali hanno ripetutamente denunciato gli effetti provocati sulla
popolazione di Gaza dal blocco imposto da Israele. Qual è in proposito la sua opinione?
«Quello in atto da mesi e mesi a Gaza è un assedio illegale; il blocco costituisce una violazione flagrante dei diritti umani ed è contrario agli insegnamenti delle sacre scritture, cristiane ed ebraiche e della tradizione ebraica di adoperarsi per i più deboli. Faccio davvero fatica a trovare le parole adatte per descrivere ciò che abbiamo visto e inteso. Di certo, tutto ciò è inaccettabile. La cosa più inconcepibile e mai giustificabile, è quello che si sta facendo ad un popolo per garantire la propria sicurezza (di Israele). Ciò che ho visto mi ricorda molto quello che accadeva a noi neri in Sudafrica, durante l’apartheid. Non mi riferisco solo a Gaza. Ricordo ancora un mio precedente viaggio in Terra Santa. Ricordo come se fosse oggi l’umiliazione dei palestinesi ai check points e ai blocchi stradali, soffrivano come noi quando i giovani poliziotti bianchi ci impedivano di circolare».
Qual è il messaggio che si sente di lanciare alla comunità internazionale?
«Il messaggio è che il nostro silenzio e la nostra complicità per ciò che sta accadendo a Gaza, fa disonore a tutti noi. Gaza ha bisogno di aiuti e di attenzione da parte del mondo, in particolare da quanti credono e si battono per la pace».
Lei ha avuto modo di incontrare a Gaza il
premier di Hamas, Ismail Haniyeh.
«Ho chiesto ad Haniyeh di operare affinché Hamas interrompa il lancio di razzi Qassam verso Israele. Queste azioni finiscono solo per aggiungere dolore a dolore, sofferenza a sofferenza: la mia solidarietà va anche alla popolazione israeliana di Sderot, costretta a soffrire per il lancio dei razzi Qassam. Non è in questo modo che i palestinesi vedranno realizzati i propri diritti. Dal più profondo del cuore, mi sento di lanciare di nuovo un appello a entrambe le parti perché si ponga fine ad ogni atto di violenza, ed in particolare agli attacchi ai civili. Questi attacchi, comunque motivati, sono sempre una violazione dei diritti dell’uomo. L’unico modo per porre fine alle violenze e alle ingiustizie è che israeliani e palestinesi si ritrovino insieme intorno ad un tavolo per discutere: questo è l’unico modo per instaurare la vera pace».
E a Israele quale appello si sente di lanciare?
«Vorrei dire che Israele ha diritto a vivere in pace nella sicurezza ma che questo diritto non può fondarsi né realizzarsi compiutamente se proseguirà l’oppressione esercitata contro un altro popolo. Il popolo palestinese. Una vera pace può essere costruita solo su basi di giustizia. E giustizia vuole che oggi si porti conforto alla popolazione di Gaza».
Lei ha parlato di una realtà, quella della Striscia
di Gaza, scioccante, disperata...
«E non mi riferivo solo alle condizioni materiali di vita. La disperazione è anche altro. È l’assenza di speranza, è la percezione diffusa che la realtà è destinata ancora a peggiorare. La disperazione è nei tanti ragazzi e ragazze che ho incontrato e che mi hanno confessato di non saper immaginare un futuro. La disperazione è nei bambini che hanno respirato solo violenza, paura...Questa è Gaza oggi. Lo ripeto: è una condizione inaccettabile, inumana. Alla quale non dobbiamo rassegnarci».

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