Il vertice di ieri a Gerusalemme, nella residenza del premier israeliano, conferma la volontà di Olmert e Abu Mazen di confinare Hamas fuori dai giochi politici. «È ora di parlare di questione legate al final status», ha avvertito il capo negoziatore palestinese Saeeb Erekat poco prima del summit. «È l’ultimo test per Abu Mazen» avvertiva dal canto suo il ministro israeliano degli interni Meir Sheetrit. «Ora il presidente palestinese non ha nulla da perdere», aggiunge l’esponente di Kadima, mentre «in passato ha dovuto essere compiacente con Hamas e quindi non ha voluto combattere contro il partito islamico ».
Entrambi i leader, Olmert e Abu Mazen, hanno discusso per oltre due ore su una serie di misure da parte israeliana che dovrebbero servire a rafforzare il potere del presidente palestinese in Cisgiordania. Le più imminenti sono: la liberazione, programmata per venerdì prossimo, di 250 detenuti palestinesi legati a Fatah e, come gesto di buona volontà, l’interruzione della caccia a 180 miliziani delle Brigate dei martiri di al-Aqsa che in cambio si impegnano a rinunciare alla lotta armata contro Israele, e a consegnare le armi all’Anp. Molti di loro saranno successivamente inquadrati nei servizi di sicurezza dell’Anp. Infine lo stato ebraico consentirà l’ingresso nei Territori di alcuni dirigenti dell’Olp, fra cui Faruq Qaddumi e Nayef Hawatmeh, segretario generale del Fronte democratico per la liberazione della Palestina. Questi ultimi potranno così partecipare a una riunione dei vertici dell’Olp cui Hamas non ha mai deciso di aderire – convocata per sostenere Abu Mazen e il governo Fayyad. Il quotidiano Maariv aggiunge che due giorni fa le forze armate del presidente palestinese avrebbero ricevuto dalla Giordania una considerevole quantità di armi e munizioni, con l’assenso dello stato ebraico.
Malgrado queste misure il premier Fayyad ha affermato in un’intervista al quotidiano israeliano Haaretz che non saranno sufficienti a rafforzare Abu Mazen, il quale necessiterebbe piuttosto della ripresa di negoziati sull’assetto definitivo nei Territori. Fayyad suggerisce di cominciare a discutere del piano arabo di pace, recentemente rilanciato dal vertice arabo di Riyadh. Scettico, per altri versi, è il vicepremier israeliano, e leader della destra russofona, Avigdor Lieberman, che al quotidiano israeliano Yedioth Ahranoth prevede: «Ogni tentativo di rafforzare Abu Mazen è destinato a fallire».
I partecipanti del vertice a Gerusalemme hanno definito «costruttivo» l’incontro. «La liberazione di detenuti palestinesi è sempre un fatto positivo – ha dichiarato Erekat – Abu Mazen ha inoltre chiesto a Olmert la scarcerazione di Marwan Barghouti». La portavoce del premier israeliano, Miri Eisin, ha riferito che non si è discusso delle questioni legate al final status, ma che i due si incontreranno nuovamente tra due settimane a Gerico, città della Cisgiordania.
Prossimo obiettivo di Abu Mazen sarà ottenere il consenso delle fazioni laiche e di sinistra dell’Olp, per accerchiare (politicamente) Hamas. «Per questo ha chiesto a Israele di permettere a Naif Hawatmeh di partecipare alla riunione dell’Organizzazione di liberazione per la Palestina a Ramallah nei prossimi giorni», sostiene Danny Rubinstein su Haaretz. «Il vero problema – aggiunge l’analista israeliano – è che il presidente palestinese e il suo partito Fatah non hanno nulla da vendere alla popolazione civile. La visione di uno stato indipendente a Gaza e in Cisgiordania, con Gerusalemme Est capitale, è gradualmente scomparsa durante gli anni del processo di Oslo.
Al posto di riconciliazione e coesistenza abbiamo avuto la seconda intifada, attacchi suicidi, il muro di separazione, blocchi stradali. I palestinesi sanno che non si può far girare all’indietro le lancette.
Ma se non ci sarà una vera e chiara opportunità per la la soluzione dei “due popoli due stati”, alla fine ce ne sarà solo uno». Insomma il consiglio di Rubinstein è: non abbandonate Gaza a se stessa.
«Il fatto che Hamas controlli militarmente la Striscia non significa che la gente non abbia paura», dice a Europa uno dei delegati palestinesi che ha preso parte nei giorni scorsi a un seminario riservato tra giovani leader palestinesi e israeliani organizzato dal Centro Italiano per la Pace in Medio Oriente a Torino. «Per fare un esempio: se domani gli islamici decretano che il solo commercio di pomodori è ammissibile, chi coltiva patate o si adegua o smette di esistere. L’alcool a Gaza è già di fatto introvabile».
Dal canto loro Magda Censi, Elena Cerretelli e Veronica Trevisan – tra gli organizzatori italiani dell’evento – a Europa raccontano che, nel corso dei lavori, è stata comune la valutazione della rilevanza del Piano arabo di pace.
Insomma, i giovani se ne sono accorti mentre i grandi stentano: è proprio vero che tutto il mondo è paese..
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