La concezione dei "diritti umani" di Amnesty International implica che gli israeliani hanno il dovere di lasciarsi uccidere dai terroristi per non creare problemi ai palestinesi.
Più di tutti, gli israeliani che vivono negli insdiamenti devono essere continuamente esposti alla violenza palestinese. Devono morire in automobile e nelle loro case, colpiti dai cecchini palestinesi o in agguati sanguinosi. Non hanno diritto a nessuna protezione.
Il RIFORMISTA in un editoriale del 5 giugno, adotta in pieno questo "punto di vista".
Davvero, sembra non sia rimasto nulla, o quasi, del tentativo di Antonio Polito di creare un quotidiano di sinistra, ma libero da condizionamenti e pregiudizi ideologici.
Ecco il testo:
La geografia dell'occupazione consta di circa 550 check-point e blocchi permanenti delle strade, migliaia di posti di blocco volanti, oltre 200 fra colonie, insediamenti e avamposti illegali in cui abitano 450mila persone. E poi 700 chilometri di strade riservate ai coloni e altri 700 chilometri di muri di cemento alti fino a nove metri, reti metalliche, barriere, che rendono un quotidiano percorso a ostacoli (e spesso un calvario) la vita di oltre due milioni di palestinesi in Cisgiordania. Persone che vivono e muoiono, con estrema difficoltà, in un posto grande suppergiù come la provincia di Roma.
Sembrerebbe il freddo, legnoso cahier des doleances che ogni anno, con qualche variazione, viene redatto sulle condizioni di vita dei palestinesi. Quest'anno, visto che son trascorse quaranta primavere dalla guerra dei Sei Giorni, con qualche enfasi in più. Il problema è che le cifre, i numeri, l'elenco prodotti da Amnesty International nel suo duro rapporto contro la politica di Israele in Cisgiordania (Enduring Occupation, http://www.amnesty.org/resources/pdf/Israelreport.pdf) sono, individui, potenziali cittadini di uno stato - quello palestinese - che però difficilmente vedrà la luce se la geografia dell'occupazione rimarrà questa. Il Muro di separazione deve essere smantellato, denuncia Amnesty. Ma non solo: le colonie, le strade separate per i coloni, i checkpoint devono essere rimossi, per togliere l'“assedio” ai palestinesi, ai quali vengono imposte «restrizioni di movimento in quanto palestinesi», non per questioni di sicurezza, secondo la posizione del governo israeliano, ribadita anche ieri. Ma «perché ne beneficino i coloni».
Amnesty denuncia, e non da oggi, quel che viene denunciato dai rapporti delle organizzazioni internazionali, come le agenzie dell'Onu che operano quotidianamente sul terreno. L'Ocha, l'Oms, la Banca Mondiale, l'Unrwa, le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza. Amnesty parla di vita quotidiana e grande politica. Di uno stravolgimento del territorio che non porterà a nessuna pace, sin quando non si coniugherà la parola sicurezza con quella di riconoscimento, non solo da parte palestinese ma anche da parte israeliana, di uno Stato possibile. E non di un simulacro senza nessun futuro reale.
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