"Se le cose non fossero quelle che sono, dopo Alan Johnston Hamas libererebbe anche Gilad Shalit" scrive Ugo Tramballi sul SOLE 24 ORE del 5 luglio 2007. Perfetto. E Tramballi prosegue: "poi riconoscerebbe il diritto di Israele a esistere, offrirebbe al più presto una trattativa di pace al nemico per chiederne con diritto il ritiro dalla Cisgiordania; ed entrerebbe in competizione con il Governo Fatah di Abu Mazen per mostrare quale delle due Palestine è la più virtuosa per meritare di essere uno Stato e non un'ipotesi perenne. Ma le cose sono quelle che sono e Hamas non cambia (...) Pretendono di dirci che con loro l'ordine tornerà a Gaza e un giorno potrebbe anche essere garantito in Cisgiordania (...) ma qual'è ordine è il suo ?Quello dei ragazzini messi in strada a regolare il traffico come piccoli pionieri bulgari di un tempo; di una stampa inesistente al di fuori dei giornali e del canale televisivo di Hamas che insegna ai bambini a essere dei buoni martiri; della rapida islamizzazione del sistema scolastico e della leggi che regolano la famiglia, ruolo della donna e società civile. L'ordine di Dio che è sempre perfetto e dunque irriformabile" Difficile esprimersi meglio.
Il ragionamento di Tramballi, però, dopo questo esordio di inconsueta lucidità, prende subito una piega scontata e ingannevole : quella di assegnare a Israele la responsabilità dell'incapacità di Abu Mazen di imporre la propria autorità in Cisgiordania: "la Cisgiordania - la Palestina possibile - continua a vivere sotto la solita occupazione: posti di blocco, omicidi mirati, arresti che impediscono a Fatah di provare a imporre il suo ordine. Gli aiuti internazionali promessi non serviranno mai fino a che la Cisgiordania continua a essere fatta di tante piccole gabbie uguali a quella più grande di Gaza; se gli imprenditori palestinesi che in cisgiordania sono numerosi non potranno portare ciò che producono nei luoghi in cui vendono, la manodopera palestinese, gli studenti, i malati non potranno andare nei luoghi di lavoro, le scuole e gli ospedali da un villaggio a una città, senza mai sapere se potranno raggiungerlo o essere arrestati"
La descrizione della misure di sicurezza israeliane contro il terrorismo palestinese volge come sempre in certa informazione al melodramma: arresti arbitrari di "studenti" e "malati", manodopera bloccata nei villaggi, imprenditori ridotti sul lastrico. Un quadro catastrofico, descritto senza riportare un solo fatto a sostegno della sua accuratezza. Ma la di là della disinformazione, è il ragionamento di Tramballi a essere radicalmente sbagliato.
Perché dimentica due circostanze decisive: la prima è che Al Fatah stesso potrebbe fare il medesimo gioco di Hamas, ovvero presentarsi come imprescindibile garanzia di stabilità e al tempo stesso non rinunciare al terrorismo. Abu Mazen, di fatto, non ha disarmato le Brigate Al Aqsa. E secondo i membri di questo gruppo terroristico ha mentito quando ha detto al mondo di aver chiesto loro di deporre le armi.
L'altra è che l' incapacità del raìs palestinese di imporre la propria autorità è stata sperimentata nel tempo, e pone agli israeliani un dilemma. Ben descritto dal commentatore del giornale di sinistra Ha'aretz: "Cedere territori, ma a chi ? ", se nessun possibile interlocutore riesce a controllarli.
Israele, contrariamente a quanto scrive Tramballi, è impegnata sia a sostenere Abu Mazzen sia a migliorare le condizioni di vita dei palestinesi.
Ma non può farlo firmando una cambiale in bianco..
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