Il pacificatore fallito che D'Alema imita
elogi fuori luogo a Miguel Angel Moratinos, ministro degli Esteri spagnolo
Testata:
Data: 01/08/2007
Pagina: 7
Autore: Sonia Oranges
Titolo: Il pacificatore Moratinos come D'Alema Parla con Hezbollah (nonostante gli Usa)
Il ministro degli Esteri spagnolo Miguel Angel Moratinos è detto "il pacificatore" dalla stampa spagnola.
Finora, questo campione del pregiudizio antisraeliano delle diplomazie europee non è mai riuscito a pacificare alcunché. Una conferma, per chiunque non rifiuti di prendere in considerazione i fatti, che con il radicalismo islamico che vuole distruggere Israele (così come le altre democrazie liberali), raggiungere un accordo è impossibile.
Sonia Oranges, sul RIFORMISTA del 1 agosto 2007, di guardare ai fatti non ne vuol sapere. Elogia Moratinos e porta il suo dialogo con Hezbollah a esempio per giustificare le analoghe aperture di D'Alema verso il gruppo terroristico sciita e verso Hamas.

Ecco il testo dell'articolo:


In patria la stampa lo chiama «il pacificatore» perché continua a ripetere che «lo sforzo personale, fino all'ultimo minuto, avvicina sempre le posizioni e può avviare una nuova dinamica suscettibile di risultati positivi»: e anche nella visita che lo impegna in questi giorni in Medio Oriente, il ministro degli Esteri spagnolo Miguel Ángel Moratinos è rimasto fedele a questa linea che, se formalmente pare andare a braccetto con quella del suo omologo francese Bernard Kouchner (che la scorsa settimana ha ripercorso analoghe tappe), di certo è assai simile a quella del ministro degli Esteri italiano Massimo D'Alema: bisogna parlare con tutti. E non a caso, nella sua trasferta libanese, Moratinos ha scelto d'incontrare anche il numero due di Hezbollah, Naim Qassam, ideologo del movimento sciita del paese dei cedri, nonché additato dal presidente americano George W. Bush come il responsabile di alcuni attentati terroristici nell'area. Difficile immaginare che la notizia sarà gradita dalla Casa Bianca, da sempre in rotta di collisione con il governo socialista dell Moncloa, anche se lo sforzo profuso dai ministri dell'Unione Europea è finalizzato a evitare che la crisi precipiti (e si trasformi in una guerra civile) prima delle prossime elezioni presidenziali che, presumibilmente, si svolgeranno a fine settembre.
«Tutte le parti devono partecipare alla soluzione della crisi libanese», ha ribadito Moratinos, pur confermando che la matassa è difficile da sbrogliare. «Siamo molto vicini a un accordo, ma c'è ancora della strada da percorrere, alla fine dell'incontro con il leader di Hezbollah, mostrando grande interesse per l'iniziativa prospettatagli dal presidente del parlamento Nabih Berri (membro dell'opposizione filosiriana), che secondo i rumour andrebbe nella direzione di un governo di unità nazionale che conduca il paese fuori dalla paralisi istituzionale in cui è immerso dallo scorso novembre, quando si dimisero sei ministri dell'esecutivo di Fuad Siniora. Si vedrà. Di certo, il necessario ottimismo sembra aver sostenuto Moratinos anche nell'altro difficile incontro del suo viaggio, quello con il presidente siriano Bashar Assad, uno dei “cattivi” che pesano sulla crisi libanese. Al termine dell'incontro, il capo della diplomazia spagnola ha parlato di una politica siriana «molto costruttiva» nei confronti del Libano: «La Siria sostiene l'iniziativa spagnola e francese», ha commentato alla fine del colloquio. Anche in questo caso si vedrà, seppur sembra che i convenuti stiano facendo i conti senza l'oste.
In questo caso Teheran, che sembra non aver gradito le dichiarazioni del francese Kouchner secondo cui è necessario stressare Siria e Iran per evitare che il Libano ripiombi nel caos. «Spero che la traduzione delle dichiarazioni di Kouchner sia sbagliata - ha affermato tagliente il ministro degli Esteri iraniano Mohammad Ali Hosseini - perché in caso contrario sarebbe da mettere in dubbio il realismo e la comprensione degli affari libanesi. Kouchner sa perfettamente che i veri ostacoli per una soluzione sono gli americani e le loro politiche». Per ora, gli Stati Uniti mantengono un profilo basso e lasciano mano libera agli europei, pur essendo anche'essi impegnati nell'area, come dimostra la presenza in Medio Oriente del segretario di Stato Condoleezza Rice e il segretario alla Difesa Robert Gates. Tutto questo a pochi giorni dalle elezioni suppletive libanesi che si svolgeranno domenica prossima, per sostituire due parlamentari del blocco antisiriano. Assenti perché assassinati. E gli scontri tra le varie fazioni, sono già cominciati. Stavolta tra i seguaci di Amin Gemayel e di Michel Aoun, entrambi cristiani, si badi, che si contendono il seggio di Metn, quello che fu di Pierre Gemayel, ucciso lo scorso novembre.


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