Vincenzo Nigro intervista il ministro della Difesa italiano La Russa sulla missione Unifil in Libano
ROMA - L´Italia rimarrà nella missione Unifil in Libano, non chiederà di cambiare il carattere dell´operazione che rimane centrale per gli interessi di sicurezza italiana. È questo l´orientamento più importante che emerge da questa intervista al nuovo ministro della Difesa Ignazio La Russa. La questione nata in campagna elettorale era se fosse necessario modificare le "regole di ingaggio" per permettere a Unifil di incalzare più duramente Hezbollah nel Sud Libano. Risponde La Russa: «Non è urgente parlare delle regole di ingaggio, visto che non è un problema solo dell´Italia, e anzi continuare a parlarne potrebbe essere un errore. In Libano non ci sono situazioni di accresciuto allarme, i nostri soldati oggi fanno esattamente quello che facevano un mese fa, per il momento non vedo particolari ragioni per una radicale modifica di obiettivi e natura della missione. Voglio ancora completare la fase di acquisizione di informazioni, anche con una visita in Libano, ma questa è l´idea che mi sono fatto. Neanche le parti in causa ci chiedono una modifica della missione, e anzi tutti ci manifestano apprezzamento per l´equilibrio e la capacità professionale dei militari di Unifil». Signor ministro, qualcuno in campagna elettorale vi ha suggerito di rinunciare alla guida di Unifil, di ritirare i nostri soldati. «Questa in Libano è l´operazione delle Nazioni Unite in cui l´Italia ha assunto un ruolo propulsivo decisivo. Questo in qualche momento può anche aver irritato qualcuno: non possiamo rinunciare ad esercitare il nostro ruolo di equilibrio e di responsabilità, che se svolto bene accresce le possibilità di moderazione in tutto il Mediterraneo. È un ruolo che va iscritto completamente a merito delle forze armate italiane, e anche alla volontà quasi concorde del Parlamento italiano, che a suo tempo votò la missione con l´eccezione della sinistra radicale. Noi allora eravamo all´opposizione, facemmo prevalere l´interesse nazionale a qualsiasi interesse partigiano. La missione Unifil quindi rimane, e spero che su questo il Parlamento confermi il suo sostegno. Anzi, prima di partire per il Libano vorrei avere un contatto con la responsabile delle politiche di Difesa per l´opposizione - chiamarla "ministro ombra" mi fa un po´ ridere - per informarla della mia attività». Altra missione, quella di addestramento delle forze armate irachene. «Anche in questo caso ci muoveremo in stretto spirito di continuità con la natura delle missioni italiane, che sono state sempre decise con il nostro concorso. Quindi non c´è bisogno di cambiare idea su nulla. Naturalmente dobbiamo seguire l´evolvere della situazione: noi speriamo che presto in Iraq siano in grado di fare da soli, ma questo momento non è ancora arrivato». Afghanistan: il ruolo italiano è molto più centrale, abbiamo la responsabilità della zona di Herat. La Nato continua a chiedere altri soldati, ma chiede anche di migliorare la qualità dell´azione di assistenza alla ricostruzione del Paese. «Forse è difficile dire che non ci sia proprio nulla da cambiare. Dobbiamo cercare di passare da una fase prettamente militare a una fase che consolidi più velocemente il processo di ricostruzione del Paese. L´obiettivo è la rinascita dell´Afghanistan: e allora oltre a garantire i mezzi necessari al contingente per poter operare efficacemente dobbiamo capire come migliorare con i nostri alleati questo processo». La Difesa come tutti i settori dello stato, ha problemi micidiali di bilancio. Giulio Tremonti all´Economia, in questo palazzo, viene ricordato come un ministro terribile. «E lo sarà di nuovo, ma io mi sto preparando. L´Italia non deve trascurare il suo strumento militare. Dobbiamo consolidare questa risorsa per la politica del Paese, investendo quello che è necessario. Il bilancio della Difesa è carente non solo nel settore degli investimenti, ma anche in quello delle spese per il personale, io ne sono convinto e cercherò di ragionare con i miei colleghi. Sono sicuro che questi concetti verranno condivisi da tutti, a partire dal ministro dell´Economia». Quale sarà il coinvolgimento delle forze armate nelle operazioni di sicurezza interna, di polizia? «Molte volte la Difesa ha contribuito alla sicurezza interna. L´operazione Vespri siciliani, Forza Paris in Sardegna, l´operazione Domino dopo l´11 settembre. Ma bisogna capire quali sono gli spazi che competono alle forze armate per la sicurezza interna. È lecito chiedere alle forze armate in alcuni casi di contribuire a queste missioni, ma credo che una certa tendenza a utilizzare i soldati come manovalanza di lusso non sia corretta. Se c´è bisogno di un contributo preciso, allora sarebbe meglio individuare un ruolo, magari marginale, ma non da comprimari. Siamo pronti a discuterne, con l´avvertenza che non si può militarizzare il tema della sicurezza nazionale». Un uomo di destra, per la prima volta alla Difesa. «Voglio dire solo una cosa: io credo ancora nell´importanza che possono avere le forze armate nella crescita delle nuove generazioni. Negli Anni ‘70 venivamo perseguitati dal ritratto caricaturale che si faceva delle forze armate. Oggi i valori dell´esercito, di solidarietà, di lealtà, di partecipazione vengono riconosciuti assieme al concetto di Patria. Le cose cambiano. Sono contento che anche Veltroni facesse suonare l´Inno nazionale. Adesso però dovrebbero imparare le parole!».
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