Non è questa la storia di Israele
una scheda poco informativa
Testata:
Data: 28/03/2007
Pagina: 1
Autore: la redazione
Titolo: Storia di Israele
Dal sito PEACEREPORTER, una storia di Israele e del conflitto mediorentale, con molte scorrettezze
http://www.peacereporter.net/dettaglio_mappamondo.php?idc=8&idm=4&menu_aree=46 :


Dopo la dichiarazione Balfour (ministro degli esteri inglese) nel 1917, in cui per la prima volta si fa riferimento al diritto del popolo ebraico a rivendicare un “focolare nazionale” in Palestina, nel 1947 la Gran Bretagna rimette il suo mandato sulla Palestina all'Onu, che sancisce (risoluz. 181) la spartizione del territorio e la nascita di due Stati separati, uno arabo e uno ebraico. La decisione non viene accettata dagli arabi che incitano alla ribellione gli abitanti della zona. I palestinesi, stretti tra il nazionalismo arabo e i gruppi sionisti che reclamano immediatamente la terra, fuggono abbandonando i territori che nel 1948, dopo la proclamazione di Ben Gurion, diventano lo Stato d'Israele.

Viene omessa la guerra  scatenata dai palestinesi agli ordini del muftì Haji Amin Al Husseini.
Ed'è spagliata l'espressione "i gruppi sionisti che reclamano immediatamente la terra": la terra era stata comprata e lavorata a partire dagli ultimi decenni dell'Ottocento. I sionisti nel recalamavano l'indipendenza, anche per potersi di difendere da chi voleva scacciarli 


In risposta, i paesi arabi confinanti muovono guerra al neonato stato ebraico che, grazie alla sua superiorità militare si appropria di un territorio molto più ampio di quello assegnatogli dal mandato Onu.

La "superiorità militare" di Israele nel 48 fu la superiorità di chi combatteva per soprravvivere, rispetto a chi combatteva per distruggere.
Il "territorio molto più ampio" deve essere commisurato alla scala di Israele, oggi estesa su un territorio equivalente grosso modo al Piemonte. 

Una nuova ondata di profughi palestinesi si riversa fuori da Israele.

E i profughi ebrei?

 Nel 1956 gli scontri si trasformano in un vero e proprio conflitto che vede contrapposti Egitto a Israele. Le truppe israeliane invasero il deserto del Sinai (con l'appoggio diplomatico di Francia e Gran Bretagna) per forzare il blocco del canale di Suez imposto dal governo di Nasser. Nel 1964 viene fondata dalla fusione dei movimenti laici e di sinistra
Questi movimenti "laici e di sinistra" avevano come programma politico "buttare fgli ebrei a mare"
 l'Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp), mentre in territorio israeliano iniziano le azioni di guerriglia dei feddayn palestinesi, in particolare del gruppo Al-Fatah, guidato da Yasser Arafat. La tensione sale fino all'esplosione di un nuovo conflitto nel 1967, noto come la "guerra dei sei giorni", durante il quale Israele occupa la parte est di Gerusalemme, i territori palestinesi di Cisgiordania e Gaza, il Sinai egiziano e il Golan siriano.

per difendersi da un aggressione

 L'Onu impone ad Israele di ritirarsi (risoluz. 242), ma questo non avviene.

L'Onu chiede il ritiro di Israele  "da" territori occupati nel contesto di una pace globale. I paesi arabi rifiutano la pace, il riconoscimento e la trattativa

 Nel 1969 Arafat diventa presidente dell'Olp e imbocca la strada della lotta armata contro lo stato israeliano. Nello stesso periodo iniziano anche gli attentati da parte dei gruppi palestinesi più radicali come "Settembre nero".

Anche Al Fatah compiva attentati contro civili israeliani !

Nel 1973-'74 (guerra del Kippur), Egitto e Siria tentano la riconquista del Sinai e del Golan, senza riuscirvi.

