La malafede unita al pregiudizio antisraeliano e alla mistificazione
storica sono alcuni degli ingredienti che il lettore può trovare
nell’articolo di Giulietto Chiesa pubblicato il 3 luglio a pagina 6 su Il
Bologna, quotidiano locale ad ampia diffusione, nella rubrica “Argomenti”
e intitolato “Quei venti di guerra sul Medio Oriente”.
Le posizioni antisraeliana e antiamericana del giornalista sono assai note
sia dai suoi scritti sia dai vari interventi televisivi ma alcune delle
affermazioni contenute nell’articolo non sono opinioni bensì vere e
proprie falsità storiche e mistificazioni della realtà.
Non si capisce con quale coraggio il giornalista affermi che “Gaza è
diventata un poligono di tiro dell’esercito israeliano” quando in realtà è
Israele ad essere costantemente colpito dai missili Kassam lanciati da
Gaza che – ricordiamo ai lettori – dopo il ritiro degli 8.000 coloni
nell’agosto del 2005, è diventata un covo di terroristi e una base di
lancio di missili sulla cittadina israeliana di Sderot vero “poligono di tiro” per gli Hezbollah.
Affermare che “Usa e Israele tengono i motori accesi per un prossimo
intervento militare contro l’Iran”, senza ricordare che da mesi il
presidente iraniano, a dispetto di tutte le sanzioni, continua a
sviluppare le tecnologie nucleari minacciando costantemente e senza alcuna remora di voler “cancellare Israele dalla cartina geografica” è un palese
pregiudizio antisraeliano.
“A Israele nessuno rimprovera niente. Neanche l’occupazione delle terre
palestinesi che continua dal 1967. Neanche gli insediamenti dei coloni.
Neanche il muro”.
Verrebbe da chiedersi in quale “Bantustan” viva Giulietto Chiesa.
Eppure questo giornalista (che immaginiamo legga i giornali) non può non
sapere che -da sempre - Israele si trova il dito puntato contro, qualunque
cosa faccia o non faccia, qualunque intervento intraprenda o qualunque
posizione assuma.
Se si difende (grazie alla barriera difensiva gli attentati sono calati > del
95%) sbaglia, se si ritira da Gaza sbaglia e comunque lo sport più
praticato dalla stampa in genere e da quella catto-comunista in
particolare, è demonizzare Israele.
Infine la perla finale.
“Se non ci sono due stati in Palestina è perché Israele non lo vuole e gli
Stati Uniti nemmeno”. Un piccolo ripasso storico non farebbe male al
nostrogiornalista.
Per i lettori ricordiamo che già nel luglio 1937 la proposta avanzata
dalla Commissione Peel di istituire due Stati sovrani indipendenti, accettata
dagli ebrei, venne invece rifiutata dai palestinesi.
E furono sempre i palestinesi a rifiutare la risoluzione dell’Onu n. 181
del 29 novembre 1947 che prevedeva la costituzione di due Stati, uno
ebraico ed uno palestinese.
E l’ennesimo rifiuto venne da Arafat nell’estate del 2000 a Camp David,
dove il presidente Clinton, desideroso di favorire la pace, lo aveva
invitato insieme al premier israeliano Barak. Il leader palestinese
rifiutò tutte le generose offerte di Barak e scendendo dall’aereo che lo riportava
in Palestina fece il segno di vittoria. Dopo qualche mese scoppiò la Seconda Intifada. Chiesa termina l’articolo scrivendo: …….“Che vergogna per noi”
Già, che vergogna leggere un simile coacervo di pregiudizi e falsità
quando il ruolo del giornalista dovrebbe essere quello di informare e non
“disinformare”.
Riportiamo integralmente l’articolo.
Il Medio Oriente sta entrando a vele spiegate in una nuova guerra su
grande
scala. Bisogna essere ciechi per non vedere i sintomi: l’Autorità
Palestinese non esiste più. Gaza è diventata un poligono di tiro
dell’esercito israeliano. In Libano cominciano a saltare in aria le
colonne
Unifil delle forze dell’Onu, mentre strani gruppi terroristici attaccano
l’esercito libanese. La puzza di bruciato cresce. La guerra si estende in
Iraq; la Turchia pensa ad un prossimo intervento militare contro l’Iran.
Il governo israeliano decide di restituire, finalmente, circa 600 milioni di
dollari che teneva illegalmente sequestrati ai palestinesi dal gennaio
2006, data della straripante vittoria elettorale (regolare) di Hamas. Ma
quei soldi non andranno ai palestinesi, bensì al signor Abbas, presidente
del nuovo Bantustan della West Bank. I palestinesi, non solo quelli che
muoiono trincerati a Gaza, ma anche la maggioranza degli altri, lo
considerano già un traditore della loro causa. L’Europa ha già deciso di
schierarsi con Abbas, per cui condividerà con lui il disprezzo e l’odio
deidisperati. E sempre l’Europa, con notevole faccia di bronzo (quella di
Javier Solana) invita alla concordia. Ma tra chi e chi? Siamo stati noi
europei, insieme agli USA, a derubare i palestinesi del legittimo governo
che si erano scelto, votando come gli avevamo chiesto. Ieri International
Herald Tribune scriveva: la politica israeliana, “insieme all’embargo
occidentale dell’aiuto al governo di Hamas, fu messa in atto con
l’obiettivo di indebolire il governo e farlo cadere”. Siamo davvero molto
democratici, noi europei. Solo che i palestinesi hanno eletto i loro
candidati e non i nostri, per cui li abbiamo puniti. A Israele nessuno
rimprovera niente. Neanche l’occupazione delle terre palestinesi che
continua dal 1967. Neanche gli insediamenti dei coloni. Neanche il muro.
Se non ci sono due stati in Palestina è perché Israele non lo vuole e gli
Stati Uniti nemmeno. L’Europa dice di volerlo, ma non ha il coraggio di
essere coerente. Non ha neanche il coraggio di dire a Israele che non
potrà costruire il suo Bantustan con Abu Abbas, senza cessare l’occupazione. E
se volessero ripetere le elezioni Fatah perderebbe di nuovo. Si annuncia la
guerra e una nuova Intifada. Che tristezza, per loro e per noi. Che
vergogna per noi.
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