Intervista al vice capo di Hezbollah
Ma le domande di Udg non sono all'altezza
Testata:
Data: 06/01/2008
Pagina: 12
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: Governo di unione o paralizzeremo il Libano
Intervistare il vide segretario generale di Hezbollah va benissimo, è sempre utile conoscere l'opinione del vice segretario di un gruppo terrorista. A patto che non si dimentichi con si ha a che fare. E' quanto invece non fa Umberto De Giovannangeli sull'UNITA' di oggi, 06/01/2008, a pag.12, in un articolo dal titolo " Governo di unione o paralizzeremo il Libano", un'intervista con Naim Kassem. Un'intervista vale se le domande sono approppriate, incalzanti, se contraddicono le eventuali falsità dell'intervistato. E' quanto manca a Udg, che si accontenta della versione di Kassem, anche quando sarebbe facile rispondergli di non ciurlare nel manico. Forza, Udg, un altro sforzo, ormai anche l'UNITA' dovrebbe aver capito da che parte stare. O no ?
Ecco il pezzo:
«Pretendono di governare da soli e vogliono imporre una modifica costituzionale che glielo permetta. Ma in questo modo condannano il Libano ad una spaccatura irrimediabile. È questo che vogliono? Sono questi gli ordini che hanno impartito gli americani? Hezbollah non lo permetterà. Siamo pronti, se sarà necessario, a bloccare il Paese con la disobbedienza civile e la protesta popolare». A parlare è l’uomo che assieme ad Hassan Nasrallah guida Hezbollah: lo sheikh Naim Kassem. I suoi avversari lo considerano uno degli uomini che ha nelle mani il futuro del Libano. È lui, più di Nasrallah, l’interlocutore privilegiato dell’uomo forte del regime iraniano, Ali Khamenei. In questa intervista a l’Unità, il vice segretario generale di Hezbollah parla anche della missione Unifil nel Sud Libano, nella quale sono impegnati più di duemila militari italiani. «C’è chi voleva fare dell’Unifil - afferma Kassem - il braccio armato di Israele nel Sud Libano. Ciò non è stato. È questo è un bene. Per tutti».
Il Libano continua a vivere una situazione di paralisi istituzionale. Lo scontro sulla nomina del nuovo capo dello Stato non accenna a risolversi. Hezbollah punta alla spaccatura del Paese?
«No, sono altri semmai che operano perché ciò avvenga. Vogliono (la maggioranza antisiriana che sostiene il governo di Fouad Siniora, ndr.) governare da soli e per farlo intendono stravolgere la Costituzione. Agiscono sotto imput americano. Ma è un gioco rischioso, perché può portare ad una lacerazione irrimediabile. Noi non lo vogliamo...».
Il premier Siniora è di parere opposto.
«Questo governo ha fallito su tutti i fronti. Questo governo ha tentato di eliminare le crisi e ne ha create altre. Noi non vogliamo controllare tutto, ma vogliamo partecipare alle decisioni che riguardano il futuro di tutta la popolazione libanese. Per questo abbiamo proposto di decidere assieme il nome del nuovo capo dello Stato e al contempo dare vita a un governo di unità nazionale nel quale ognuno conta per ciò che rappresenta. Niente di più, niente di meno. La risposta che abbiamo avuto è stata una chiusura totale..».
Lei non è stato tenero con le forze della maggioranza, accusandole di voler imporre la tutela americana sul Libano. Su queste basi che senso ha proporre un governo di unità nazionale?
«Questa proposta serve a evitare che il Libano divenga un feudo straniero.alla mercé di americani e israeliani. Nessuno in Libano può pretendere di monopolizzare tutte le decisioni. Nonostante le continue chiusure, continuiamo a chiedere a tutte le forze libanesi di costruire assienme uno Stato forte in linea con la Costituzione e con gli accordi di Taif (che nel 1990 hanno posto fine dopo 15 anni alla guerra civile libanese, ndr.)».
Insisto: c’è chi teme che questo interminabile stallo politico-istituzionale possa sfociare in una nuova guerra civile?
«Non è questo il nostro proposito e faremo di tutto perché ciò non accada. Ma non dipende solo da noi. Di certo non siamo disposti a cedere ai diktat americani. Il Libano non prenderà ordini dal signor Bush. A chi ci accusa di voler spaccare il Paese, rispondiamo rilanciando la proposta di un esecutivo in cui tutti i libanesi, al di là di ogni appartenenza etnica, politica e religiosa, possano riconoscersi».
Ma se questa richiesta dovrebbe, come sembra, essere rispedita al mittente, quale sarà la risposta di Hezbollah?
«In quel caso chiameremo i libanesi ad una grande mobilitazione popolare, pacifica, contro coloro che intendono continuare a monopolizzare il potere. Una cosa è certa: quando attueremo la protesta vorrà dire che tutti gli sforzi di mediazione sono definitivamente falliti. A quel punto, che spero non si raggiunga, faremo i nostri passi, che saranno compiuti all’interno dell’ordinamento democratico. Non sarà la nostra gente ad imbracciare le armi contro altri libanesi».
C’è chi minaccia di bloccare porti, aeroporti, l’amministrazione pubblica...».
«La disobbedienza civile non può essere criminalizzata. Noi non accetteremo che ciò avvenga».
I vostri avversari sostengono che una delle ragioni dell’ostracismo di Hezbollah è la costituzione del tribunale Onu chiamato a fare piena luce sull’assassinio dell’ex premier libanese Rafiq Hariri.
«Non è vero. La nostra posizione è chiara: il processo Hariri non dovrà essere politico ma solo penale e dovrà essere fatto rispettando i principi giuridici libanesi. Su queste basi non esiste alcun ostracismo da parte nostra».
Una delle questioni dirimenti è il disarmo delle milizie di Hezbollah. Qual è la sua risposta?
«Quelle armi sono servite per opporsi, con successo, all’aggressione israeliana. Israele non può esistere senza aggredire, se non fossimo stati preparati ci sarebbe stato un disastro. La resistenza non smobiliterà finché non saremo certi che vi è una strategia difensiva che possa gestire il problema delle aggressioni di Israele. Un impegno che non è in contraddizione con la necessità di rilanciare l’esercito libanese e dargli il ruolo che gli spetta».
Nel Sud Libano è operativa la missione Unifil. Qual è il giudizio di Hezbollah?
«C’è chi voleva fare dell’Unifil il braccio armato di Israele nel Sud Libano. Ciò non è avvenuto. E questo è un bene. Per tutti».
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