Che scoperta, gli hezbollah sono terroristi !
ma si deve continuare a dialogare con loro
Testata:
Data: 28/06/2007
Pagina: 2
Autore: la redazione
Titolo: Il dialogo non è una carta bianca
E se l'attentato contro i caschi blu nel sud del Libano fosse di Hezbollah e non di al Qaeda ? Sarebbe certo opera solo di una frangia del gruppo sciita, e bisognerebbe continuare a dialogare.
E se Hezbollah si stesse riarmando ? (come certamente sta facendo ) Bisognerebbe fermarlo, ma continuando a dialogare.
E se il fallimento della missione Unifil divenisse d'un tratto del tutto evidente ?
Bisognerebbe prenderne atto, per un verso, e continuare a far finta di niente, per un altro. Se a qualcuno sembrasse difficile, niente timori. potrebbe prendere lezioni al RIFORMISTA .
Come dimostra l'editoriale del 28 giugno 2007, in  questo quotidiano sanno benissimo come negare la realtà facendo finta di riconoscerla, o come formulare le ipotesi più inquietanti (ma non certo prive di fondamento) rifiutando preventivamente di trarne le inevitabili conseguenze, nel caso si rivelino vere.

Ecco il testo:


Ieri Parisi ha ipotizzato che l'attentato contro i caschi blu nel Sud del Libano, dove domenica hanno perso la vita sei soldati spagnoli, possa essere attribuito non ad Al-Qaeda, bensì a una «frangia ribelle di Hezbollah». Così facendo, il ministro della Difesa ha messo un'ulteriore pulce nell'orecchio a chi segue con apprensione il destino della missione Onu nel Libano meridionale, e ha creato una piccola polemica all'interno della maggioranza: «Hezbollah è una forza politica legale e rilevante in Libano, necessario interlocutore della presenza italiana», ha protestato il Pdc. In realtà ministro della Difesa non ha mai incolpato la leadership di Hezbollah della strage: ricordando che «il movimento pubblicamente condannato l'attentato», Parisi ha però ipotizzato che alcuni elementi fuoriusciti dal Partito di Dio possano essere responsabili dell'accaduto.
Non sappiamo se questa ipotesi sia fondata o meno. Prendiamo atto del fatto che nessuna delle principali cellule di Al-Qaeda in Libano ha rivendicato l'attentato: cosa di per sé un po' insolita, ma che da sola non basta a puntare il dito contro il gruppo sciita. Certo è che gli obblighi dell'Italia verso le componenti politiche di Beirut, che pure non vanno sottovalutati, non includono il dovere di chiudere gli occhi davanti alle autobomba: se e quando dovessero emergere prove contro il Partito di Dio, l'Italia e le altre nazioni impegnate nell'Unifil avrebbero tutte le ragioni di protestare e reagire nel modo giudicato più efficace, indipendentemente dalla «rilevanza politica» di Hezbollah. Accettare lo status di un gruppo come «interlocutore» non significa accettare il suo operato, specie se si tratta di un movimento dedito ad azioni violente come Hezbollah. Ieri il Segretario generale Ban Ki-moon ha reso pubblici i risultati di un'indagine Onu sul traffico di armi che «prospera» lungo il confine tra Siria e Libano: è assai probabile (per non dire lapalissiano) che una parte di questo arsenale illegale appartenga a gruppi che, per forza di cose, Italia ed Europa, ritengono interlocutori. Ma questo non è un buon motivo per permettere che il traffico prosegua.

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