Da L'OPINIONE del 30 marzo 2007:
Al valico di Gaza, la faccia tosta della Ue
Nonostante l¹embargo adottato dagli USA e dall¹Europa, l¹America ha
elargito
468 milioni di Dollari, rispetto ai 400 del 2005, mentre la Ue si è presa
la
responsabilità di mantenere un milione di abitanti di Gaza
L¹Unione europea, tramite il Tg3, ha mandato a dire a Israele di non
essere
così fiscale con i controlli sui palestinesi al valico di Rafah, a Gaza.
Pena l¹abbandono dell¹ennesima missione caldeggiata da Massimo D¹Alema
degli 80 osservatori Ue al comando di un generale italiano.
Eppure solo una settimana fa gli osservatori Ue avevano chiesto aiuto
proprio allo stato ebraico per prevenire una serie di attacchi progettati
nei loro confronti proprio dai terroristi di Hamas per spingerli al ritiro
Una bella contraddizione diplomatica, non l¹unica di questi tempi, di cui
bisognerebbe forse chiedere conto a Massimo D¹Alema. Nonchè all¹ammiraglio
italiano Giampaolo Di Paola. Cioè l¹altissimo ufficiale italiano che si
era
visto nei giorni scorsi con il generale capo delle Israelian defence
forces,
Gabi Ashkenazi, per concordare ³piani di fuga² in caso di attacchi dei
guerriglieri palestinesi all¹unità europea di 80 ³monitors² ai comandi
del
generale italiano Pietro Pistolese.
Sia come sia, l¹aria che tira è che presto l¹ennesima iniziativa europea,
nata su input di D¹Alema come la missione Unifil in Libano, potrebbe
finire
a tarallucci e vino.
E gli israeliani dovranno controllarsi da soli la frontiera con l¹Egitto
da
cui entrano nei tunnel armi, droga e ³altre utilitಠper i guerriglieri di
Hamas.
Le strade di fuga studiate a tavolino per ora sono tre: la prima è quella
di
correre attraverso la frontiera egiziana ma è stata subito scartata perché
i
soldati israeliani non potrebbero garantire l¹incolumità degli 80
intrepidi
osservatori una volta in terreno egiziano dove invece potrebbero diventare
prede da tiro a segno dei colpi di fucile dei cecchini. Altra ipotesi
prevede una fuga precipitosa attraverso il valico di Erez, ma implica
l¹attraversamento di quasi tutta la striscia di Gaza, cosa che li
esporrebbe
a rischi persino maggiori.>
Resta l¹unica soluzione possibile, subito accettata dai comandanti
italiani: creare una piccola porta alla barriera antiterrorismo di Gaza
per
fare in modo che da lì, in caso di attacchi dei terroristi palestinesi, si
possa immediatamente riparare in territorio israeliano. Naturalmente, come
nel caso dell¹Unifil e degli indisarmabili Hezbollah, queste notizie a
consuntivo su come finiscano le iniziative di pace europee le si possono
leggere solo sui giornali israeliani. E segnatamente sul Jerusalem Post,
che
il 20 marzo ha dato conto delle pressanti richieste di aiuto e di
assistenza avanzate dagli europei ai soldati israeliani. Che vengono
osservati in cagnesco quando sono loro a dovere prendere iniziative
repressive contro il terrorismo palestinese.
A proposito del quale c¹è un¹altra leggenda da sfatare: che con il governo
di Hamas siano finiti gli aiuti internazionali.
Chi la propaganda mente sapendo di farlo. Mercoledi scorso, molti
quotidiani
riportavano, ma non tanti in Italia e nella Ue, riportavano un rapporto
dell¹Onu e del Fondo Monetario Internazionale secondo il quale nel 2006 i
palestinesi avevano ricevuto più del doppio degli aiuti finanziari,
rispetto
al 2005.
Nonostante l¹embargo adottato dagli USA e dall¹Europa, l¹America ha
elargito
468 milioni di Dollari, rispetto ai 400 del 2005, mentre la Ue si è presa
la
responsabilità di mantenere un milione di abitanti di Gaza, circa un
quarto
del totale, per l¹anno in corso. Cifre veramente ragguardevoli dunque. Che
sfatano la leggenda dei ³poveri palestinesi bisognosi perché la cattiva
Israele gli ha fatto togliere gli aiuti².
Racconta Elena Lattes in un articolo apparso su ³Agenzia radicale² che ³il
rappresentante dell¹Unione Europea a cui è stato chiesto se gli aiuti
sarebbero stati maggiori nel caso in cui ci fosse stato il riconoscimento
del nuovo governo, sempre guidato da Hamas, ma con qualche ministro di
Fatah
e altri partiti minori, si è messo a ridere affermando che probabilmente
sarebbero stati invece inferiori.²
I paradossi del politically correct.
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