Da La STAMPA del 14 giugno 2007:
Un’autobombasul lungomare di Beirut ha ucciso il deputato antisiriano Walid Eido e almeno altre nove persone, spingendo Washington e Parigi a denunciare all’unisono «chi vuole far deragliare il cammino del Libano verso la pace».
Eido, 65 anni, era uno dei politici di punta della maggioranza parlamentare antisiriana guidata da Saad Hariri, figlio dell’ex premier Rafik assassinato il 14 febbraio 2005 a neanche 2 chilometri di distanza da dove è avvenuto l’attentato di ieri. Eido è il settimo politico libanese ostile alle interferenze di Damasco che viene ucciso - altri undici sono rimasti feriti - e nelle ultime settimane si era guadagnato un ruolo di primo piano per essere stato uno dei promotori dell’appello di settanta parlamentari alle Nazioni Unite per l’istituzione del Tribunale internazionale incaricato di perseguire gli assassini di Hariri e degli altri politici uccisi.
Adesso il Tribunale, creato due settimane fa dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu, dovrà indagare anche sulla sua morte che in molti hanno subito addebitato ai servizi segreti di Damasco, come già avvenuto per quelle di Hariri e dell’ex ministro dell’Industria Pierre Gemayel. «Walid Eido era un simbolo della democrazia in Libano ed è stato assassinato perché il regime di Damasco vuole distruggere il Blocco del 14 marzo» ha denunciato il deputato Wael Abou-Faur, riferendosi al partito guidato da Saad Hariri uscito vincitore dalle ultime elezioni e al quale appartiene anche il premier Fuad Siniora.
Era stato fra l’altro proprio Eido nei giorni scorsi a criticare come una «occupazione» il sit in degli Hezbollah filo-siriani di fronte all’ufficio del premier Siniora, per chiederne le dimissioni. A poche ore dal nuovo omicidio politico Washigton e Parigi hanno reagito in forte sintonia, confermando il perfetto accordo che da tempo hanno sul Libano. «Condanniamo il brutale assassinio, siamo a fianco del popolo libanese e del governo del premier Siniora nel momento in cui si trovano a combattere gli estremisti che tentano di far deragliare la marcia del Libano verso pace, prosperità e democrazia» ha dichiarato Gordon Johndroe, portavoce della Casa Bianca, mentre il ministro degli Esteri di Parigi, Bernard Kouchner, ha levato la voce contro i «ripetuti tentativi di destabilizzazione» legati agli omicidi. E ieri notte anche il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha condannato «in maniera inequivocabile» la strage a Beirut, come «ogni tentativo di destabilizzare il Libano attraverso assassini politici o atti terroristici».
A Parigi si trova Nicholas Burns, numero due del Segretario di Stato Condoleezza Rice, per consultazioni su quella che ha definito l’«offensiva degli estremisti in Medio Oriente contro le democrazie». A detta di Burns c’è l’Iran dietro «le forniture di armi a Hamas, Hezbollah, estremisti sciiti e sunniti in Iraq» e anche «ai taleban» come dimostrato dal sequestro da parte della Nato di due spedizioni di esplosivi che avevano raggiunto l’Afghanistan occidentale.
L’Iran è un alleato della Siria sullo scacchiere del Medio Oriente e Washington teme che vi sia una regìa unica dietro quanto sta avvenendo da un mese a questa parte: l’insediamento dei gruppi fondamentalisti sunniti nei campi palestinesi in Libano, l’offensiva militare lanciata da Hamas contro Al Fatah nella Striscia di Gaza e ora il nuovo attentato contro un politico libanese di alto profilo nazionale.
Mentre la Siria massacra i Libanesi che si oppongono al suo dominio, D'Alema e Diliberto vedono in Damasco un fattore di stabilità: