De Giovannangeli non replica
alla propaganda del premier palestinese
Testata:
Data: 21/01/2008
Pagina: 10
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: Il premier palestinese all’Italia «Salvate Gaza dal dolore»

"Non è corretto mettere sullo stesso piano il panico degli israeliani e il sangue dei palestinesi. La sproporzione dovrebbe essere evidente a tutti" dichiara all'UNITA' il premier palestinese Salam Fayyad . 

I razzi kassam sono sparati sulla popolazione civile israeliana allo scopo di uccidere.
Se Israele lasciasse indisturbati i terroristi che li lanciano ne verrebbero sparati di più e con maggiore precisione. E i morti israeliani (che già ci sono) sarebbero di più). Il confronto non è dunque affatto tra "panico degli israeliani" e  "sangue dei palestinesi".

Semmai, non è corretto mettere sullo stesso piano l'aggressione terorristica palestinese, che colpisce indiscriminatamente i civili, e la risposta israeliana, mirata ai lanciatori di razzi e ai loro mandanti.

Umberto De Giovannangeli, però, non oppone questa semplice  replica, basata sui fatti al suo interlocutore.

I lettori dell'UNITA' non devono sapere che la sofferenza dei palestinesi di Gaza è la conseguenza dell'aggressione terroristica contro Israele. Devono pensare che il problema sia far cessare l'"assedio" israeliano e non la minaccia alla sicurezza di Israele (senza la quale non vi sarebbe nessuna misura difensiva).

