Una democrazia di fronte ai cultori della morte
analisi del conflitto israelo-palestinese
Testata:
Data: 27/04/2007
Pagina: 0
Autore: Gabriele Cazzulini
Titolo: Israele e Palestina: vita e morte

Dal sito RAGION POLITICA del dipartimento formazione di Forza Italia un articolo di Gabriele Cazzulini, che ci auguriamo sia letto da molti militanti del partito, perché è utile per comprendere il conflitto israelo-palestinese, di cui  offre una visione chiara e precisa.
Ecco il testo: 


«Non ripetere gli errori che possono condurre ad un aumento del terrorismo»
. Così Ehud Olmert
, il più impopolare primo ministro della storia israeliana, rivolgendosi alle famiglie delle vittime durante la cerimonia di commemorazione sul Monte Herzl. Il discorso di Olmert offre qualcosa che si avvicina ad uno sfogo personale, pur mantenendosi dentro ai margini del protocollo ufficiale. Fronteggiare i terroristi pone un tremendo «dilemma morale tra la crudele realtà di scendere a patti con i terroristi mentre percepiamo tutto l'abisso che ci separa riguardo ai valori umani, al senso della storia e alle attuali, complesse vicende che impongono scelte dannatamente difficili ai primi ministri di Israele tra valori in conflitto». Mentre nelle sirene risuonano ancora le voci delle vittime del terrorismo, Olmert si conferma pessimo politico ma ottimo conoscitore dei nodi che soffocano la democrazia israeliana con l'assillante problema della sicurezza. E' lo stesso rapporto che mette un uomo di fronte ad una belva. La diversità diventa un abisso in cui sprofonda ogni tentativo di dialogo perché scompare ogni possibilità di reciproca comprensione.

La realtà più concreta di questa incomunicabilità è la trattativa per liberare il caporale israeliano Galid Shalit. I palestinesi chiedono in cambio la liberazione di circa 1500 detenuti - molti dei quali donne e minorenni, tra cui però ci sono anche efferati terroristi pronti a riprendere la lotta armata per uccidere altri civili israeliani. Ecco il dilemma: salvare una vita oggi per mettere a rischio altre vite domani? Che cosa è giusto fare? Questa è l'oscura profondità che annerisce l'anima di un primo ministro di Israele. Non c'è una stella polare, non c'è una formula matematica. C'è invece Israele, un Paese nato nella violenza, allevato dall'odio dichiarato dei suoi vicini e isolato nell'ostilità internazionale. Per l'opinione pubblica internazionale è sempre stato troppo facile schierarsi con i palestinesi oppressi e affamati. Ma è troppo impegnativo per i neuroni bruciati dall'ipocrisia scoprire che la sofferenza del popolo palestinese va scaricata sui suoi scellerati padroni.

La classe politica palestinese continua a sfruttare le istituzioni democratiche come rampa di lancio per i suoi attentati contro Israele. Ne è ennesima riprova il fallimento della riforma delle forze di sicurezza, il braccio armato del conflitto che insanguina la Palestina, intrapreso dal neo ministro degli Interni palestinese Kawasmeh. Le principali forze politiche palestinesi sono dotate di una propria milizia armata, che generalmente dispone di impunità nei confronti della legge e anche degli stessi vertici di partito. E' il braccio armato che spesso comanda la testa politica. Negli ultimi due anni, da quando Hamas ha vinto democraticamente le elezioni facendo sprofondare la Palestina nel caos, le milizie di Hamas hanno spadroneggiato nel tentativo di sbarazzarsi delle milizie del rivale Fatah. Palestinesi contro palestinesi. Il primo ministro Haniyeh ha bloccato ogni iniziativa per mettere un freno all'arbitrio delle milizie. Finora la sua unica reazione è stata rifiutare le dimissioni di Kawasmeh, perché un'altra crisi avrebbe rotto questo governo di paravento che deve coprire la stessa, vecchia lotta per rigettare in mare Israele.

I dirigenti palestinesi continuano ad aver conficcato nella testa l'istinto di annientare per sempre Israele. Dopo due anni di guerra civile il nuovo governo di unità nazionale fa proposte di pace ad Israele, salvo poi lasciare le milizie libere di uccidere. L'unica logica plausibile è quella che smaschera nell'iniziativa di pace con Israele lo strumento per riprendersi i territori persi nella guerra del 1967, lasciando i palestinesi al loro triste destino. Solo una visione di dominio e vendetta può associare la nascita dello Stato palestinese al recupero dei territori del '67.

Questa è la realtà palestinese - e Olmert lo sa bene. Ma finché Israele resta l'unica democrazia mediorientale e finché oggi c'è la possibilità di salvare la vita ad un israeliano in mano ai terroristi, allora la scelta è di trattare anche coi terroristi. E' questa la natura di una democrazia: l'uguaglianza del diritto alla vita. In Palestina questo diritto è rovesciato nel suo opposto: l'uguaglianza del diritto alla morte.

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