Una pagina di ideologia, non di informazione
su Carter, Hamas e il Libano
Testata:
Data: 23/04/2008
Pagina: 12
Autore: Umberto De Giovannangeli - la redazione
Titolo: «Da israeliana sto con Carter: trattare anche con Hamas» - Al Qaeda attacca gli integralisti di Gaza: troppo deboli con Gerusalemme - Il generale Graziano: per noi è adeguato l’attuale mandato dei soldati italiani nell’Unifil
Carter ha conseguito un successo nel dialogo con Hamas, organizzazione moderata, per questo attaccata da Al Qaeda. Le regole di ingaggio dei soldati israeliani in Libano e la politica di D'Alema verso Hezbollah vanno benissimo.
Metà di pagina 12 dell' UNITA' del 23 aprile 2008 è occupata
dal tentativo di dimostrare veri questi pregiudizi ideologici.

Umberto De Giovannangeli intervista Yael Dayan su Carter: 

Conosco molto bene Jimmy Carter e so quanto gli stia a cuore il futuro di israeliani e palestinesi, e so che ogni sua iniziativa è volta a dare un contributo per il raggiungimento della pace. Per questo reputo ingenerose sul piano personale e sbagliate su quello politico, le chiusure del governo Olmert al suo tentativo di aprire uno spazio di dialogo con Hamas». A parlare è Yael Dayan, scrittrice israeliana, più volte parlamentare laburista, figlia dell’eroe della Guerra dei Sei Giorni (1967): il generale Moshe Dayan.
Il «viaggio di studio» in Medio Oriente dell’ex presidente Usa Jimmy Carter ha suscitato, specie in Israele, dibattito e polemiche.
«Reputo le accuse rivolte al presidente Carter ingenerose sul piano personale e sbagliate su quello politico. Alla base dell’iniziativa generosa di Carter c’è una presa d’atto che condivido pienamente: può piacere o no, e a me certo non fa piacere da israeliana, da donna, e da laica, ma è indubbio che Hamas è parte del popolo palestinese con la quale Israele deve fare i conti politicamente, smettendo di illudersi che esistano scorciatoie militari per la soluzione del problema. Carter ha il merito di aver costruito su questo assunto una iniziativa politica che sembra aver dato dei primi risultati».
A cosa si riferisce?
«All’accettazione da parte dei leader di Hamas di un referendum popolare cui sottoporre un eventuale accordo di pace raggiunto da Israele e dall’Autorità nazionale palestinese del presidente Abu Mazen. A me pare un fatto politico significativo che Israele farebbe bene a non sottovalutare».
Il leader in esilio di Hamas, Khaled Meshaal, ha ribadito che Hamas non intende riconoscere lo Stato d’Israele…
«È vero, ma è altrettanto vero che in quella stessa dichiarazione Meshaal ha affermato che Hamas accetta la costituzione di uno Stato indipendente palestinese sui territori occupati nel 1967: una affermazione che confligge apertamente con il dettato jihadista, riproposto dal presidente iraniano Ahmadinejad e dai capi di Al Qaeda, che esplicita l’obiettivo della cancellazione di Israele dalla cartina del Medio Oriente».
C’è chi le ribatterebbe che quella di Meshaal è solo una mossa tattica.
«Se è così perché non verificarlo? La mia non è un’apertura di credito "al buio" ad Hamas. Ciò che sostengo è che Hamas va affrontata e sconfitta sul piano politico, agendo sulle sue contraddizioni interne, sapendo peraltro che se si vuole raggiungere almeno un cessate il fuoco, esso va negoziato con il nemico».
Un negoziato che preveda anche la fine del blocco di Gaza?
«Quel blocco dovrebbe essere quantomeno allentato unilateralmente da Israele per due buone ragioni: perché le punizioni collettive inflitte alla popolazione civile della Striscia sono in sé inaccettabili, sul piano etico oltre che politico, e anche perché questa politica di chiusura totale ha finito solo per rafforzare Hamas. Israele ha altri mezzi, anche militari, per fare pressione su Hamas. Va da sé che un negoziato con Hamas deve prevdere la fine del lancio dei razzi contro Sderot e il Sud d’Israele; quei lanci che Jimmy Carter ha bollato senza mezzi termini come “atti criminali”. Mi lasci aggiungere che una tregua negoziata con Hamas e l’Anp, non indebolirebbe la leadership del presidente Abu Mazen ma al contrario al rafforzerebbe perché è sulla sofferenza, la rabbia, la frustrazione e l’assenza di speranza che crescono le forze estremiste».
La pace per Yael Dayan...
«Non è una concessione ai palestinesi ma è l’unico modo perché Israele preservi, oltre la sua sicurezza, i due pilastri della nostra identità nazionale: democrazia e ebraicità dello Stato».

