Bernard Lewis come Robert Faurisson
il quotidiano pubblica l'appello degli storici contro il negazionismo a Teramo, ma solo come pretesto per un'accusa infamante
Testata:
Data: 15/05/2007
Pagina: 1
Autore: Viola Giannoli
Titolo: A Teramo onori al negazionista
Il RIFORMISTA del 15 maggio 2007 pubblica meritoriamente l'appello di un gruppo di storici italiani contro la lezione affidata dal professor Claudio Moffa al negazionista Faurisson, all'Università di Teramo, nell'ambito del Master Mattei.
Il merito è diminuito dalla strumentalizzazione del documento e della vicenda.
Metà dell'articolo è dedicata, anziché a spiegare gli obiettivi politici e il retroterra ideologico dell'iniziativa di Teramo, improntata a un antisemitismo  che si identifica totalmente con l'antisemitismo, e a stigmatizzare chi collabora al Master Mattei  (da Ugo Tramballi, corrispondente del SOLE 24 ORE dal Medio Oriente a Giulio Andreotti), a un attacco gratuito al grande islamista Bernard Lewis, assimilato ai negazionisti sulla base una condanna ricevuta in Francia per una sua affermazione sul genocidio degli armeni.
Oltre alla giustizia francese, a condannare Lewis è uno studioso super partes come...  Edward Said
"Già nel 1978", scrive Viola Giannoli, l'autrice del pezzo "Edward W. Said in Orientalismo, scriveva che «Lewis procede distorcendo la verità, attraverso false analogie e per insinuazione; coprendo questi metodi con quella vernice di tranquilla e onnisciente autorevolezza che a suo avviso rappresenta il modo in cui parlano gli studiosi». E ancora: «Lewis enuncia crude e antistoriche asserzioni politiche mascherandole da argomenti scientifici».Lo stesso si potrebbe dire di Faurisson"
 
Ma quanto scritto da Said in "Orientalismo" non aveva nulla a che fare con il genocidio degli armeni o con il negazionismo.
Said contestava un articolo di Lewis sull'antisemitismo arabo, tema affrontato dall'arabista di Princeton con schiacciante  abbondanza di documentazione scientifica nel libro "Semiti e antisemiti". Su questo tema, il negazionista era Said.
Il propagandista dell'Olp, inoltre, contestava la propensione di Lewis a interpretare i fenomeni politici del mondo islamico anche come conseguenze dell'influsso della religione.
Per Said, invece, le categorie da utilizzare sarebbero esclusivamente quelle "universali" delle "scienze sociali" , vale a dire del marxismo cui aderiva. E tener conto dell'islam nello spiegare le azioni dei musulmani sarebbe appunto una forma di "orientalismo", di strumentaliazzazione del sapere a fini colonialisti e  imperialisti.

A noi sembra che la tesi di Said sia, come minimo,  molto dubbia e implausibile, e motivata essenzialemente da considerazioni di ordini ideologico.
Quel che è certo, comunque, è che le tesi di Lewis sono su questo punto legittime almeno quanto quelle del suo avversario. Assimilarle al negazionismo di Faurisson è una forma di barbara diffamazione.

Ecco il testo: 

