D'Alema esclude l'opzione militare per fermare i progetti nucleari iraniani. Meglio "rafforzare l´offerta negoziale", confermando ancora una volta a Teheran che il ricatto e la crescente intransigenza pagano.
El Baradei sulla base di valutazioni incerte, i contrasto con altre più pessimistiche, stima in un periodo compreso tra i tre e gli otto anni il tempo necessario all'Iran per dotarsi di armi nucleari. Fino ad allora possiamo e dobbiamo stare tranquilli, pensando soprattutto a evitare una guerra. E dopo ?
El Baradei non lo dice, ma seguendo la sua logica suicida dovremo stare ancora più tranquilli, sperando di evitare una guerra nucleare.
A questa fiera di assurdità si aggiunge l'idea dell'ingresso nella NATO di Israele e dei paesi arabi inclusa... la Siria.
La REPUBBLICA riferisce come se si trattasse di perle di saggezza, incomprese da Israele e Stati Uniti.
Ecco il testo:
NAPOLI - «Non è giusto parlare di altre guerre, bastano già quelle esistenti». Massimo D´Alema scarta l´ipotesi di una guerra all´Iran dopo che recentemente il presidente Bush e il suo vice Cheney avevano evocato nuovi conflitti. Oggi pomeriggio si incontrano a Roma per discutere del dossier nucleare Javier Solana, rappresentante per la politica estera dell´Unione europea, e i due negoziatori iraniani Ali Larijani (appena dimissionato) e Said Jalili, suo successore. Il rappresentante dell´Agenzia internazionale per l´energia atomica (Aiea), Mohamed Baradei, ha fatto sapere alla vigilia che Teheran non è in grado di produrre armi nucleari a breve termine: ci vorranno dai tre agli otto anni. E già monta il malumore negli Stati Uniti e in Israele per queste sue dichiarazioni. Per il ministro D´Alema è importante, però, lavorare in due direzioni: premere su Teheran perché non si arrivi all´atomica e «rafforzare l´offerta negoziale all´Iran».
A Napoli il ministro degli Esteri italiano giunge per una tavola rotonda sulla pace tra israeliani e palestinesi insieme al ministro dell´Interno d´Israele Meir Shitrit e Jamal Zakout, consigliere di Abu Mazen. Ma l´appuntamento, nell´ambito del convegno interreligioso della Comunità di Sant´Egidio, non ha nulla di accademico. Perché alla vigilia della conferenza di Annapolis, che per Washington dovrà rilanciare il processo di pace in Medio Oriente, sia D´Alema che il ministro Shitrit mettono sul tavolo carte molto importanti e significative. D´Alema invita a lasciare da parte le road map, che non si sa dove portano, mentre è urgente passare alla realizzazione di un «accordo di pace». «C´è il problema della sicurezza - ha detto - e la questione dello sviluppo economico». Alla prima esigenza si può rispondere con un «coinvolgimento della Nato, una partnership per la pace che comprenda Israele e i paesi arabi». Sull´altro versante c´è l´offerta di un´»associazione speciale di Israele, Palestina e Giordania all´Unione europea». E qui, rimarca, «sento di potere dire noi». Insomma, si profila una disponibilità dell´Europa intera.
In questo quadro il ruolo degli europei alla prossima conferenza potrebbe diventare molto più incisivo. A Repubblica il ministro degli Esteri specifica la sua idea di partnership Nato: «Un accordo regionale, simile a quello stretto dalla Nato con i paesi ex sovietici» e si capisce che abbraccerebbe, oltre a Israele e alla futura Palestina, anche una serie di paesi arabi. Dalla Siria all´Egitto, eventualmente. Ma D´Alema sottolinea: tocca agli stati della regione dire se sono interessati, non è a Roma o in Europa che si fa un elenco a priori.
Altrettanto concreto e innovativo l´intervento del ministro israealiano Shitrit. «Vogliamo negoziare seguendo l´iniziativa dell´Arabia saudita», dichiara. Ed è un enorme salto in avanti rispetto alla posizione, tenuta ancora l´anno scorso da Shimon Peres durante la sua visita a Roma e in Vaticano, quando dichiarò che non gli interessava parlare del piano saudita.