Sempre u.d.g. scrive dell'attacco di Al Qaeda ad Hamas:

Al Qaeda contro Hamas colpevole di «essere debole con Israele». In un messaggio audio su internet, il numero due di Al Qaeda, Ayman al Zawahiri, ha criticato ieri il movimento islamico palestinese per aver accettato l’idea di un referendum fra i palestinesi su un eventuale accordo di pace con Israele. «Per quanto riguarda accordi di pace con Israele, essi (Hamas) hanno parlato di sottoporli a referendum, sebbene li considerino contrari alla sharia (la legge islamica)», ha detto Zawahiri nella registrazione. «Come possono essi sottoporre a referendum qualcosa che viola la sharia», si chiede Zawahiri, il secondo presentato ieri come sue risposte a domande poste a Al Qaeda su forum in siti internet. «Da quello che dice è evidente che al Zawahiri non conosce la realtà interna palestinese - ribatte Sami Abu Zuhri, portavoce di Hamas nella Striscia di Gaza - la situazione è molto complessa, ma Hamas ha sempre affermato con grande chiarezza che non rinuncerà mai ai diritti dei palestinesi». «Hamas - aggiunge Abu Zuhri - per difendere questi diritti ha pagato e continua a pagare un prezzo molto alto, e proprio per difendere questi diritti ogni giorno leader di Hamas muoiono». Non è la prima volta che il network terrorista fondato da Osama bin Laden critica Hamas, accusata di eccessiva condiscendenza nei confronti degli occupanti israeliani. L’altro ieri il leader in esilio di Hamas, Khaled Meshaal, aveva affermato di essere pronto ad accettare la creazione di uno Stato indipendente palestinese «entro i confini del 1967», dunque senza rivendicare il territorio originario dello Stato d’Israele, e a offrire a quest’ultimo una tregua decennale, purchè si ritiri dalle aree occupate. Meshaal aveva puntualizzato che mai il suo movimento riconoscerà lo Stato ebraico, ma che «rispetterà le convinzioni espresse dal popolo palestinese», quand’anche fossero «contrarie ai suoi principi».
Entro domani, Hamas annuncerà la sua posizione sulla bozza di accordo preparata dalle autorità egiziane e che potrebbe condurre ad una tregua con Israele nella Striscia di Gaza. Salah Bardawil, portavoce del consiglio legislativo a Gaza, ha aggiunto che gli ultimi dettagli verranno discussi nel corso di un nuovo incontro atteso entro le prossime 48 ore fra i negoziatori egiziani e l’ex ministro degli esteri di Hamas, Mahmud al Zahar, di ritorno dalla Siria, dove ha avuto colloqui anche su questo argomento con la leadership politica del movimento. Secondo Bardawil, gran parte delle milizie palestinesi della Striscia, a cominciare dalla Jihad Islamica, sono d’accordo con il documento. Hamas, che sembrerebbe pronta ad accettare la tregua per la sola area della Striscia, rinunciando alla precedente richiesta di estenderla anche alla Cisgiordania, ha posto una serie di condizioni. Fra le altre cose chiede che la tregua sia bilaterale, quindi accettata e rispettata anche da Israele, e che eventuali attacchi delle milizie palestinesi in Cisgiordania non possano autorizzare rappresaglie israeliane su Gaza.

Un trafiletto è dedicato alle dichiarazioni del generale Graziano sulla missione italiana in Libano:

BEIRUT Nella notte tra il 30 e il 31 marzo, i militari italiani in Libano hanno intercettato un veicolo «sospetto» e subito dopo hanno avuto un incontro ravvicinato con «elementi armati», o meglio, un «contatto», in cui hanno scrupolosamente applicato le regole di ingaggio previste dalle Nazioni Unite: a rivelarlo è il «Force Commander» del contingente dell’Onu dispiegato nel Libano del Sud (Unifil), il generale Claudio Graziano. Erano circa le 01:30 quando la pattuglia formata da due veicoli, con a bordo quattro soldati ognuno, ha intercettato un automezzo sospetto e ha fatto manovra per raggiungerlo. All’improvviso «si è frapposta un’auto con a bordo elementi armati», ha raccontato il generale Graziano, aggiungendo che i militari «hanno preso posizione secondo le regole di ingaggio, ma gli elementi armati hanno dato modo a veicolo di dileguarsi» per poi a loro volta scomparire, ha detto il generale Graziano. Della vicenda ha riferito ieri anche il quotidiano israeliano Haaretz, affermando che il veicolo sospetto trasportava munizioni e che era scortato da guerriglieri Hezbollah, ma il generale ha sottolineato che nessuno è grado di dire cosa trasportasse e, quanto agli uomini che sono intervenuti, si è limitato a ribadire che si trattava di «elementi armati». Rispondendo ad una domanda diretta sulla questione delle regole di ingaggio sollevata in Italia dal premier in pectore Silvio Berlusconi, il generale Graziano ha replicato affermando, «come generale delle Nazioni Unite», di non voler «commentare su problematiche interne, ma in ambito Onu non c’è stata una richiesta» per modificarle. «Con l’attuale mandato e l’attuale situazione», ha detto, «riteniamo che siano adeguate».

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