Il dibattito sulla futura Costituzione in Israele
inserire o meno un richiamo alle radici ebraiche ?
Testata:
Data: 16/10/2007
Pagina: 1
Autore: Anna Momigliano
Titolo: Le radici ebraiche ci saranno o no?
Dal RIFORMISTA del 16 ottobre 2007:

Israele ha tirato avanti senza una costituzione scritta per quasi sessant'anni, ma questa volta la costituzione s'ha proprio da fare. L'idea era stata lanciata più di un anno fa dal primo ministro Ehud Olmert e dall'allora presidente Moshe Katsav, ma solo ora la Knesset, il Parlamento unicamerale di Gerusalemme, ha cominciato a lavorarci a tempo pieno. La tabella di marcia è serrata, ogni settimana ben dodici ore saranno dedicate all'arduo compito di stendere una bozza costituzionale, ieri il quotidiano Haaretz scriveva di deputati letteralmente «disperati» per la mole di lavoro, del resto il tempo è tiranno: l'obiettivo è avere una costituzione, o un testo che molto vi somigli, per il sessantesimo anniversario della nascita di Israele, che cade il prossimo 8 maggio (l'indipendenza è stata dichiarata il 14 maggio 1948, ma la ricorrenza segue il calendario ebraico, sfasato di qualche giorno). Difficilmente, tuttavia, l'obiettivo sarà raggiunto nei tempi prefissati. Anche perché, a più di un anno dalla legge che ha conferito alla Knesset i poteri di assemblea costituente (luglio 2006), i parlamentari israeliani sono ancora arenati al preambolo.
Le divisioni, in modo non dissimile alla vicenda europea, ruotano quasi tutte intorno alla stessa domanda: inserire o meno un richiamo alle radici ebraiche all'inizio della costituzione? Per ora, le scuole di pensiero sono quattro: c'è chi vorrebbe definire Israele come «Stato ebraico», specificando in altra sede che Israele è anche «Stato democratico»; c'è chi vorrebbe mitigare la formula definendo Israele Stato contemporaneamente «ebraico e democratico»; poi ci sono i laici, che parlano di uno «Stato della nazione ebraica»; infine ci sono i deputati arabi, che vorrebbero evitare qualsiasi riferimento e che per protesta hanno disertato (con l'eccezione di Talab Al-Sana) il dibattito in aula. Ma anche tra coloro che vorrebbero uno «Stato della nazione ebraica» e i sostenitori dello «Stato ebraico», il distinguo va ben oltre la forma: è uno scontro tra laici e religiosi.
I primi si richiamano alla tradizione laica e nazionalista che risale al Sionismo della prim'ora, quello teorizzato alla fine dell'Ottocento da Theodor Herzl; i secondi a una scuola di pensiero più recente, che vede in Israele uno Stato confessionale assai diverso da quello che il padre del Sionismo aveva in mente: non è un caso che Herzl abbia scritto di Judenstaat , Stato degli ebrei, e non di jüdischer Staat , Stato ebraico.
L'acceso dibattito tra sionisti laici e religiosi non è certo nuovo, ma finora non aveva toccato il progetto di una costituzione. Da un lato, perché fino a poco tempo fa i religiosi aborrivano tout court l'idea di un documento che avesse un valore superiore alla legge rabbinica: si racconta che qualche anno fa Aryeh Deri, allora leader del più grande partito religioso, lo Shas, dichiarò che avrebbe bocciato qualsiasi carta costituzionale, «anche se fosse ispirata ai Dieci Comandamenti». Dall'altro lato, per molto tempo i laici fecero ben poco per mettere a punto una costituzione. Eppure, già nel 1948 la dichiarazione d'Indipendenza stabiliva la creazione di un'assemblea costituente: tuttavia, tra guerre, burrasche politiche e opposizione dei religiosi, negli ultimi 60 anni Gerusalemme non ha mai trovato il tempo per il progetto. Di conseguenza, l'ordinamento israeliano si è finora basato sulle cosiddette "Leggi fondamentali", nove leggi approvate a partire dal 1950, che stabiliscono tra le altre cose le funzioni di Knesset, Presidente e governo, e l'universale diritto alla dignità e alla libertà. Solamente nel 1998 le "Leggi fondamentali" hanno ottenuto un valore quasi-costituzionale: lo stabilì una sentenza della Corte suprema, allora presieduta dal giudice progressista Aharon Barak. L'idea di Barak, nelle parole di un'esperta legale, era insomma trasformare Israele da «paese senza costituzione», a paese «che agisce come se avesse una costituzione».

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