Il rifiuto delle autorità giordane di concedere un visto a tre sorelle irachene per raggiungere lo zio in Irlanda del nord viene utilizzato da Robert Fisk, e dall' UNITA' , che riprende l'articolo dall'Indipendent. per attaccare la politica della Gran Bretagna e degli Stati Uniti in Iraq.
Un'evidente strumentalizzazione. Si deve anche notare che l'articolo campeggia in prima pagina, con il drammatico titolo "Sei orfano? Meriti l’inferno", sotto l'intervista ad Elie Wiesel sulla Shoah: un'ulteriore strumentalizzazione.
Ahimé, la gentilezza umana non riguarda necessariamente anche gli orfani dell'Iraq - il Paese che abbiamo invaso per ragioni, pare, umanitarie, per non parlare delle armi di distruzione di massa. Tre sorelle irachene erano attese dallo zio britannico all'aeroporto Regina Alia e gli uomini della sicurezza della Giordania - negando persino allo zio un colloquio di 5 minuti con le nipoti - le hanno rimesse sul primo volo per l'Iraq.
«Come può succedere una cosa del genere?», domanda lo zio, Paul Manouk. «La loro mamma è stata uccisa. Il padre era già morto qualche tempo prima. Io le aspettavo. L'ambasciata britannica in Giordania mi aveva garantito che avrebbe concesso il visto alle mie tre nipoti, ma prima dovevano arrivare ad Amman».
Paul Manouk vive in Irlanda del Nord ed è cittadino britannico. Spiegare tutto questo agli agenti dei servizi segreti giordani in servizio all'aeroporto è stato inutile.
I mercenari occidentali hanno ucciso la loro madre armena di 48 anni, Marou Awanis, e la sua migliore amica - crivellando il suo corpo con 40 colpi d'arma da fuoco mentre con il suo taxi passava accanto ad un convoglio di quattro automezzi a Baghdad - ma la famiglia è perseguitata dalle tragedie da quasi un secolo. La bisnonna delle tre sorelle fu costretta ad abbandonare le due figlie morenti sul ciglio della strada durante il genocidio armeno del 1915. L'amica della signora Awanis, Jeneva Jelal, seduta accanto a lei sul taxi, è morta sul colpo.
L'agenzia di «sicurezza» australiana i cui dipendenti hanno assassinato la signora Awanis e la sua amica - «giustiziato» sarebbe forse la parola più adatta in quanto questo è il prezzo che paga chi si avvicina troppo agli occidentali armati nella Baghdad dei giorni nostri - ha espresso il suo «rincrescimento». Il comandante dell'Unity Resources Group sostiene che la signora Awanis si è diretta a forte velocità contro il convoglio tanto da far temere agli uomini armati che potesse trattarsi di un attentato suicida.
«Solo a quel punto gli uomini hanno aperto il fuoco nel disperato tentativo di fermare il veicolo», ha detto Michael Priddin. «Esprimiamo il nostro più profondo cordoglio per le vittime». Naturalmente si è rifiutato di fornire i nomi degli assassini nonché la loro nazionalità. Gli occidentali a Baghdad - specialmente quelli che uccidono gli innocenti - abbondano in manifestazioni di cordoglio. Ma sono meno ansiosi di garantire che vengano risarciti in qualche modo i parenti delle vittime.
Karoon era malata e disponeva di documenti che le consentivano l'ingresso in Giordania: la famiglia era convinta che anche le sorelle non avrebbero incontrato difficoltà. Paul Manouk, ingegnere elettrico a Co Down, ha detto di essersi recato presso l'ufficio di Amman dell'Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati dove gli hanno detto che le sorelle dovevano entrare nel Paese.
«Ho anche cercato di procurare il visto alle mie nipoti all'ambasciata britannica, ma mi hanno risposto che non potevano fare nulla fin quando le tre mie ragazze non si trovavano in territorio giordano. I giordani hanno detto a Karoon che poteva andare ad Amman, ma che non potevano andarci le sue sorelle. Naturalmente non poteva abbandonare le sorelle. E cosi tutte e tre hanno fatto ritorno a Baghdad quello stesso giorno». «Non riuscivo a crederci. All'aeroporto ho implorato gli addetti alla sicurezza affinché mi consentissero almeno di passare cinque minuti con le mie nipoti - solo cinque minuti - ma non hanno voluto sentire ragioni».
