Blair fra Olmert e Barak
l'analisi di Anna Momigliano
Testata:
Data: 01/12/2007
Pagina: 1
Autore: Anna Momigliano
Titolo: Blair fa il mediatore (però tra israeliani)

Sui rapporti all'interno del governo isrealiano, pubblichiamo l'analisi di Anna Momigliano sul RIFORMISTA di oggi, 01/12/2007 a pag.1.

In Israele il caso politico ha un nome e cognome, Ehud Barak, e la faccenda si è fatta talmente seria che in mezzo ci si è dovuto mettere Tony Blair. Sono mesi che il ministro della Difesa, nonché leader del partito laburista, Barak tenta di mettere il bastone tra le ruote al premier Ehud Olmert: più o meno da quando è stato annunciato il vertice di Annapolis, e ancor più da quando è cominciato a diventare chiaro che qualcosa dal summit sarebbe uscito. Fin dall'inizio Barak ha cominciato a remare contro la conferenza di pace, sostenendo che le concessioni ai palestinesi avrebbero messo a repentaglio la sicurezza di Israele. Un'obiezione che suona un po' strana se sollevata da uno come Barak, che passò alla storia come "il premier che fece più concessioni agli arabi": c'era lui a capo del governo ai tempi degli accordi di Camp David II, nel 2000. Barak per tradizione è una colomba, nell'accezione israeliana del termine che prevede comunque un solido background militare. Il suo curriculum somiglia a quello di un Rabin minore: un passato da eroe di guerra, da giovane guidava il più prestigioso commando d'élite dell'esercito, il sayeret maktal , si racconta sia pure un esperto di arti marziali, ma da quando è entrato in politica ha sempre sostenuto il processo di pace, e nel 1999 ha vinto le elezioni proprio grazie alla promessa di porre fine alla guerra in Libano. Adesso i ruoli si sono invertiti: Olmert, tradizionalmente considerato un falco, sostiene la Roadmap, mentre Barak fa di tutto per bloccarlo. È persino andato a Washington nel tentativo di convincere Dick Cheney che prima di un accordo con gli arabi serve un sistema anti-missilistico stratificato (roba futuristica pure per gli americani) a Tel Aviv. Ora, in Israele vale una sorta di legge del contrappasso: per vincere una guerra serve la sinistra, per fare la pace è meglio la destra. Eppure negli attacchi di Barak c'è qualcosa che non quadra: «Le motivazioni ciniche del ministro della Difesa sono evidenti», scrive Yediot Ahronot , «ostacolando la pace di Olmert spera di consolidare le proprie credenziali di garante della sicurezza in vista delle prossime elezioni». Un'altra interpretazione maligna è che, dopo il fallimento del suo accordo di pace, Barak proprio non può sopportare che Olmert riesca dove lui ha fallito - chi ha lavorato a stretto contatto con Barak ai margini di Camp David racconta che i negoziati sono saltati anche per la sua incapacità di negoziare.
Adesso Barak minaccia di lasciare il governo quando il suo partito avrà i numeri per guidare il paese. Cioè non a breve. Inoltre un sondaggio pubblicato ieri da Yediot sostiene che la posizione di Olmert si sta consolidando. Ma comunque la situazione è sgradevole, e quindi ad abbassare i toni arriva Blair, che da inviato per il Medio Oriente ha rilasciato un'intervista a Haaretz , in cui si parla molto del caso Barak. Blair racconta di essersi confrontato con il ministro della Difesa e di esserne uscito ottimista: non è ancora convinto, però ascolta. A tratti prende le difese di Barak, se è tanto scettico su Annapolis bisogna capirlo: è rimasto scottato da Camp David. Umanamente, ne tesse pure l'elogio: ci sono due tipi di politici, spiega, quelli che ragionano in base ai propri tornaconti e quelli pensano a fare la cosa giù. «Barak appartiene alla seconda categoria».

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