Contraddittoria, irragionevole, amica dei terroristi: la politca estera di D'Alema
un commento di Angelo Pezzana e un editoriale
Testata:
Data: 05/09/2007
Pagina: 16
Autore: Angelo Pezzana - la redazione
Titolo: D'Alema e Abu Mazen, un incontro inutile se fa il gioco di Hamas - Il Massimo dell’impudenza

Da LIBERO del 5 settembre 2007( a pagina 16), un articolo di Angelo Pezzana:

Si fa fatica a capire quali siano le ragioni che hanno spinto il nostro ministro degli esteri ad incontrarsi di nuovo con l’Autorità palestinese. Novità che lo giustifichino non ce ne sono, dato che anche  l’ultimo incontro Olmert-Abbas non ha prodotto nulla di nuovo. In più, Tzipi Livni ha avvertito Condi Rice che non bisogna farsi eccessive illusioni sull’incontro di novembre a Washington, nessuna “ aspettativa irragionevole”, ha dichiarato lunedì incontrando il primo ministro Salam Fayad. Che ci sia andato a fare D’Alema è quindi un mistero, anche perchè, ad ogni iniziativa, la nostra politica estera si ingarbuglia sempre di più. Mentre da un lato si presenta come il propugnatore  verbale per eccellenza della pace, dall’altro non perde occasione per presentarsi -  a differenze degli altri stati europei e dell’Unione europea – come il sostenitore del “dialogo” con Hamas e con gli stati che aiutano gruppi e movimenti terroristi. La scusa del dialogo, che non ha mai portato alla sconfitta di nessun terrorismo, è naturalmente brandita per addossare a Israele tutte le responsbilità, in una situazione politica che vede lo stato ebraico privo, al momento, di qualsiasi soluzione immediata per mancanza di un vero partner con il quale condurre le trattative. Abbas (Abu Mazen), pur dichiarandosi arcinemico di Hamas e difensore delle posizioni moderate, riesce in  realtà a sopravvivere,  forse non solo poltiticamente, grazie alla presenza dell’esercito israeliano, che finora ha impedito ai padroni di Gaza di estendere il loro potere anche sulla Cisgiordania. Sia Abbas, che Prodi e D’Alema, sanno benissimo che per Israele sarebbe un suicidio avere ai propri confini uno stato governato da Hamas. L’aeroporto di Tel Aviv dista cinque km in linea d’aria da quello che che dovrà essere il futuro stato palestinese. E’ immaginabile che a governarlo siano gli stessi che da Gaza, in due anni non sono riusciti a fare altro che lanciare missili Kassam su Israele e fare un colpo di stato contro l’Anp impadronendosi del potere ? E’ evidente che no, ma Prodi e D’Alema fanno finta di non saperlo, o forse non ci arrivano proprio, il che fa lo stesso, il risultato non cambia. Salutato Mahmoud Abbas, D’Alema andrà a trovare Ehud Olmert, che lo riceverà con i soliti sorrisi che non si negano mai a nessuno,  gli dirà anche lui che è “irragionevole”, vista la situazione interna palestinese, farsi delle eccessive speranze sulla conferenza di novembre. Far retrocedere Hamas, sembra che abbia detto D’Alema, bene, ci spieghi come, senza tante inutili chiacchiere.

Da pagina 3, l'editoriale del FOGLIO:

In visita a Ramallah il ministro degli Esteri italiano ha esibito il massimo di deferenza per il presidente Abu Mazen, sottolineando che l’incontro si svolgeva con lui e non con Hamas. Ci mancherebbe altro. Le incaute aperture di credito del governo italiano a un impossibile dialogo con Hamas hanno scatenato una specie di guerra diplomatica. Il responsabile della politica estera europea Javier Solana, su questo punto, è stato altrettanto netto di Condoleezza Rice (forse persino di più, visto che le aperture di D’Alema mettevano in discussione il suo ruolo personale). Il premier israeliano Ehud Olmert aveva protestato direttamente con Romano Prodi per le posizioni del suo vice che Prodi stesso era parso avallare, seppure con una dichiarazione contraddittoria e incomprensibile. La risposta dello stesso presidente palestinese Abu Mazen è stata nettissima, ribadita ieri nella nuova condanna del golpe di Hamas a Gaza, espressa alla presenza di un imbarazzatissimo D’Alema, al quale il premier del governo palestinese ha ripetuto, chiaro e tondo, che chi vuole un dialogo con Hamas commette un gravissimo errore. Per Salam Fayyad i dirigenti di Hamas debbono “andare al diavolo”, altro che dialogo.
Solo D’Alema si dice convinto della assoluta linearità della sua condotta, ribadisce di non aver mai avuto alcun dubbio sull’esigenza di appoggiare in tutto e per tutto gli sforzi di pace di Abu Mazen, il presidente che gli uomini di Hamas hanno tentato più volte di assassinare. Se le cose stessero così, perché mai i leader della formazione golpista e terrorista che sottopone la striscia di Gaza a una feroce oppressione, avrebbero più volte ringraziato il governo di Roma, indicandolo come esempio di indipendenza dall’America e dallo stesso quartetto? Evidentemente per D’Alema sono gli altri, tutti gli altri, a non aver capito niente, non lo sfiora neppure il dubbio di essersi, almeno, spiegato male. Così, anche quando recita l’autodafé a Ramallah, appare insopportabilmente arrogante.

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