"Collaborare" con l'Iran
e incoraggiarne i ricatti
Testata:
Data: 03/07/2007
Pagina: 7
Autore: Sonia Oranges
Titolo: Afghanistan, passa per Pakistan e Iran la via obbligata per stabilizzare l'area
"Cooperare" con Pakistan e Iran per pacificare l'Afghanistan. Ben sapendo che un intervento ostile dell'Iran "potrebbe essere devastante". E' questa la strategia che dovrebbe risultare dalla Conferenza internazionale sul Rule of Law in Afghanistan. Secondo il governo italiano e secondo Sonia Oranges che ne scrive sul   RIFORMISTA del 3 luglio 2007.
Non è certo il caso di parlare di pressioni su chi il terrorismo lo sostiene (o quanto meno  non lo combatte),  affinché muti indirizzo.
La parola d'ordine è  "collaborare" con chi ci combatte e ci minaccia. Aumentando la nostra disponibilità proporzionalmente alla sua ostilità e all'entità dei danni che potrebbe infliggerci o che già ci infligge.

Stupisce che non ci si accorga che in questo modo si incoraggiano i ricatti contro l'Occidente da parte degli "Stati canaglia".
Che prima destabilizzano gli scenari nei quali sono impegnate le nostre truppe e poi si propongono come indispensabili "stabilizzatori".

Mirando  a garantirsi così l'immunità su altri fronti. Per esempio, nel caso dell'Iran, su quello del programma nucleare.

Ecco il testo:

Se uno dei principali obiettivi della Conferenza internazionale sul Rule of Law in Afghanistan, apertasi ieri a Roma, è tracciare una strategia dettagliata per il futuro, anche attraverso l’individuazione di nuove forme di finanziamento per il funzionamento della giustizia, i segnali giunti durante la prima giornata del summit, sembrano essere incoraggianti: la commissione europea ha infatti annunciato che sbloccherà un aiuto finanziario pari a 200 milioni di euro per sviluppare il settore. Il commissario Ue alle Relazioni esterne, Benita Ferrero-Waldner, oggi a Roma per partecipare alla conferenza, ha ricordato che «le sfide-chiave saranno estendere l’autorità del governo alle province e neutralizzare la produzione di narcotici che destabilizza il paese economicamente e politicamente ». Una linea condivisa con il governo italiano che, con l’appuntamento romano, intende anche politicizzare la questione afghana che, a tutti gli effetti, oramai non è più soltanto una questione di sicurezza. In termini concreti, ottimizzare e rendere più efficace il lavoro fin qui svolto dai paesi donatori in Afghanistan. Per farlo, però, è necessario tirare le somme dei finanziamenti già destinati al settore giustizia o anche solamente annunciati dalla comunità internazionale, nella speranza che arrivino nuovi contributi o, quanto meno, siano confermati gli impegni presi, casomai costituendo un apposito trust fund. Impegni che, secondo gli esperti e gli analisti coinvolti nella riforma della giustizia afghana, dovrebbero sostenere un piano complessivo che copra almeno un quinquennio. Insomma, servono fondi e, soprattutto, una strategia comune a tutti i paesi donatori che fin qui, invece, in linea generale hanno agito da competitor, piuttosto che condividere progetti e finalità. E’ evidente, dunque, che bisogna trovare una strada diversa per stabilizzare il paese, ancorandolo a un modello di stato di diritto costruito insieme con gli afghani, come ha sottolineato a Roma il capo della diplomazia italiana Massimo D’Alema, a colloquio con il rappresentate dell’Unione europea a Kabul Francesc Vendrell, su due questioni che restano cardini nella crisi afghana: la necessità di cooperare a livello regionale con il Pakistan (la frontiera porosa da cui transitano armi, profughi e jihadisti) e l’Iran (il cui intervento, come aspirante potenza regionale dell’area, potrebbe essere devastante), e la presenza in Afghanistan di milizie irregolari che rendono impossibile il governo del territorio. E su questo punto di grande aiuto può essere il progetto Eupol, con cui l’Europa (e la Germania in particolare) si è presa in carico l’onere di formare la polizia afghana. Proprio oggi, il viceministro tedesco Gernot Erler annuncerà a Roma pieno supporto alla linea di coordinamento tracciata dall’Italia. Linea che sembra essere condivisa anche dagli Stati Uniti, per bocca dell’ambasciatore statunitense alle Nazioni Unite Zalmay Khalilzad, che ieri è intervenuto anche sulla questione più “calda” dell’intero vertice: le vittime civili dei bombardamenti Nato- Isaf. Per il rappresentante Usa, alla fine dei giochi, la responsabilità principale è dei guerriglieri islamisti che usano i civili come scudi umani. Sarà anche vero, ma la posizione statunitense appare sempre più isolata, in queste ore, dopo che ieri il segretario generale Onu Ban Ki- Moon (atteso oggi a Roma, come il segretario Nato De Hoop Scheffer) ha chiesto di nuovo «con fermezza» ai vertici di Kabul e al comando Nato-Isaf di fare di tutto per risparmiare i civili nelle operazioni militari. Se riparlerà oggi, nei colloqui bilaterali a margine della Conferenza, a cominciare da quello tra D’Alema e il presidente afghano Hamid Karzai che ribadirà quanto i morti civili siano controproducenti e quanto pesino sul livello di fiducia della popolazione nelle neonate istituzioni afghane. In attesa delle raccomandazioni, che dovrebbero essere approvate in giornata, sintesi di nuove linee operative concordate tra i paesi (Afghanistan in primis), e programma per il futuro

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