Dal RIFORMISTA del 25 febbraio 2008, un articolo sulll'imminente viaggio del presidente iraniano Ahmadinejad in Iraq.
Costruita sulla base di un colloquio con il capo della redazione esteri dell'agenzia stampa ufficiale Irna, il pezzo non contiene riferimenti al sostegno dato dall'Iran al terrorismo iracheno, né alla più ampia opera di destabilizzazione e di sostegno al terrorismo messa in atto dal regime degli ayatollah (nè ai suoi progetti di cancellazione di Israele dalla cartina geografica).
Ecco il testo:
Il ricordo del milione di morti, dell'iprite e del tabun lanciati con le bombe dagli aeroplani e degli enormi danni economici, accompagnerà il presidente iraniano Ahmadinejad nel suo prossimo viaggio in Iraq. È un viaggio storico, le diplomazie dei due paesi ci lavorano giorno e notte da qualche mese, anche se per evidenti motivi di sicurezza incontri e date non possono essere ancora ufficializzati. Il leader iraniano sarà a Baghdad domenica 2 marzo, dovrebbe rimanerci un paio di giorni e, accompagnato da diversi ministri, incontrare il presidente iracheno Jalal Talabani e il primo ministro Nouri al-Maliki.
Dopo aver visitato l'Arabia Saudita e la Siria, questo viaggio per Mahmud Ahmadinejad è un altro fondamentale tassello nel mosaico della politica estera iraniana, che ha l'ambizioso obiettivo di conquistare la leadership nella regione, scrollandosi di dosso l'immagine di minaccia per i suoi vicini. La sfida in Medio Oriente è il raggiungimento della sicurezza, unico viatico per un futuro economico degli attori in campo e il fattore sciita potrebbe creare nuove opportunità di sviluppo per Iran e Iraq. C'è però un sentimento di sfiducia reciproco da superare, conseguenza di un conflitto terribile che dopo otto anni lasciò i due popoli allo stremo. Fu Saddam a soffiare sul fuoco di un consolidato razzismo nei confronti degli odiati persiani, cominciando una vera e propria demonizzazione iraniana con persecuzioni e deportazioni. Lo zio materno del dittatore iracheno, Khayrallah Tulfah, scrisse un pamphlet intitolato Tre creature che Dio non avrebbe dovuto creare : erano i persiani, gli ebrei e le mosche.
Al telefono da Teheran, che vive il suo gelido inverno, Hassanzadeh Bahram, capo della redazione esteri dell'agenzia di stampa Irna, accetta volentieri di conversare con il Riformista . Gli chiediamo di raccontarci qual è l'opinione degli iraniani su questo importante viaggio di Ahmadinejad. «Rappresenta per noi una vera e propria missione in campo minato…Con l'Iraq abbiamo ancora tanti problemi, ma soprattutto è inimmaginabile cancellare otto anni di guerra. È stata un massacro, una guerra inutile che ha rubato la vita a una infinità di giovani. E poi ancora», dopo una pausa con cui pesa il significato delle parole, «non dimentichi i danni economici di quel conflitto. La gente non si spiega perché il governo iraniano non si batta per ottenerne il risarcimento. Per di più, paradossalmente, finanziando la ricostruzione di città sante come Kerbala o Najaf, fiumi di soldi iraniani prendono la strada dell'Iraq. C'è insomma grande perplessità… tocca pagare sempre a noi». A proposito del disegno di Ahmadinejad per una leadership nel quadrante mediorientale, dice: «Dove c'è presenza di sciiti, nel sud dell'Iraq e in Libano, per esempio, sta funzionando, ma nel resto dei paesi mediorientali l'Iran non è considerato come un leader. Ci vedono ancora come un nemico, non come una guida per il Medio Oriente». Dunque ancora tanto lavoro per Ahmadinejad, che ha nella questione curda il nodo principale da sciogliere nei prossimi colloqui con i vicini iracheni. Non si sa se il presidente visiterà il Kurdistan iracheno, ma è certo che il problema lo inquieti. «Da quando, caduto Saddam, i curdi iracheni hanno raggiunto la loro indipendenza - ricorda Bahram - i curdi iraniani hanno ricominciato a combattere per l'autonomia con maggiore forza e coraggio. Ogni settimana riportiamo notizie di scontri tra pasdaran e curdi iraniani. Per la Repubblica Islamica è motivo di grande preoccupazione».
Madre di tutti i contrasti tra i due confinanti, motivo scatenante di ben due conflitti, le acque di un fiume lungo 170 metri e largo appena 80. Ha due nomi, Arvand Rood per gli iraniani, Shatt al-'Arab lo chiamano gli iracheni. Il territorio circostante ricchissimo di petrolio, da sempre conteso, sino all'accordo di Algeri del '75, in cui l'Iraq accetto come linea di confine quella di massima portata del corso d'acqua. Saddam ne fece carta straccia, «circa due mesi fa Talebani, presidente iracheno - prosegue Bahram - si è detto pronto a rivedere questo accordo. Tutto questo ha destato in Iran grande stupore, i trattati di confine tra i paesi sono eterni e immodificabili. È stato interpretato come il risultato delle pressioni degli americani sul governo iracheno». Ci siamo, tra meno di una settimana Ahmadinejad sarà in Iraq, «ma non otterrà nulla, mi creda. Nulla cambierà mai se prima non cambieranno i rapporti tra iraniani e americani».
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