Famiglia Cristiana nel numero 5 on line pubblica un articolo a firma Carlo Remeny intitolato “L’assedio di Gaza”
Raramente gli articoli del settimanale cattolico sono obiettivi ed equilibrati nell’analisi del conflitto israelo-palestinese, eppure quello che riproduciamo di seguito si distingue per una particolare faziosità.
Il giornalista sottolinea che il governo israeliano ritiene
Nel mirino del giornalista c’è anche Abu Mazen che avrebbe “liquidato il governo di unità nazionale nel giugno scorso”. Ai lettori però non viene ricordato che il 14 giugno del 2007 Hamas dopo numerosi scontri con le fazioni di al-Fatah ha conquistato “manu militari” il controllo della Striscia di Gaza, ha ucciso brutalmente i suoi oppositori, gettandoli dai tetti delle case o freddandoli con un colpo alla nuca in strada dopo averli catturati: un’ esplosione di violenza senza precedenti che ha avuto come prima vittima il popolo palestinese del cui benessere Hamas ha ampiamente dimostrato di non interessarsi affatto.
Ancora. “La comunità internazionale non può tollerare che le televisioni portino nelle case di tutto il pianeta le immagini di un popolo assediato….” mentre tollera benissimo le case distrutte, i morti e i feriti delle cittadine israeliane bersagliate quotidianamente dai missili Qassam (forse perché tali immagini non vengono quasi mai mostrate: quanti sono i giornalisti coraggiosi che visitano le cittadine come Sderot per verificare sul posto gli effetti che provoca sulla popolazione israeliana il continuo lancio di razzi?).
Fra queste “mosche bianche” c’è Fiamma Nirenstein che, dopo essere stata a Sderot, in un articolo apparso recentemente su Il Giornale, scrive: “da gennaio sono stati sparati su Sderot più di 350 razzi e il 28% della popolazione soffre di disordini post traumatici” senza contare le centinaia di feriti, i morti, le case, le fabbriche e gli edifici scolastici distrutti e ormai inagibili che nessuna televisione mostra!
Ad Hamas è stato chiesto di riconoscere l’esistenza di Israele, di accettare gli accordi di pace firmati, di cessare gli attacchi terroristici ed in cambio la popolazione palestinese avrebbe usufruito di aiuti umanitari, finanziamenti e sostegno.
La risposta di Hamas è stata la violenza e la guerra civile.
Non è forse un’”entità nemica”?
Entità nemica. Così il Governo israeliano ha definito
Abu Mazen ha interrotto i rapporti con Hamas, ponendo come pregiudiziale per la ripresa delle relazioni la restituzione del potere a Gaza. Richiesta che Hamas potrebbe accettare solo a patto di mantenere il controllo della sicurezza nell’area e la formazione di un Governo di unità nazionale, come quello liquidato da Abu Mazen nel giugno scorso. Ma Abu Mazen non può dire di sì, perché Stati Uniti e Israele non tratterebbero mai con un esecutivo in cui sia presente il movimento islamico.Elezioni anticipate palestinesi, per cercare di ridurre il potere di Hamas: le suggeriscono in tanti, ma nessuno sa come organizzarle, visto che lo stesso Hamas è contrario e non le consentirebbe nella Striscia di Gaza. Resta poi l’incognita: cosa succederebbe se il movimento islamico dovesse nuovamente vincere le elezioni? Convocare il voto solo nella Cisgiordania occupata significherebbe sancire la separazione dei due territori palestinesi (Cisgiordania e Gaza, appunto) che non dispiacerebbe a Israele, ma che nessun leader palestinese, nemmeno Abu Mazen, potrebbe accettare.Gli strumenti che Israele ha pensato di utilizzare contro Gaza in questi mesi sono quelli usati da sempre: repressione militare ed embargo totale. Lo strumento militare non ha fatto cessare il lancio dei razzi Qassam, che del resto avveniva regolarmente persino quando esercito israeliano e coloni ebrei popolavano
L’abbattimento della barriera di confine a Rafah ha tuttavia creato una situazione del tutto nuova. Per le autorità di Hamas c’è adesso l’opportunità di amministrare l’area come uno Stato, a patto che il Cairo accetti di tenere il valico funzionante nell’ambito di un accordo bilaterale con i palestinesi.Per Israele si configura sul confine meridionale una situazione conflittuale simile a quella che si vive lungo la frontiera con il Libano. Dovesse restare aperto il valico di Rafah, Hamas per armarsi potrebbe attingere più facilmente al mercato internazionale e non necessariamente produrre in proprio armi artigianali di dubbia efficacia.
Israele ha però anche l’opportunità di "scaricare" interamente sulle spalle dell’Egitto il peso dell’approvvigionamento della Striscia di Gaza, in materia di energia, acqua, generi essenziali. Inoltre, si crea un abisso tra
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