Ricordiamo a Umberto De Giovannangeli che è Hamas a creare i problemi di Gaza
ma lui sembra interessato ad accusare Israele, non a spiegare gli avvenimenti
Testata:
Data: 12/03/2008
Pagina: 11
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: I palestinesi di Gaza il popolo dei «murati vivi»

Da L' UNITA' del 12 marzo 2008 un articolo di Umberto De Giovannangeli su Gaza.
Invece di chiedersi le ragioni per le quali anche l'Egitto deve proteggersi dalla destabilizzazione portata dal dominio di Hamas o perchè le condizioni esconomiche dei palestinesi siano peggiorate dopo la fine dell'esecrata "occupazione" israeliana , u.d.g. propone l'abituale allarme sull'imminente crisi umanitaria della Striscia, che attribuisce ogni responsabilità a Israele e non alterrorismo di Hamas.

Ecco il testo completo:


GLI OPERAI hanno rimosso le barriere di filo spinato e le hanno sostituite con un muro alto tre metri. Alto tre metri è lungo tre chilometri, il primo tratto dei quattordici km previsti. Storia di un popolo «murato». Il popolo palestinese. Dal Muro in Cisgiordania a
quello che l’Egitto sta realizzando al confine con la Striscia di Gaza. La costruzione è iniziata subito dopo la chiusura della frontiera il mese scorso, dopo che i miliziani di Hamas avevano distrutto la barriera di separazione a gennaio, facendo entrare in Egitto migliaia di palestinesi in cerca di prodotti di prima necessità.
Una gabbia. Isolata dal mondo. Assediata da Israele. Murata dall’Egitto. Una «prigione a cielo aperto di cui Israele sembra aver buttato via la chiave per sempre» (John Dugard, relatore speciale delle Nazioni Unite per i Diritti Umani in una intervista a l’Unità). È Gaza. Una gabbia lunga 40 Km e larga 10 km, in cui vivono più di 1,4 milioni di palestinesi, età media 16 anni. Il muro, fatto di cemento e pietre, si innalza a venti metri dalle case egiziane di Rafah. Cosa sia la vita al di qua del Muro (di Gaza) l’Unità l’ha raccontata con testimonianze, interviste, rapporti. Una condizione di sofferenza sintetizzabile in due dati: il 73% delle famiglie della Striscia di Gaza vive sotto il limite di povertà, la disoccupazione è al 55%. Va raccontata questa vita «murata». Ed è un racconto dolente. Una storia fatta anche di barriere di filo spinato, di cemento armato, di barriere di metallo, di recinzioni elettriche, censori mobili. È la storia di Ahmed, Mahmud, della piccola Zahira, dei bambini di Rafah cresciuti tra raid e muri, che oggi vedono alzarsi a pochi passi dalle loro fatiscenti abitazioni una nuova barriera. Il Muro di Rafah chiude anche questa via di fuga per gli ingabbiati di Gaza:
La Striscia murata. Non da oggi. Già nel 1994, quando a seguito degli accordi di Oslo-Washington i Territori passavano sotto l’amministrazione dell’Autorità nazionale palestinese di Yasser Arafat, Gaza è completamente circondata da muri e filo spinato che la separano dal territorio israeliano. Per completare questa separazione, viene anche avviata la costruzione di un Muro lungo 55 chilometri e alto 8 (alla fine ne è stato realizzato un tratto di 7 chilometri). È difficile pensare che una speranza di pace possa crescere sotto l’ombra dei Muri. Un’ombra che sembra doversi proiettare anche sui 270 chilometri che segnano il confine tra Israele ed Egitto, da Eilat alla Striscia di Gaza. Ad annunciarne la realizzazione è stato nei giorni scorsi il premier israeliano Ehud Olmert, affiancato dal titolare della Difesa, Ehud Olmert, e dalla ministra degli Esteri, Tzipi Livni. A motivare la decisione sono i rapporti dell’intelligence di Gerusalemme secondo cui c’è più che un fondato timore che kamikaze palestinesi possano infiltrarsi in Israele dal Sinai egiziano. La prima sezione della barriera dovrebbe essere innalzata nei pressi di Nitzana. Un altro tratto sarà eretto vicino a Eilat, città sul Mar Rosso. Il costo del «Muro», valuta il quotidiano israeliano Yediot Ahronot, può oscillare da 280 milioni di euro fino a quasi un miliardo, a seconda della tecnologia e della lunghezza.
Ma il «Muro» che opprime non è innalzato solo dagli «occupanti israeliani». A erigerlo sono anche i «fratelli egiziani». Ahmed, Mahmud, la piccola Zahira, i bambini di Rafah, hanno imparato anche quest’altra amara verità. Rafah, ovvero la più povera tra le più povere città palestinesi, ed il suo distretto di Sahura è la sezione più povera di Rafah. Quella prospiciente al Muro. Lì, intere famiglie vivono assieme in baracche di una stanza fatte di ferro contorto con pavimenti sporchi e tetti di lamiere di metallo, cartone e incerate. I bambini corrono scalzi per strada, malvestiti e malnutriti. In nessun luogo della Palestina si troveranno condizioni miserabili quanto quelle di Rafah. È in questo degrado totale che sta nascendo il Muro egiziano. «Sarebbe questa la solidarietà egiziana? Invece di protestare con Israele, Mubarak ci fa questo regalo...», dice sconsolato il vecchio Feisal mentre a poca distanza gli operai egiziani continuano alacremente a costruire il Muro. Il Muro dell’ipocrisia, della doppia morale: quella che ha caratterizzata e continua a caratterizzare i leader arabi che hanno usato la tragedia palestinese per fini di potere, per alimentare i propri disegni egemonici. Quel Muro dell’ipocrisia finirà per aggravare ulteriormente le già drammatiche condizioni di vita della popolazione della Striscia, alle prese con la crisi peggiore degli ultimi quarant’anni (dall’inizio dell’occupazione israeliana dei Territori, nel 1967), secondo quanto denunciato dalle più importanti organizzazioni umanitarie britanniche in un loro recente rapporto, nel quale si rileva, tra l’altro, che l’80% della popolazione di Gaza dipende oggi dagli aiuti alimentari, che la rete idrica e quella fognaria sono sull’orlo del collasso, che negli ospedali manca l’energia elettrica anche per 12 ore al giorno. E di giorno in giorno cresce il rischio di epidemie. La compagna che gestisce le risorse idriche della Striscia, Beit al Sahel, ha lanciato un appello per l’imminente minaccia di epidemie e malattie, causate dala pessima qualità dell’acqua, determinata dall’embargo israeliano che ha portato alla chiusura di 52 pozzi della Striscia per mancanza di cloro, usato per fumigare le acque e rendere potabili. Si alza il Muro, si chiudono i pozzi. Così Gaza muore.

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