Dal RIFORMISTA del 14 gennaio 2008:Con l'infausta e inquietante proposta da parte del Pdci di "boicottare" la Fiera internazionale del libro di Torino perché ospita come paese Israele, si completa il quadro culturale di un partito ancora legato al secolo breve. Quello che in teoria dovrebbe essersi concluso e invece continua a riverberarsi in celebrazioni e dispute dall'andamento retrogrado. Fosse anche solo per la dinamica retrograda delle celebrazioni: l'anno scorso abbiamo celebrato il '77 e quest'anno il '68, oppure, ancora più indietro, c'è chi vorrebbe partire dal 1848. Curioso, per quanto brillante, il giudizio di Adriano Sofri su questa ricorrenza, registrato a Che tempo che fa di Fabio Fazio, collegamento fatto per sponsorizzare il suo libro Chi è il mio prossimo , come un Celentano qualunque: «C'è una sola cosa peggiore delle celebrazioni del '68, che detesto da tempo, ed è la denigrazione di quel periodo». Ovvero, con somma ipocrisia, può e quasi deve fare schifo, da tempo, ma non si deve dire, perché l'ha già detto lui.
Picche. L'appello anti-Fiera del Pdci, lanciato da Maurizio Musolino direttore di Rinascita e rivolto ai "compagni" di Liberazione , Left , il manifesto , Aprileonline e alcune radio, ha ricevuto le prime picche. Rosse. Quelle di Stefania Podda che, in prima pagina su Liberazione , con serenità e lucidità, ha spiegato che iniziative del genere portano all'isolamento. Nel migliore dei casi, viene da aggiungere, portano all'isolamento del Pdci e di queste iniziative anti-culturali ed etnofobiche. Nel peggiore, ma meno probabile, cioè al successo dell'iniziativa, si arriverebbe all'isolamento - come se ne avessero ancora bisogno - degli scrittori israeliani e del popolo che rappresentano. Ma «così - ha aggiunto la Podda - si rischia di alimentare l'antisemitismo». Detto da sinistra, spesso accusata ingiustamente di covare in seno all'anti-israelismo uno spregevole antisemitismo, è un fatto molto importante. La denuncia di un errore con risvolti inquietanti, se applicato su larga scala. Culturale, politica, etnica. Perché con i libri si fecero le prove generali per mandare in fumo un popolo.
Il testimonial. L'altro polo, altrettanto poco dialettico, del kulturkampf del Pdci è quello paesaggistico. Comunque legato al territorio, e in maniera altrettanto purista, intransigente e, talvolta, anti-storica. Ma sicuramente più sano della campagna bibliofoba. Alberto Asor Rosa, messo da parte il calamaio a forma di falce e martello di Scrittori e popolo , è diventato agrimensore del giusto e del bello, diventando il testimonial, ma anche fattivo militante, della campagna per la salvaguardia del paesaggio della Val D'Orcia, minacciata da alcune iniziative immobiliari. Encomiabile, sul piano arcadico, battaglia per "l'umanità", perché Monticchiello, dove ha una bella casa anche Asor Rosa (basta facili ironie sul conflitto d'interessi!), è stato dichiarato patrimonio dell'umanità dall'Unesco. Quella parte della Toscana è una terra contesa da pochi oligo-ambientalisti, che hanno le ville e si oppongono anche alle costruzioni delle strade, perché deturpano il loro paesaggio, e altre persone che vorrebbero insediarsi. Una parodia di altre, più importanti e gravi, dispute territoriali. Trattate però, come nel caso della Fiera di Torino, con la lungimiranza di un geometra della par condicio: non potete ospitare scrittori israeliani (per la cronaca, stiamo parlando di Oz, Grossman e Yehoshua, tra gli altri), se non ospitate anche scrittori palestinesi. Peccato che Ernesto Ferrero li abbia invitati prima che scoppiasse questa assurda polemica.
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