Quattrocento nomi di quelli che contano, tra docenti, giornalisti, intellettuali e semplici cittadini, tra cui quelli di accademici come Ginzburg, Portelli, Prosperi, Zevi, hanno firmato un duro appello rivolto al rettore dell'Università di Teramo, al preside della Facoltà di Scienze politiche dello stesso ateneo, e al ministro dell'Università e della Ricerca Scientifica, Fabio Mussi. Protestano contro il proposito delle autorità accademiche di invitare Robert Faurisson, ex professore di letteratura francese e noto propugnatore di tesi negazioniste. Quella che per Claudio Moffa, coordinatore del master “Enrico Mattei” in Medio Oriente, è «una normale lezione universitaria» da difendere in nome della libertà di opinione, appare ai firmatari dell'appello come l'ennesima prova della faziosità e tendenziosità del corso. «Va da sé - scrivono - che le sedi universitarie debbano essere spazi di libertà di pensiero, tuttavia in esse la serietà, il rigore metodologico e scientifico devono rappresentare un elemento di discrimine irrinunciabile».
Il problema si è posto più volte, sia nel mondo accademico vero e proprio, sia per quanto riguarda la pubblicazione di testi storici (o presunti tali). Diversi autori, anche non esplicitamente negazionisti in materia di Shoah, hanno presentato tesi “scientifiche” o ricerche, patentemente non sorrette da prove documentarie e testimonianze dirette, come “verità storica”. Quando poi queste tesi falsificatorie, e chi le sostiene e diffonde, come Faurisson e seguaci, salgono in cattedra senza contraddittorio, ottengono una legittimazione implicita per la sede stessa in cui vengono enunciate e ricevono una patente di legittimità scientifica. Tanto più se chi promuove le iniziative ne condivide il punto di vista veicolandolo attraverso lo strumento non neutrale di un master universitario.
È scritto nell'appello che «Permettere che in un luogo deputato alla ricerca scientifica si proclamino assurdità del genere è come chiedere che ad insegnare geografia vadano persone convinte che la terra sia piatta». Ed è probabilmente molto più pericoloso.
Il caso di Faurisson richiama alla mente le vicende, che anche questo giornale ha affrontato recentemente, di David Irving e Bernard Lewis.
Il primo, lo storico inglese considerato il capofila dei negazionisti, era stato condannato a tre anni di carcere senza condizionale per apologia del nazismo dopo aver tenuto nel 1989 due discorsi in cui negava l'esistenza delle camere a gas ad Auschwitz e metteva in dubbio l'Olocausto. Irving aveva poi scontato 420 giorni di pena in una prigione austriaca. Per niente pentito e anzi con un accresciuto odio razzista, il 4 marzo di quest'anno è tornato sul “luogo del delitto” per ribadire le sue tesi, definendo Auschwitz «un documento falsificato, un tour in stile Disneyland».
Quanto a Bernard Lewis, era stato anch'egli processato e condannato, in Francia, al pagamento simbolico di un franco, per essersi sempre dichiarato contrario al riconoscimento dello sterminio degli armeni, al punto da firmare, nel 1985, una petizione contro la proposta di legge americana per istituire, il 24 aprile, la giornata della memoria proprio del genocidio armeno. Lewis non è stato condannato perché nega un fatto storico, bensì perché nega l'esistenza di «prove serie», cioè la sostenibilità storiografica del genocidio degli armeni. La sentenza, dunque, non mirava a colpire la libertà d'opinione - ma piuttosto le opinioni non private di uno storico dovrebbero sempre tenere in conto i fatti, l'esistenza documentaria di questi - ma l'occultamento storico. La sua verità è costruita in modo falso e in questo Lewis ha mancato ai suoi doveri di storico, doveri di oggettività e prudenza. Già nel 1978, Edward W. Said in Orientalismo, scriveva che «Lewis procede distorcendo la verità, attraverso false analogie e per insinuazione; coprendo questi metodi con quella vernice di tranquilla e onnisciente autorevolezza che a suo avviso rappresenta il modo in cui parlano gli studiosi». E ancora: «Lewis enuncia crude e antistoriche asserzioni politiche mascherandole da argomenti scientifici».
Lo stesso si potrebbe dire di Faurisson, per il quale, ancora oggi e nonostante mezzo secolo di ricerche condotte da specialisti, di milioni di ebrei si sarebbero perse le tracce senza una spiegazione logica.