Ora invece Shitrit, esponente del partito Kadima del premier Olmert, cita espressamente il piano della Lega araba, che prevede il ritiro dai territori occupati nel 1967 e la normalizzazione completa dei rapporti con Israele. «Vogliamo fare l´accordo con tutti i paesi arabi», proclama il ministro israeliano.
Roma al centro della politica internazionale e Massimo D'Alema nel ruolo del pacificatore del mondo nell'articolo di Umberto De Giovannangeli pubblicato dall' UNITA' :
Passa per Roma il tentativo di evitare che il braccio di ferro sul nucleare iraniano sfoci in una nuova, devastante guerra. È a Roma che oggi s’incontreranno Ali Larijani e Said Jalili, l’ex capo negoziatore iraniano e il suo successore, e Javier Solana, responsabile della politica estera e di sicurezza dell’Unione Europea. Un incontro cruciale per evitare un precipitare della situazione, dice a l’Unità una fonte diplomatica della Farnesina, e il fatto che i colloqui avvengano a Roma, aggiunge, «è il riconoscimento unanime del ruolo di primo piano che l’Italia sta svolgendo su questo fronte». A sostanziare la linea di condotta del nostro Paese è Massimo D’Alema.
Da Napoli dove ieri ha partecipato al convegno di Sant’Egidio, il titolare della Farnesina ha ribadito che di fronte ai programmi nucleari iraniani, «si deve lavorare per una soluzione politica, e diplomatica». «Credo - ha spiegato il vice premier - che ci siano le condizioni per arrivarvi». «Non mi sembra giusto - ha affermato - che si parli di guerre. Sono già abbastanza quelle che ci sono, senza dover aggiungerne altre».
D’Alema non ha voluto fare previsioni sull’incontro di oggi tra la delegazione iraniana e Solana. «Sarà certamente un’occasione - ha osservato - per capire la posizione iraniana anche dopo i dubbi sollevati dalle dimissioni di Larijani e dalla sua sostituzione». «La questione è complessa - ha aggiunto il capo della diplomazia italiana - Credo che si debba premere su Teheran, ma anche rafforzare l’offerta negoziale che la comunità ha fatto e continua a fare». Estendere il negoziato oltre il nucleare: è la posizione italiana. Del dossier iraniano D’Alema aveva parlato anche in mattinata, partecipando a Bari alla sessione di apertura della 57ma Conferenza mondiale degli scienziati per il disarmo «Pugwash». «Io credo - ha sostenuto il vice premier - che l’Iran debba da una parte portare avanti, con molta serietà, il dialogo che si è aperto con l’Agenzia atomica, perché questo consentirà di chiarire le attività che in passato l’Iran ha svolto in modo clandestino: lo svolgimento di queste attività clandestine è stata una delle ragioni della rottura del rapporto di fiducia tra l’Iran e la Comunità internazionale». «Nello stesso tempo - ha proseguito - continua il dialogo con Solana e con la Comunità internazionale alla ricerca di una soluzione che, da parte nostra, comprende il riconoscimento del diritto iraniano al nucleare civile. Quindi il problema da parte dell’Iran, è di valutare con serietà questa offerta e di entrare nel negoziato». «Naturalmente, - ha aggiunto D’Alema - ci sono le risoluzioni del Consiglio di sicurezza che comportano che per entrare nel negoziato si debba sospendere l’arricchimento dell’uranio. Da parte iraniana non è mai venuta una indicazione in questo senso. Neppure nel senso di un congelamento agli attuali livelli». «Quello che preoccupa - ha concluso al riguardo il ministro degli Esteri - è l’aumento delle attività di arricchimento che è stato ed è estremamente forte: sembra nelle sue dimensioni non compatibile con l’idea di un nucleare civile».
Basta e avanza per fotografare la complessità del dossier iraniano e l’importanza dell’incontro di Roma.
Per sminuire la minaccia iraniana Il MANIFESTO si concentra sule dichiarazioni di El Baradei: