La scelta pro-Carter del quotidiano di Veltroni
u.d.g., con l'ex presidente americano, considera i terroristi di Hamas interlocutori per la "pace"
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Data: 14/04/2008
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Autore: Umberto De Giovannageli
Titolo: Carter: Per la pace serve anche Hamas
Da L'UNITA' del 14 aprile 2008, riportiamo un articolo di Umberto De Giovannangeli, palesemente entusiasta dell'apertura ad Hamas dell'ex presidente americano Jimmy Carter.
Le illusioni (nella migliore della ipotesi) di Carter sull'evoluzione "politica" di Hamas appaioni condivise da u.d.g.
Comune è la dimenticanza del fatto che la partecipazione di un partito a una competizione elettorale non prova affatto la conversione alla democrazia liberale.
Hamas è sempre stato, e rimane, un partito totalitario, teocratico e antisemita, che usa il terrorismo per realizzare un programma politico genocida.
Su Khaled Meshal, che Carter vuole incontrare, rimandiamo a questo link. Riporta semplicemente un suo discorso.
http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=8&sez=120&id=15393Ci sembra che le parole di Meshal tolgano ogni dubbio sulla sua disposizione alla pace, e o gni alibi a chi vi crede o finge di credervi.
Ecco l'articolo di Umberto De Giovannangeli:
Israele contro Jimmy Carter. L’ex presidente degli Stati Uniti ha iniziato ieri un «viaggio studio» di nove giorni in Medio Oriente durante il quale potrebbe incontrare anche il leader politico di Hamas, Khaled Meshaal. Sarebbe la prima volta che il capo del movimento integralista palestinese incontra un ex presidente Usa. Carter - che alla fine degli anni Settanta contribuì in maniera determinante alla firma di storici accordi di pace tra Israele ed Egitto - è stato ricevuto ieri a Gerusalemme dal capo dello Stato Shimon Peres. Ma la sua apertura a Hamas non pare gradita dai dirigenti israeliani.
DAL PROGRAMMA della visita distribuito ieri alla stampa sono assenti i nomi del premier Ehud Olmert e della ministra degli Esteri Tzipi Livni. In Israele Carter vedrà il vicepremier Ely Yishai (Shas), la colomba Yossi Beilin e il falco Avigdor Lieberman,
nonché i genitori di Ghilad Shalit, il soldato rapito da Hamas nel giugno 2006. Carter, premio Nobel per la pace nel 2002, prevede oggi una visita a Sederot, la città nel Neghev bersagliata da razzi sparati da Gaza. Domani sarà a Ramallah, ospite della Autorità nazionale palestinese e quindi visiterà Egitto, Siria ed Arabia Saudita. Il progetto di Carter di incontrare Meshaal (a Damasco) ha già ricevuto le critiche della segretaria di Stato Usa Condoleezza Rice. L’«operazione Meshal» viene letta in ambienti politici israeliani anche in chiave presidenziali Usa: sono in molti a ritenere che dietro l'iniziativa dell'ex presidente vi sia l'imprimatur di Barack Obama, verso il quale Carter, uno dei super delegati alla convention Democratica di Denver, ha già espresso il suo sostegno. Fuori da ogni lettura dietrologica, l'ex presidente Usa riflette criticamente sugli errori compiuti dall'amministrazione Bush, e sia pur con gradualità diverse dall'Europa, nel «non aver saputo o voluto cogliere la dialettica interna ad Hamas che aveva portato il movimento a scegliere la via politica», con la partecipazione alle elezioni del gennaio 2006, riflette Carter incontrando in un albergo di Gerusalemme un gruppo di giornalisti stranieri, tra i quali il collaboratore de l'Unità, Osama Hamdan. «E se uno - aggiunge - sponsorizza elezioni o intende promuovere la democrazia e la libertà in tutto il mondo, poi, come è accaduto in Palestina, quando un popolo sceglie liberamente i propri leader, credo che tutti dovrebbero riconoscere il risultato e incalzare, senza demonizzarlo, il governo legittimo che scaturisce dal voto». E sul presente, Carter ribadisce la sua volontà a farsi parte dirigente di un «accordo di cessate il fuoco tra Israele, Amp e Hamas che arresti il lancio di razzi contro il Sud di Israele e ponga fine all'assedio israeliano a Gaza che ha determinato una drammatica emergenza umanitaria che riguarda un milione e mezzo di palestinesi». Gli chiediamo quale sia per lui la definizione che meglio sintetizza la condizione dei palestinesi di Gaza. La sua risposta è secca: «Quella di murativi vivi». Di due cose, l'ex presidente Usa si dice convinto. La prima: «Privare il popolo palestinese dei suoi fondamentali diritti umani al solo scopo di punire i leader eletti non è una strada che porta alla pace». Su questo punto, Carter è perentorio: «Punire degli innocenti - dice - è sempre e comunque un crimine». La seconda certezza, quella che scatena le polemiche: Hamas «deve essere incluso nel processo di pace» nella regione. «È molto importante che ci sia qualcuno disposto a incontrare i leader di Hamas e ascoltare il loro punto di vista, in modo da verificare la loro flessibilità e cercare di indurli a bloccare tutti gli attacchi contro innocenti civili in Israele», ribadisce Carter in una intervista alla rete televisiva Abc. «Non ho dubbi - rimarca ancora l'ex presidente statunitense -sul fatto che se Israele vuole trovare la pace con giustizia nei suoi rapporti con i palestinesi debba veder incluso Hamas nel processo di pace». Jimmy Carter crede nell'opzione di due popoli, due Stati, e motiva così la sua convinzione all'Unità: «Incorporare i Territori occupati dentro Israele ed avere un solo Stato, non penso che funzionerebbe, e per diverse ragioni. Prima di tutto, i palestinesi, se gli venisse dato il diritto di votare alla pari con gli israeliani, finirebbero per giocare un ruolo decisivo nel prendere le decisioni per conto dell'intero Paese. E con il loro rapido incremento demografico, che a Gaza è del 4% all'anno, uno dei più alti al mondo, ed in un prevedibile futuro i palestinesi sarebbero in effetti maggioranza della nazione». «Quindi - si congeda l'ex presidente Usa - io penso che la sola vera soluzione pratica è avere due Stati, fianco a fianco, che vivono in pace e in armonia. Questo ritengo sia l'approccio migliore, per il quale ho deciso di impegnarmi, e lo faccio perché ero e resto fermamente convinto che la stabilizzazione dell'intero Medio Oriente è indissolubilmente legata ad una equa soluzione della questione palestinese». Gli chiediamo se può confermare l'incontro a Damasco con Khaled Meshaal: «Non è ancora certo - risponde - ma direi che è probabile».
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