La signora Awanis aveva due sorelle in Iraq, Helen e Anna, che ora si stanno occupando delle ragazze fin quando Paul Manouk - o qualcun altro - non sarà riuscito a trovare una soluzione. «Ho un amico giordano che aveva fatto in modo di far iscrivere le due ragazze più grandi all'università in Giordania, ma non è servito a nulla», dice Paul Manouk. «All'aeroporto ho passato una serata terribile. Sono talmente disperato che ho deciso di scrivere a re Abdullah per chiedere aiuto. Stiamo anche cercando di trovare per le mie nipoti un accordo con l'agenzia di sicurezza australiana responsabile della morte della loro madre. Ma gli assassini non hanno alcuna responsabilità ai sensi della legge irachena. Voglio un accordo legale, sottoscritto davanti agli avvocati, non del denaro passato sottobanco, come sono soliti fare gli americani in Iraq».
Come moltissime famiglie armene, i Manouk vivono ancora nel tragico ricordo degli omicidi di massa. Durante il genocidio armeno del 1915 ad opera dei turchi ottomani, il nonno di Paul Manouk - il bisnonno delle tre orfane irachene - fu strappato alla sua famiglia dai poliziotti turchi e scomparve. Suo padre, che all'epoca aveva appena sei anni, riuscì a sopravvivere insieme a sua madre. «Ma la sorella di mio padre riteniamo sia stata rapita da un turco e costretta a sposarlo», dice Paul Manouk.
«Il destino delle altre due sorelle di mio nonno è stato terribile. A causa della lunga marcia verso sud dalla loro casa a Besni, vicino a Marash, le loro gambe si erano gonfiate per la fatica e non riuscivano più a camminare e così mia nonna decise di abbandonarle sul ciglio della strada tenendo con sé il figlio in modo da garantire la sopravvivenza del nome della famiglia. Le due ragazze non furono mai più viste».
La famiglia aveva quasi raggiunto il confine della provincia ottomana della Mesopotamia - l'attuale Iraq - a seguito della lunga marcia il cui scopo era quello della pulizia etnica quando, al pari di decine di migliaia di armeni, persero i loro cari per la fame e la stanchezza. Il genocidio costò la vita ad un milione e mezzo di armeni. Dopo l'occupazione britannica dell'Iraq nel 1917, le truppe britanniche scortarono i superstiti della famiglia Manouk a Bassora dove vive ancora oggi una delle zie che si occupano delle tre sorelle Awanis. Il loro padre, Azad Awanis, è morto nel 2004 dopo aver subito un intervento al cuore. La signora Awanis guidava il suo taxi Oldsmobile per le pericolose strade di Baghdad per mantenere la famiglia dopo la morte del marito non rendendosi conto che il suo nuovo lavoro - e un manipolo di mercenari dal grilletto facile - avrebbero reso le sue figlie orfane.
Paul Manouk ha conosciuto sua moglie, cittadina britannica, a Edinburgo nel 1974 quando seguiva il dottorato in medicina. Pur essendo in genere un uomo imperturbabile, dice di essere ancora in stato di shock per la morte della sorella più giovane.
«Mi chiedo che espressione aveva quando è morta. Non si trovava in una zona particolarmente pericolosa. Marou sta tornando dalla chiesa quando le hanno sparato insieme alla sua amica. Un'altra donna che si trovava sul sedile posteriore è rimasta ferita». Un ragazzino di 15 anni è uscito illeso dalla sparatoria. Secondo Paul Manouk sua sorella «era crivellata dai proiettili dal petto in su». In questa drammatica vicenda c'è un ultimo tocco che fa pensare alla tragica ironia del destino: a riconoscere il corpo di Marou Awanis è stato chiamato suo fratello, Albert, sopravvissuto al campo di sterminio nazista di Auschwitz.
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