Ecco il testo



«Dalle pagine dell’Unità voglio lanciare un appello al governo italiano, al primo ministro Prodi, al ministro degli Esteri D’Alema: so quanto abbiano a cuore la causa della pace in Medio Oriente, e sappiamo i sentimenti di amicizia che legano l’Italia al popolo palestinese. Ed è innanzitutto in nome dei principi umanitari che chiedo all’Italia di agire, assieme agli altri Paesi europei, su Israele perché ponga fine alle punizioni collettive inflitte alla popolazione civile di Gaza: il primo atto è l’immediata riapertura dei valichi di frontiera agli aiuti umanitari. Nessun diritto alla difesa può in alcun modo giustificare le sofferenze comminate a 1,5 milioni di palestinesi». Un appello accorato, un atto d’accusa durissimo. A esprimerli è Salam Fayyad, primo ministro dell’Autorità nazionale palestinese. «Non ho alcuna remora - aggiunge Fayyad - nel denunciare l’irresponsabilità di Hamas. Ma questo non legittima il pugno di ferro praticato da Israele a Gaza. Non è facendo mancare il combustibile e l’elettricità per far funzionare le pompe per la distribuzione dell’acqua e i generatori degli ospedali, che si combatte e si sconfigge il terrorismo. Semmai lo si alimenta. Lo ripeto con forza: la lotta al terrorismo non può, non deve giustificare gli attacchi condotto da Israele a Gaza che colpiscono indiscriminatamente donne, bambini, anziani». Un passato da economista, ben visto dalla diplomazia occidentale, in molti vedono Salam Fayyad come successore di Abu Mazen alla presidenza dell’Anp. «Una delle priorità del mio governo - afferma - è di riportare la legalità nei Territori e, al tempo stesso, lottare contro la povertà, utilizzando al meglio e in modo trasparente, i finanziamenti decisi dalla Comunità internazionale nella Conferenza di Parigi.»
Signor primo ministro, in una intervista a l’Unità, il vice segretario generale delle Nazioni Unite per gli affari umanitari, John Holmes, ha lanciato un grido d’allarme per l’emergenza umanitaria a Gaza.
«Quel grido d’allarme va raccolto. Subito. La Comunità internazionale non può chiudere gli occhi o restare inerte di fronte alla tragedia collettiva che si sta consumando a Gaza. Di fronte a questa tragedia, chiunque è interessato davvero alla pace e alla convivenza fra i popoli, è chiamato ad agire. La Comunità internazionale deve intervenire per far cessare l’aggressione israeliana e offrire una protezione internazionale al nostro popolo».
Protezione internazionale significa forza di interposizione nella Striscia di Gaza?
«Da tempo, il presidente Abbas (Abu Mazen, ndr.) ha espresso il suo favore verso questa ipotesi. Ne abbiamo discusso anche con il presidente Usa George W. Bush durante la sua visita a Ramallah. Le forme e i modi andranno discussi nelle sedi opportune, ma la necessità è impellente. D’altro canto, in passato anche l’Italia ha caldeggiato questa possibilità. Ritengo che sia giunto il momento di realizzarla».
Ma questa forza d’interposizione, nella proposta italiana, deve avere il consenso delle due parti…
«Discuterne con Israele non è per noi un problema: non si tratta di "internazionalizzare" il negoziato ma di sollecitare l’impegno internazionale per creare sul campo le condizioni minime perché il negoziato possa svilupparsi nel modo migliore».
Quali ripercussioni potrebbero avere i fatti di Gaza sul proseguo dei negoziati di pace israelo-palestinesi?
«Per quanto ci riguarda, abbiamo dato ampia prova del fatto che consideriamo il negoziato una scelta strategica. Ma proprio perché tale, la strada del negoziato va perseguita con determinazione e coerenza. Da parte di tutti. E non c’è dubbio che l’escalation militare israeliana come peraltro l’incessante colonizzazione dei Territori non possono non incidere negativamente sul dialogo. La pace non è un problema che riguarda solo i governanti ma innanzitutto i popoli. E la pace rischia di essere una parola priva di senso agli occhi di centinaia di migliaia di palestinesi che ogni giorno devono fare i conti con le sofferenze, le ingiustizie, le umiliazioni provocate dall’occupazione israeliana. Il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione palestinese non è solo nell’interesse del mio governo ma dovrebbe esserlo anche di Israele, perché non c’è sicurezza nell’oppressione. Il che significa che i palestinesi devono potersi muovere, le merci devono poter circolare e le esportazioni devono riprendere».
Qual è oggi, sulla base delle informazioni in suo possesso, la situazione a Gaza?
«A Gaza c’è bisogno di tutto. A cominciare dal combustibile. Le riserve di nafta possono soddisfare il fabbisogno primario per i prossimi due-tre giorni, poi le scorte si esauriranno. La mancanza di combustibile e dell’elettricità significa bloccare tutte le attività vitali nella Striscia, incluse le pompe per la distribuzione dell’acqua e i generatori degli ospedali. Questa è la realtà. Quali sono le colpe di cui si sarebbero macchiati i bambini o gli anziani ricoverati negli ospedali per i quali la mancanza di elettricità significa impossibilità di essere sottoposti alle cure necessarie?».
Israele ribatte che le misure adottate sono conseguenza del continuo lancio di razzi Qassam dalla Striscia contro Sderot, Ashqelon e il sud del Negev…
«Non è corretto mettere sullo stesso piano il panico degli israeliani e il sangue dei palestinesi. La sproporzione dovrebbe essere evidente a tutti. Detto questo, occorre avere il coraggio politico e il senso di responsabilità per affermare che il lancio dei razzi ci ha portato solo catastrofi e tempi duri…».
Il suo è un atto d’accusa contro Hamas?
«Con il colpo di mano militare condotto a Gaza, Hamas ha moltiplicato la sofferenza della popolazione civile. Con il suo agire fuorilegge, Hamas sta distruggendo le nostre aspirazioni nazionali. Per quanto è nelle mie possibilità, farò di tutto per impedire questa deriva. All’Italia chiedo di continuare ad esserci a fianco, di sostenere gli sforzi del mio governo e del presidente Abbas di ripristinare la legalità nei Territori».
Da Gaza Ismail Haniyeh, il premier destituito di Hamas, continua a parlare e ad agire come se fosse ancora primo ministro. Ciò significa che in campo c’è anche la possibilità di due Stati palestinesi?
«Assolutamente no. Questa prospettiva non esiste né ora né mai. Il colpo di mano militare di Hamas non può oscurare una verità storica: esiste un unico popolo palestinese e nel futuro c’è spazio per un solo Stato di Palestina. Uno Stato democratico, plurale, che dia a tutti la possibilità di esprimersi e di realizzarsi».
(ha collaborato Osama Hamdan)

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