Per capire come mai lo Stato palestinese non è nemmeno all'orizzonte, niente di meglio della spiegazione che ne dà il ministro degli esteri (sic !) dell'Anp. Affermazioni mai contraddette dal solito Udg, che riferisce senza intervenire. Invitiamo i nostri lettori a leggere attentamente le affermazioni di Riad al Malki. Esse contengono la spiegazione del perchè lo Stato palestinese non solo non è nato nel 1948, quando bastava dire si alla partizione dell'Onu, ma perchè l'inistenza a vedere Israele come una controparte senza diritti, tacere sui crimini del terrorismo arabo, non capire che quella di Israele è una difesa, non porterà da nessuna parte. Aggiungiamo purtroppo, se questa è la linea dei < moderati >, non ci si deve stupire di Hamas o Hezbollah. L'articolo sull'UNITA' è a pag.12, titolo: " Il negoziato è fermo, i palestinesi perdono fiducia in noi dell'Anp ", autore Umberto De Giovannageli.
«LA MANCANZADI PROGRESSI nei colloqui di pace rischia di minare pesantemente la credibilità della dirigenza dell’Anp agli occhi del popolo palestinese». Una constatazione amara, un grido d’allarme tanto più significativo perché a lanciarlo è una delle figure di primissimo piano nella leadership dell’Autorità palestinese: il ministro degli Esteri Riad al Malki. «È inutile girare attorno al problema - spiega a l’Unità il ministro -: i negoziati di pace sono in una prolungata fase di stallo. Dopo la Conferenza di Annapolis( novembre2007, ndr.)non sono stati compiuti passi in avanti. E questa preoccupante situazione sarà al centro dell’incontro tra il presidente Abbas (Abu Mazen, ndr.) e il presidente Bush», in programma alla Casa Bianca giovedì prossimo.A Bush, anticipa a l’Unità il capo della diplomazia palestinese, Abu Mazen chiederà un intervento «chiaro, forte» degli Usa per rilanciare il processo di pace. Signor ministro, a Gaza si continua a combattere e a morire. Le speranze alimentate dalla Conferenza di Annapolis sono definitivamente sfiorite? «Per rispondere alla sua domanda partirei dal discorso pronunciato dal Papa all’Assemblea dell’Onu ». Qual è il nesso con la tragedia del conflitto israelo-palestinese? «Mi auguroche il mondoe in primo luogo i leader politici riflettano attentamente su quantoaffermato dal Papa in particolare su questo passaggio del suo discorso: "Le vittime dei patimenti e della disperazione divengono facile preda del richiamo della violenza e finiscono per violare la pace…". Ebbene, questa considerazione d iBenedettoXVI calza alla perfezione per la Palestina. Penso alla sofferenza della popolazione di Gaza, alle umiliazioni subite quotidianamente da migliaia di palestinesi ai checkpoint israeliani che spezzano in mille frammenti territoriali la Cisgiordania: la sofferenza alimenta la rabbia e la disperazione e su questi sentimenti è difficile radicare la pace. Ed è per questo che lamentiamo lo stallo del negoziato. Si illude chi in Israele pensa che sia possibile perpetrare lo status quo:o avanza il dialogo, altrimenti saremo condannati tutti, palestinesi e israeliani, a vivere altre stagioni di violenza e di dolore». Giovedì prossimo, il presidente Abu Mazen sarà colloquio alla Casa Bianca con il presidente George W.Bush. Può anticipare a l’Unità quale sarà la richiesta che avanzerete? «Il presidente Abbas chiederà a Bush un intervento chiaro, forte, degliUsa per rilanciare un negoziato che vive una fase di preoccupante stallo. Vede, il presidente Bush ha più volte sottolineato che una pace giusta e durevole tra israeliani e palestinesi deve fondarsi sul principio di due Stati. Su questo assunto ci siamo impegnati a riprendere il negoziato di pace con Israele coin il proposito, condiviso dallo stesso Bush, di giungere ad un accordo globale entro il 2008. Mi lasci aggiungere che sull’idea di unapace fondata su due Stati si sono ritrovati tutti quei Paesi arabi, dall’Egitto alla Giordania all’Arabia Saudita solo per citarne alcuni, che hanno partecipato alla Conferenza di Annapolis. Ma questo principio deve ora sostanziarsi in atti concreti che diano il segno concreto di un processo che va avanti, conquistando consensi nei due popoli. Ma questi progressi faticano a realizzarsi, e di questo il presidente Abbas discuterà con Bush». Lei evoca atti concreti. Da questo punto di vista, qual è il bilancio che l’Anp ha tratto del dopo-Annapolis? «Purtroppo è un bilancio sostanzialmente negativo. I palestinesi sono profondamente delusi dalla mancanza di passi in avanti, e questa situazione se si prolunga nel tempo potrebbe minare l’autorità della dirigenza palestinese che ha fatto del negoziato la sua linea strategica. Non uno degli oltre 600 posti di blocco israeliani in Cisgiordania è stato rimosso; la politica di colonizzazione non si èmai arrestata, così come prosegue da parte israeliana l’abbattimento di case palestinesi e la politica delle "eliminazioni mirate" ». Un lungo «cahiers de doléances». Tra tutte le questioni da lei elencate, qual è la più grave ? «L’espansione degli insediamenti è indubbiamente il principale ostacolo sulla strada del dialogo ». Dalla Cisgiordania «colonizzata», a Gaza «assediata». Nella Striscia si continua a combattere e a morire. In passato, lei si è espresso per l’invio di una forza internazionale di peacekeeping a Gaza e in Cisgiordania. È una proposta ancora attuale? «Per quanto ci riguarda, sì. E anche di questo il presidente Abbas parlerà con il presidente Bush». Restando a Gaza: Israele giustifica il blocco imposto alla Striscia con la necessità di contrastare il continuo lancio di razzi Qassam su Sderot e il Neghev. «I lanciatori di razzi e i loro mandanti sono dei provocatori, degli irresponsabili che col loro agire procurano solo altra sofferenza alla popolazione di Gaza. Detto questo, va aggiunto subito chele punizioni collettive imposte da Israele sono inaccettabili, lesive del diritto internazionale, oltre che controproducenti perché finiscono per rafforzare Hamas ». A proposito di Hamas. In una recente intervista a l’Unità, il leader di Hamas Haniyeh ha rilanciato il dialogo nazionale con Fatah. Qual è la sua opinione in merito? «Ildialogo è possibile ad unacondizione non negoziabile: Hamas deve riconoscere le istituzioni dell’Anp e il governo guidato da Fayyad, tornando a muoversi nella legalità, il che significa agire come un partito politico e disarmare le proprie milizie». Tra poche settimane, Israele celebrerà il 60° della sua nascita. Per i palestinesi quella nascita è ancora una Naqba (tragedia)? «Se guardiamo al passato, e rileggiamo le vicende storiche, non c’è dubbio che lo Stato d’Israele nasce anche come atto di forza controla popolazione arabapalestinese insediata in Palestina. Questa ferita può essere ricucita con la nascita di uno Stato indipendente di Palestina a fianco di Israele, riconoscendo in questo quadro il diritto al ritorno dei rifugiati del ’48. Mi auguro che sia possibile celebrare ilprossimo anno una doppia festa».
Per inviare all'Unità la propria opinione, cliccare sulla e-mail sottostante.
lettere@unita.it