Negare l'evidenza
Bruno Gravagnuolo sull'antisemitismo a sinistra
Testata:
Data: 18/06/2007
Pagina: 26
Autore: Bruno Gravagnuolo
Titolo: Ma l'antisemitismo a sinistra non c'è più

La parzialità filo-araba della sinistra non esiste, men che mai tra i noglobal ( a meno che non li si provochi... ) e nonostante qualche infiltrazione di antigiudaismo nella cultura "di sinistra, illuminista e socialista" di fatto la sinistra ha sempre protetto gli ebrei. Anche in Unione sovietica?  
La recensione di Bruno Gravagnuolo del libro di Gadi Luzzato Voghera  "Antisemitismo a sinistra" è un perfetto esempio di negazione ideologica  della realtà spinta fino al ridicolo.
Degni di nota gli insulti a Magdi Allam, a Fiamma Nirenstein e a Oriana Fallaci.
Nella concezione zdanoviana di Gravagnuolo gli argomenti chi, previa dichiarazione di appartenenza e fedeltà,  critica alcuni pregiudizi della sinistra (Luzzato Voghera) devono essere sostanzialmente ignorati, attarverso la falsificazione della storia e della cronaca. Mentre chi osa criticare senza dichiarazioni di fedeltà va demonizzato. 

Ecco l'articolo: 


