Da Il TEMPO del 23 ottobre 2007:LE INATTESE dimissioni di Ali Larijani, il negoziatore iraniano sul
programma nucleare di Teheran, hanno sorpreso molti in Occidente: oggi, al
previsto appuntamento romano con il capo della diplomazia europea, Javier
Solana, Larijani verrà con il suo successore, il quasi sconosciuto
sottosegretario agli affari esteri Said Jalili, per il passaggio del
testimone.
Il cambio della guardia è stato interpretato come un'indicazione della
crescente influenza dei falchi a Teheran. Per contro, Larijani era benvoluto
nei circoli diplomatici dell'Unione Europea. Secondo fonti del Consiglio
Europeo, Solana e Larijani avevano instaurato un ottimo rapporto personale,
trascorrendo ore a discutere non solo del programma nucleare iraniano ma
anche intessendo un dialogo sui massimi sistemi. A Larijani è attribuita
un'ottima conoscenza della cultura occidentale. È un sofisticato
intellettuale con cui la conversazione spazia dalla politica alla filosofia.
Un Larijani che disquisisce di Kant in elegante inglese non è per questo
predisposto al dialogo più del suo presidente, Mahmoud Ahmadinejad, a
cagione delle sue rozze esternazioni, ma chiaramente ha affascinato (e
probabilmente illuso) Solana. Il fatto è che Larijani, come il suo
predecessore e presumibilmente il suo successore, non ha mai ceduto sulla
posizione iraniana. Dal 2003, quando sotto la presidenza di Mohammad Khatami
(definito un moderato in Occidente), i segreti nucleari iraniani vennero
alla luce, quella posizione non è mai cambiata.
Quel che è cambiato è la continua disponibilità occidentale a venire
incontro alle posizioni iraniane nell'illusione che nuove concessioni
persuaderebbero Teheran. Un grave errore, che ha permesso al programma
nucleare iraniano di guadagnare tempo. A prescindere da chi guida il paese e
da chi negozia, l'Iran insiste sul suo diritto ad arricchire l'uranio e a
completare il ciclo del combustibile nucleare, che gli permetterebbe di
produrre armi nucleari; le uniche differenze sono semmai tattiche. Fu
Larijani, dopotutto, a rifiutare sommariamente il pacchetto di straordinari
incentivi economici e diplomatici offerti da Russia, Cina, Europa e Stati
Uniti a giugno dell'anno scorso. Larijani ha un passato rivoluzionario non
meno radicale di Ahmadinejad. Entrambi sono nazionalisti persiani e credono
nel diritto dell'Iran ad assurgere a potenza egemone regionale, ben
comprendendo che l'ingresso al club nucleare è la miglior garanzia di
successo. La sorpresa occidentale per quest'improvvisa sostituzione è dunque
mal posta.
La nuova faccia diplomatica dell'Iran non potrà intrattenere Solana in
dialoghi metafisici forse, ma il messaggio è lo stesso di sempre. Sta ai
nostri diplomatici capirlo con chiarezza, senza farsi distrarre da
disquisizioni su Kant
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