"Qualcosa di negoziabile": l'esistenza di Israele
il Guardian raccoglie pareri a favore del dialogo con Hamas ed Hezbollah; Jonathan Powell, ex collaboratore di Blair, tratterebbe anche con Al Qaeda
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Data: 16/03/2008
Pagina: 8
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: Con Al Qaeda no. Ma con Hamas si può trattare e dialogare. Lo dice il Guardian
"Figure razionali che lottano per qualcosa di negoziabile". Ecco cosa sono Hamas ed Hezbollah  secondo "il giudizio espresso da analisti politici britannici, interpellati dal «Guardian» sulla proposta di un dialogo con Al Qaeda e altri gruppi estremisti, avanzata da Jonathan Powell, per più di 10 anni principale collaboratore dell'ex premier Tony Blair".
La notizia è fornita ed enfatizzata dall' UNITA'. Umberto De Giovannangeli è impegnato infatti a presentare come provinciali le critiche al ministro degli Esteri italiano D'Alema, che propugna il dialogo con Hamas.
Si tratta però di una strategia difensiva che non dovrebbe ingannare nessuno.
Le inchieste del Guardian, un quotidiano noto per le sue posizioni antisraeliane,  non cambiano il fatto che l'obiettivo di Hamas e di Hezbollah è la distruzione di Israele.
E' questo il "qualcosa di negoziabile" degli esperti britannici. Il diritto all'esistenza di un intero paese. Il genocidio necessario alla sua cancellazione.

Ecco il testo completo:


Con Hamas e Hezbollah va aperta una trattativa. No, non è il ministro degli Esteri italiano Massimo D'Alema a farsi interprete di questa linea contro cui Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini hanno tuonato al grido: eccolo, l'amico di Hamas, colui che va a braccetto con quelli di Hezbollah… Ai falchi nostrani consigliamo di prestare attenzione a quanto segue. I terroristi di Al Qaeda sono «incorreggibili, avanzano richieste politiche che non possiamo e non dovremmo soddisfare», ma Hamas ed Hezbollah sono «figure razionali che lottano per qualcosa di negoziabile» con cui si può dialogare. È questo il giudizio espresso da analisti politici britannici, interpellati dal «Guardian» sulla proposta di un dialogo con Al Qaeda e altri gruppi estremisti, avanzata da Jonathan Powell, per più di 10 anni principale collaboratore dell'ex premier Tony Blair.
Una «provocazione» che nasce dall'esperienza di Powell nei negoziati per la pace nell'Irlanda del Nord che lo avrebbero convinto dell'importanza di tenere aperta una linea di comunicazione anche con il proprio peggior nemico. Convinzione che Powell proietta anche sullo scenario mediorientale. «Al Qaeda è formata da quelli che noi chiamiamo terroristi incorreggibili - dice al Guardian Peter Lehr, della St. Andrews University di Edimburgo - avanzano richieste politiche che non possiamo e non dovremmo soddisfare. Abbiamo bisogno del petrolio, non possiamo andarcene dalla penisola arabica e non possiamo aiutarli a smantellare lo stato di Israele. Non c'è niente di cui discutere». Questione diversa è invece un eventuale negoziato con il gruppo palestinese di Hamas e quello libanese Hezbollah: «Sono figure razionali che lottano per qualcosa di negoziabile e nei negoziati si può iniziare avanzando il massimo delle richieste, da limare nel corso dei colloqui, fino ad arrivare ad un accordo».
Alastair Crooke è un agente dei servizi di intelligence britannici MI5 che ha già tastato il terreno con Hamas, per conto dell'Unione europea, su un possibile accordo di tregua con Israele. «Quando si tratta per gli ostaggi, anche quando si ha a che fare con gente violenta che ti minaccia, la politica dei governi occidentali è quella di aprire il prima possibile un canale di comunicazione - racconta Crooke - e si fa anche quando le loro richieste sono completamente folli. Avviando un dialogo si può gestire quello che è realisticamente possibile. Questo non vuol dire riconoscere legittimità al gruppo. Se non si avvia un dialogo, non saprai mai se ci sono le basi per una soluzione. È la stessa cosa con gli estremisti islamici». Crooke ha smesso di trattare con Hamas per le pressioni esercitate da Israele sull'Ue, ma ha avviato un Forum sui conflitti dedicato al dialogo con i gruppi islamici.
Un docente di strategie di guerra del King's College di Londra, Yezid Sayigh, sottolinea l'importanza di riconoscere gli «attori non statali». «Fino quando ci si rifiuta di parlare con le persone, queste reagiranno nella maniera che ogni psicologo indica come probabile, ossiala violenza», afferma Sayigh. Che evidenzia la differenza basilare tra dialogare e negoziare, e aggiunge: «Quel che veramente colpisce riguardo al mantra di non parlare con i terroristi è che non viene rispettato».
I tre esperti non escludono che l'Occidente abbia già avviato negoziati con Al Qaeda. «Non è impossibile sia stato aperto un canale di comunicazione tra la centrale di Al Qaeda in Waziristan e il quartier generale della Cia a Langley, in Virginia» tramite l'intelligence pachistana, dice Lehr. Crooke ribadisce che i governi debbano parlare con i loro nemici più implacabili: «Gli attacchi suicidi, che colpiscono civili e bambini, fanno inorridire tanta gente. Ma la storia ci insegna che non abbiamo alternative. L'Occidente finirà per parlare con quelli che hanno legittimità e credibilità all'interno delle loro comunità in Medio Oriente, a prescindere che ci piacciano o meno e, a essere sinceri, che colpiscano i civili o meno». Cosi gli esperti britannici, la cui autorevolezza è unanimemente riconosciuta. Domanda: sono tutti al servizio di Hamas e di Hezbollah?

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