Il recente viaggio in Israele di Fausto Bertinotti, Presidente della Camera, ha avuto un innegabile valore simbolico. Di là della riaffermazione dei legami dell’Italia con Israele nel solco di una politica di pace, basata sul riconoscimento della sicurezza israeliana e del principio «due popoli e due stati». Fondamentale è stato il fatto che Bertinotti, leader morale della sinistra radicale, abbia fatto suoi, e convintamente, quei due principi, comprendendo persino le «ragioni» sicuritarie del Muro nei territori, e ponendo ad Hamas il tema del riconoscimento dello Stato di Israele, come condizione imprescindibile del processo di pace.
Il tutto in un’atmosfera non facile, laddove Bertinotti ha fronteggiato con grande compostezza le critiche dure della comunità italiana in Israele, mirate ad accusare l’antisemitismo di sinistra in Italia e le sue colpe, passate e presenti.
Non sono cose da poco e anzi, almeno in parte, potrebbero costituire un’efficace replica e un commento all’utile libro di Gadi Luzzatto Voghera, storico degli ebrei e della Shoà, che mette a tema un tema classico e scivoloso per gli usi a cui può prestarsi (esempio, l’accusa di collusione della sinistra col terrorismo). Titolo: Antisemitismo a sinistra (Einaudi, pp.112, euro 8).
Perché replica e commento? Perché, sebbene il libro sia stato scritto prima del viaggio di cui sopra, esso si fonda, tra l’altro, su un rilievo di fondo alla sinistra: aver coscientemente o meno mescolato antisionismo, antigiudaismo e avversione ad Israele. E aver dato spago all’antisemitismo, col suo antiamericanismo anti- israeliano e filopalestinese. Riaffibbiando polemicamente agli ebrei e agli israeliani (messi in un solo sacco) il carattare di «persecutori» di nuovo tipo ai danni dei palestinesi. Dopo aver subito la persecuzione nazista. Intendiamoci Gadi Luzzatto è un ebreo di sinistra e ha moltissime buoni ragioni, specie in sede di ricostruzione storica. Non ha molto a che vedere con l’oltranzismo di un Magdi Allam né con la furia di Fiamma Nirenstein, per non dire di Oriana Fallaci. Tant’è che critica apertamente l’asse politico alla Ferrara «Per Israele/ per gli Usa», suscettibile di alimentare l’antisionismo di sinistra. E tuttavia il difetto del suo libro (poi verremo al pregio) è quello di non essere aggiornato politicamente. Aggiornato sulle discontinuità della sinistra italiana su Questione ebraica e Israele. Discontinuità che proprio con il viaggio di Bertinotti in Israele si rendono macroscopimente visibili: un capolinea a quo non reditur. Punto di non ritorno. Poiché, schematizzando, finalmente anche la sinistra radicale, nella persona del Presidente della Camera, giunge a qualcosa che con grande coerenza è stato perseguito a sinistra da anni. Inegualmente certo, da laici, socialisti e Pci, già dalla fine degli anni 80. Vale a dire, il riconoscimento pieno della «differenza» ebraica. Sia in sede di cittadinanza non omologata, sia sul terreno del diritto di Israele come stato con le sue ragioni storiche, indefettibili, ad esistere. Contro ogni ideologia «antisionista», ogni confusione tra ebrei e Israele, e ogni antisemitismo filo-arabo e antimperialista.
Almeno su questo le cose dovrebbero essere chiare, definitivamente. Dopo la guerra fredda, le erronee posizioni filoarabe sulla «guerra dei sei giorni», i misconoscimenti della democrazia sionista israeliana (nata anche per volontà di Stalin all’inizio!) e il credito dato alla mitologia delle «lobbies ebraiche» con relativi «complotti plutocratici e cosmopoliti» (ieri argomento nazifascista e oggi in voga nella Lega Nord e in frange estremistiche di sinistra). Quanto al Pci poi, i ripetuti viaggi di Occhetto, Fassino , Napolitano e D’Alema (ante-Farnesina) hanno fatto da battistrada anzitempo, da oltre venti anni. In una con la pubblicistica e la storiografia di sinistra. E in tal senso, a indicare un’occasione simbolica, fu proprio Il Contemporaneo di Rinascita del maggio 1988 - con esponenti palestinesi e israeliani - a sancire un approdo nel quarantennale dello stato di Israele: «Israele e il futuro di due popoli».
Sicché, via via, nessuno strabismo filoarabo, nessuna indulgenza agli stereotipi «antisionisti», e tentativo costante, dalla sinistra estrema a quella moderata di distinguere sempre (cosa non scontata) tra ebrei e Israele. Anche quando, opinabilmente magari, D’Alema, invitò gli ebrei democratici e di sinistra a rafforzare l’opzione di pace e la critica a Olmert sul Libano. E anche nel caso della famosa «equivicinanza», che non è affatto comprensione per l’integralismo di Hamas, bensì empatia per le ragioni dei due popoli, col paletto invalicabile della sicurezza di Israele (che non può essere onnipotenza militar-sicuritaria).
Ecco, su tutti questi aspetti il libro di Gadi Luzzatto a noi non pare equanime e «aggiornato», o almeno non abbastanza. Perché confonde fenomeni (sempre più) minoritari (antisemitismo larvato in chiave filoaraba) con la sostanza del problema. Col fatto cioè che i modi della vecchia questione ebraica a sinistra, con le loro conseguenze negative, sono quasi del tutto superati.
E ora veniamo al pregio del libro di Luzzatto. La storia. Che va sempre ricordata in chiave preventiva. Ebbene, è indubbio che la cultura laica e di sinistra, illuminista e socialista, fu indifferente alla «pecularità» ebraica. Ostile ad essa e subalterna ai moduli antisemiti del cristianesimo confessionale. Antigiudaici infatti furono ciascuno a modo suo Spinoza, Voltaire, Kant, il Marx della «Questione ebraica», Croce, il bolscevismo staliniano e no. Persino molti ebrei di rilievo, oltre a Marx e Spinoza, introiettarono una ambigua svalutazione delle proprie radici, e il tutto sulla scia del potente e millenario antigiudaismo cristiano. Ad esempio, quando il grande storico sionista Borochov teorizzava la «specializzazione mercantile» degli ebrei in Europa, cos’altro faceva se non echeggiare e «spiegare» la vecchia accusa di affarismo e avidità, seppur in chiave sociologica? Era una spiegazione che ignorava che la gran massa degli ebrei era povera e migrante, perseguitata e marginale, e perciò anche capace di produrre elites finanziarie, ma non più dei cristiani. E purtroppo formule come quella, o come quella marxiana sulla «religione del denaro» (progressiva) portavano acqua antigiudaica al mulino antisemita. Enormi furono dunque i ritardi a sinistra, area che nondimeno protesse, promosse e dette accoglienza agli ebrei (salvo spesso confonderli coi capitalisti). Ed enormi, ne conveniamo, sono ancora i demoni che dormono sotto il tabù imposto ormai dalla Shoà, contro i luoghi comuni. Nondimeno il panorama è mutato. E sarebbe sbagliato il non riconoscerlo. O rischiare di disperderlo. Magari tacciando di cripto-antisemitismo l’ecologismo e le critiche no global al liberismo, come fa Gadi Luzzatto. Col risultato però di evocare reazioni irriflesse e primitivi cortocicuiti. E di far riaffiorare l’acqua sporca.

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