Israele minaccia l'Iran e si prepara ad aggredire Hezbollah
la realtà capovolta di Umberto De Giovannangeli
Testata:
Data: 08/04/2008
Pagina: 14
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: Israele avverte Teheran: se ci attaccate vi distruggeremo
Da L'UNITA' dell'8 aprile 2008 un articolo che presenta Israele come se fosse impegnata ad organizzare un'aggressione contro Hezbollah, non a preparare la propria difesa, e a minacciare l'Iran, non a dissuaderlo da un'aggressione.
Di Umberto De Giovannangeli
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A un attacco dell’Iran Israele replicherebbe in modo talmente duro da causare la «distruzione» della nazione iraniana. Ad affermarlo è il ministro israeliano per le Infrastrutture, già titolare della Difesa, Benjamin Ben Eliezer. «Un attacco iraniano contro Israele - insiste Ben Eliezer - scatenerà una risposta talmente dura da causare la distruzione della nazione iraniana». Un avvertimento durissimo tanto più significativo perché avviene nel mezzo della più imponente esercitazione messa in atto da Tsahal in tutto il Paese; esercitazione, iniziata l’altro ieri e che durerà cinque giorni, a cui prendono parte le forze armate, le istituzioni e l’intero sistema scolastico israeliano e che prevede la simulazione di attacchi missilistici dal Libano, dalla Siria, dalla Striscia di Gaza e, per l’appunto, dall’Iran.
«Queste manovre fanno parte dei preparativi per una guerra che lo Stato ebraico potrebbe scatenare a lungo termine», denuncia da Beirut il vice capo di Hezbollah, sheikh Naim Qassem, che lancia un monito agli israeliano: «Devono sapere - afferma - che ogni decisione di guerra sarà per loro estremamente costosa».
Da Beirut a Damasco. La Siria è «pronta alla guerra come alla pace, ma è preparata per rispondere a un’aggressione», afferma la stampa governativa di Damasco, commentando le esercitazioni militari israeliane. «Ogni esercitazione è un progetto di guerra», ha scritto ieri il quotidiano Al Thawra, ipotizzando però che «queste esercitazioni e manovre militari potrebbero avere un obiettivo interno e servire al progetto politico di Ehud Barak», attuale ministro della Difesa israeliano. Sempre ieri, sono ripresi a Gerusalemme dopo una pausa di un mese e mezzo gli incontri tra il premier israeliano Ehud Olmert e il presidente palestinese Abu Mazen (Mahmud Abbas). Ambedue hanno ribadito di voler arrivare a un accordo di pace entro la fine del 2008, in coincidenza con la fine della presidenza di George W. Bush. Malgrado la ripresa degli incontri, sospesi da Abu Mazen il 19 febbraio scorso per protesta contro un sanguinoso raid dell'esercito israeliano nella striscia di Gaza in reazione a tiri di razzi, resta una grande incertezza se le trattative abbiano finora portato a concreti progressi sulle questioni chiave al centro del contenzioso. L'incontro, svoltosi nella residenza ufficiale di Olmert, è durato circa tre ore, due delle quali con la partecipazione dei capi dei due gruppi negoziali: la ministra degli Esteri Tzipi Livni per Israele e l'ex premier Abu Ala (Ahmed Qrea) per l'Autorità palestinese. Quale siano in questo momento le preoccupazioni di Abu Mazen lo ha chiarito poi, in una conferenza stampa a Ramallah, il negoziatore Saeb Erekat: le nuove costruzioni in atto e in programma negli insediamenti ebraici esistenti - secondo i palestinesi in violazione di un preciso impegno di Israele -, le centinaia di posti di blocco dell'esercito in Cisgiordania più altre restrizioni che ostacolano la libertà di movimento della popolazione palestinese, lo sviluppo dell' economia e delle istituzioni statali palestinesi.

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