Pubblichiamo qui di seguito il testo dell'appello.
Da tempo, sia in quanto studiosi sia in quanto cittadini siamo assai preoccupati di quanto sta avvenendo nell'Ateneo e nella Facoltà di cui siete a capo nell'ambito del master “Enrico Mattei” in Medio Oriente, coordinato dal prof. Claudio Moffa.
Ufficialmente obiettivo del master stesso sarebbe: «fornire una coscienza multidisciplinare della complessità della regione medio-orientale e mediterranea, e dei sui conflitti, al fine di preservare, potenziare e sviluppare in ogni campo professionale il dialogo fra civiltà e fra Paesi diversi per cultura, storia, religione e sviluppo economico».
In realtà, ben lungi dal porsi nell'ottica di sviluppare nei giovani un pensiero a un tempo critico e consapevole delle vicende che hanno attraversato il secolo scorso e si prolungano in quello attuale, il master “Enrico Mattei” è diventato da tempo una tribuna dove si spaccia per legittima critica alla politica dello Stato di Israele la negazione della Shoah; dove si attribuisce a quelli che il grande antichista Pierre Vidal Naquet ha definito: «gli assassini della memoria», i negatori dell'Olocausto, lo statuto di “storici”; dove si consigliano ai corsisti iscritti al master stesso, quali sussidi didattici, le opere di Carlo Mattogno, autore di testi in cui si mette in dubbio l'uso criminale delle camere a gas di Auschwitz; dove si organizzano convegni, in cui, nascondendosi sotto il drappo, quanto mai improprio in quell'occasione, della “libertà di parola” sono state prese le difese dei negazionisti, considerati quali «storici che negano uno o più tasselli della versione “ufficiale” dello sterminio degli Ebrei nella II guerra mondiale». È invece a tutti noto che costoro non negano questo o quell'aspetto della Shoah, ma sostengono che essa non sia mai avvenuta.
Va da sé che le sedi universitarie debbano essere spazi di libertà di pensiero, tuttavia in esse la serietà, il rigore metodologico e scientifico devono rappresentare un elemento di discrimine irrinunciabile; ci pare invece che nel master “Enrico Mattei” la tendenziosità abbia prevalso su qualunque minimo criterio di scientificità, svilendo così anche la credibilità di un importante ateneo italiano.
Non per caso, sempre in nome di una malintesa “libertà di parola”, il prossimo 18 maggio è annunciata, presso la sala lauree della Facoltà di Scienze Politiche dell'Ateneo teramano una conferenza di Robert Faurisson, un ex professore di letteratura francese presso l'università di Lione - non quindi uno storico - noto propugnatore delle tesi che negano lo sterminio degli ebrei d'Europa per mano dei nazisti e delle forze collaborazioniste, ragion per cui di alcuni milioni di esseri umani si sarebbero perse le tracce senza che si sappia bene il perché...
Permettere che in un luogo deputato alla ricerca scientifica si proclamino assurdità del genere è come chiedere che ad insegnare geografia vadano persone convinte che la terra sia piatta.
Come studiosi, intellettuali, donne e uomini di cultura troviamo estremamente grave che tesi insostenibili e falsificatorie come quelle sostenute e diffuse da Faurisson e dai suoi seguaci, dimostratesi false e pretestuose nonché contrarie ai risultati di decenni di ricerche condotte da storici specialisti di tutti i paesi, e perciò frutto rigorosamente di malafede e partito preso (non esente da sfumature a nostro giudizio antisemite), ottengano la legittimazione implicita nel fatto che vengano enunciate in un'aula universitaria, così come è assai preoccupante che le posizioni espresse da Claudio Moffa e da chi ne condivide il punto di vista siano veicolate da un master universitario, e quindi ricevano, inevitabilmente, una patente di legittimità scientifica, che non meritano in alcun modo perché viziate irreparabilmente da ignoranza e malafede.
(...) Per tutto ciò chiediamo al ministro dell'Università e della Ricerca e agli organi dirigenti l'Ateneo e la Facoltà di esprimersi pubblicamente sul valore formativo e sui contenuti culturali che informano il master “Enrico Mattei”, a nostro giudizio inferiori agli standard minimi di scientificità che devono valere in una Università della Repubblica; contestualmente proponiamo al Miur, all'Ateneo teramano e alla sua Facoltà di Scienze politiche di rendersi disponibili ad organizzare a Teramo un seminario, aperto agli studenti, che abbia al centro da un lato l'analisi del negazionismo e del suo uso politico, dall'altro le vicende di persecuzione e poi di deportazione che travagliarono l'Abruzzo nel periodo 1938-1945.


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