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Dopo molte battaglie legali, che la vedevano accusata di aver partorito una bambina fuori dal matrimonio e per questo motivo condannata alla lapidazione da un tribunale islamico, Safiya Hussaini, 30 anni è stata assolta. La vicenda la vede protagonista nel 2001, quando i giudici avevano emesso la sentenza. Ma un anno più tardi, grazie ai movimenti dei diritti umani internazionali e nigeriani, la donna è stata liberata. L’Arabia Saudita è di nuovo nell’occhio del ciclone per un altro caso di violazione dei diritti umani. Fawaza Falih, una donna analfabeta, condannata a morte due anni fa per stregoneria, rischia di essere decapitata. La sentenza potrebbe essere eseguita da un momento all’altro e l’organizzazione per i diritti umani Human Rights Watch, con sede a New York, si è appellata a re Abdullah affinché sospenda l’esecuzione del verdetto definito «assurdo e privo di fondamenti giuridici». La donna, residente in un piccolo paese nel Nord del regno, era stata arrestata nel 2005 con l’accusa di esercitare la stregoneria. Alcune persone l’avevano denunciata dicendo che aveva attirato influssi malefici su di loro. Un uomo aveva addirittura affermato di essere stato stregato fino a diventare impotente. Una donna le ha attribuito invece la responsabilità del suo divorzio. Davanti ai giudici l’imputata aveva negato tutto. Allora la polizia religiosa - ufficialmente denominata «Commissione per la promozione della virtù e la prevenzione del vizio», ma sinistramente nota fra i sauditi col nome di «mutaween» - si era incaricata di estorcere una confessione alla presunta strega. Per trentacinque giorni la donna era stata picchiata senza compassione, tanto che a un certo punto era stata ricoverata all’ospedale. Ma prima aveva dovuto mettere l’impronta del pollice, essendo analfabeta, su un verbale di confessione preparato dalla polizia in cui essa ammetteva di esercitare la magia nera, di uccidere animali per preparare le sue fatture e persino di comunicare con i Jenn (i demoni). Ma in questo modo la poveretta aveva firmato la sua condanna a morte, dal momento che in quel regno medioevale che è l’Arabia Saudita, dove manca un codice penale scritto, esercitare la stregoneria va punito con la decapitazione. Durante l’udienza al processo in primo grado, nell’aprile del 2006, l’imputata ritrattò tutto, raccontando di aver subito violenza, ma il giudice emise ugualmente la sentenza alla pena capitale. Non aveva voluto sentire altri testimoni a sua discolpa e non acconsentì al suo avvocato di difenderla. Andò un po’ meglio nel processo di appello svolto poco dopo. I giudici avevano infatti annullato il verdetto tenendo conto che aveva ritrattato. L’odissea di Fawaza però non era finita. Un altro tribunale, infatti, poco dopo ribaltò questa sentenza per motivi «di interesse pubblico», condannandola di nuovo alla pena capitale. L’associazione Human Rights Watch ha contestato il fatto che alla donna non è stato garantito un processo equo. La sentenza, contrariamente alle procedure in vigore nel resto del mondo per processi davanti alla Corte d’Assise, era stato emessa di un giudice monocratico. E per di più l’imputata era stata condannata per un reato non dimostrabile, appunto la stregoneria. Ora si attende un atto di clemenza da parte di re Abdullah per salvare Fawaza dalla scimitarra del boia. Il sovrano è costretto spesso a intervenire per correggere gli eccessi di zelo (o di crudeltà) dei giudici del suo regno. Il mondo si ricorda ancora il caso della ragazza condannata a 200 scudisciate solo per il fatto aver essersi intrattenuta con un uomo estraneo, in macchina, senza tenere conto del fatto che lei fosse stata rapita e violentata da cinque uomini. Pena poi condonata dal re. Non è andata così per un farmacista egiziano, un certo Mustafa Ibrahim, decapitato il 2 novembre scorso a Ar’ar nel Nord, per esercizio della magia.Kobra Najjar, iraniana di 44 anni, condannata dieci anni fa a otto anni di carcere e poi alla lapidazione per aver commesso adulterio. Dopo essersi sposata, fu costretta a prostituirsi dal marito per procurargli la droga. Sarà proprio un suo cliente ad uccidere lo sposo, ma lei venne accusata di essere complice del delitto nonché adultera. Sarà difficile che possa salvarsi.
I SAUDITI INAUGURANO LA VERA CACCIA ALLE STREGHE- di Dimitri Buffa Quante volte, spesso anche a sproposito, abbiamo sentito dire in questi anni che "era in atto una vera e propria caccia alle streghe"? Il linguaggio, mutuato dal femminismo sessantottino, è spesso usato anche in modo assai irritante. L¹ultima volta è capitata proprio nei giorni scorsi dopo il grottesco episodio dell¹infermiere che denuncia anonimamente per telefono un equipe medica e una paziente per un aborto fuori tempo massimo, con tanto di irruzione in camera operatoria delle forze dell¹ordine. Ebbene in tutti questi casi l¹espressione "caccia alle streghe" era in ogni caso da intendere in senso figurato. Perché il significato preso alla lettera porterebbe indietro di almeno trecento anni l¹orologio della storia, alle epoche più buie del potere temporale della Chiesa. Quando il Vaticano ancora non esisteva. Ma il Papato, in compenso, invece sì. Ebbene da oggi, grazie all¹immaginifica idiozia della shar¹ia così come viene applicata in Arabia Saudita, l¹espressione "caccia alle streghe", anzi per ora alla singola strega di nome Fawza Falih, ha tornato ad avere una connotazione letterale. E¹ infatti notizia solo di ieri della condanna a morte della suddetta signora rea di non meglio precisati atti di stregoneria. Fawza fu arrestata nel maggio 2005 e condannata a morte nell'aprile dell'anno seguente dai giudici della città di Quraiyat. Del suo caso si sta occupando l'organizzazione umanitaria Human Rights Watch che ha anche rivolto un appello al re saudita Abdallah affinché intervenga per salvare la sua vita. Nella lettera inviata al monarca si accusano le autorità del paese arabo di "non aver concesso all'imputata la possibilità di dimostrare la propria innocenza." "Per condannarla si legge nella lettera spedita ad Abdallah - i giudici si sono basati su una confessione estorta e su testimoni che affermano di essere stati 'stregati' dalla donna²" Secondo l'organizzazione umanitaria, essendo analfabeta, Fawza non avrebbe compreso i documenti che era stata costretta a sottoscrivere imprimendo le proprie impronte digitali e in aula ha ritirato la propria confessione. Vengono inoltre denunciate percosse che avrebbe subito durante la detenzione. Human Right Watch non specifica la nazionalità di Fawza, tuttavia la lettera inviata al sovrano saudita fa riferimento a suoi parenti in Giordania. Secondo quanto riferisce il 'Khaleek Times', giornale degli Emirati Arabi Uniti, questa denuncia giunge poco dopo la visita in Arabia Saudita di Yakin Erturk, ispettore delle Nazioni Unite per le violenze sulle donne. Il quale aveva incontrato Fatima e Mansour al-Timam, una coppia costretta al divorzio dalla famiglia di lei perché di un rango tribale superiore rispetto a quella del marito. A quelli che amano riempirsi la bocca di espressioni come ³Islam religione di pace² e come ³dialogo tra le tre fedi monoteiste², ecco quindi segnalata l¹ennesima rivincita che si prende la realtà dei fatti sulle ipotesi virtuali e i buoni propositi della politica corretta.
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