Non viene detto che quella del Kippur fu una guerra di aggressione

Nel conflitto intervengono con ponti aerei di rifornimento militare l'Urss a sostegno dell'Egitto e gli Stati Uniti a sostegno d’Israele. (L'esercito israeliano si ritirerà dal Sinai solo nel 1981, dopo un accordo di pace separato con l'Egitto). Alla fine della guerra, l'Onu riconosce il diritto del popolo palestinese all'autodeterminazione e all'indipendenza, condanna la moltiplicazione delle colonie ebraiche nei territori occupati e condanna il sionismo israeliano come forma di razzismo, minacciando sanzioni a Israele, mai applicate per il veto americano.

Non viene ricordata la maggioranza, islamica, comunista e terzomindista che rese possibile questa scandalosa risoluzione, poi abrogata 
Nel 1982 Israele invade il Libano per annientare le strutture militari
Strutture militari che compivano attentati in Israele, contro i civili 

dell'Olp (che aveva trasferito qui la sua base operativa dopo la cacciata dalla Giordania nel 1970). Durante l'assedio israeliano di Beirut, guidato dal generale Ariel Sharon, milizie filo-israeliane massacrarono oltre duemila civili palestinesi nei campi profughi di Sabra e Chatila.
 Il Libano meridionale viene occupato stabilmente dall'esercito israliano, contro il quale inizia la guerriglia

Il terrorismo

 del gruppo Hezbollah, sostenuto da Siria e Iran. (Israele si ritirerà dal Libano nel 2000). Cacciato dal Libano, Arafat sposta a Tunisi il quartier generale dell'Olp, che i caccia israeliani bombardano nel 1985.

In seguito a un atto di terrorismo

 Il progressivo intensificarsi della repressione israeliana

Questa affermazione dovrebbe essere sostenuta da dati precisi che non ci sono

 nei Territori Occupati fa esplodere nel 1987 un'insurrezione popolare (intifada) del popolo palestinese contro le truppe israeliane. Uomini, donne e bambini si scagliano con tutti i mezzi contro un esercito tra i più efficienti del mondo. Nessun obiettivo militare poteva essere raggiunto ma l'opinione pubblica internazionale si mobilita per la causa palestinese.

Il terrorismo della prima intifada viene taciuto

 Nel 1988 Arafat proclama la nascita di uno Stato palestinese nei Territori Occupati, riconoscendo per la prima volta il diritto all'esistenza dello stato israeliano e ripudiando il terrorismo.
Dopo la fine della guerra fredda e dopo la prima guerra in Iraq si aprono i primi spiragli di pace: l'avvio di trattative segrete tra l'Olp e il governo israeliano del laburista Itzhak Rabin portano nel settembre del 1993 all'accordo di Oslo, con cui Israele riconosce l'autonomia limitata dei Territori Occupati e l'avvio di forme di autogoverno palestinese con la costruzione (1994) di un'Autorità nazionale palestinese (Anp) presieduta da Arafat. A questo accordo si oppongono gli estremisti di entrambe le parti: i coloni ebrei e la destra israeliana (sarà un ebreo ortodosso estremista  ad assassinare Rabin nel 1995) e gli integralisti islamici di Hamas nei Territori, che avviano una sanguinosa campagna di attentati con l'effetto di rafforzare le posizioni della destra israeliana, che nel 1996 va al potere.

Tra Hamas e coloni non c'è equivalenza. I coloni non sono terroristi.  
Gli attentati suicidi iniziano subito dopo gli accordi di Oslo. La destra israeliana sale al potere 3 anni dopo, perché la "pace" ha portato agli israeliani insicurezza e lutti.

L'elezione del premier Benjamin Nethanyau blocca il processo di pace per due anni fino alla firma di un accordo per il parziale ritiro delle truppe israeliane dalla Cisgiordania.

Il processo di pace, dunque, prosegue

 I negoziati si interrompono del tutto nel 2000 dopo il fallimento del vertice di Camp David (luglio 2000) tra Arafat e il premier israeliano Ehud Barak, che non riescono a trovare un accordo su due punti principali: il ritorno dei profughi palestinesi e lo status di Gerusalemme, rivendicata come capitale da entrambe le parti. Inutile la mediazione dell'amministrazione Usa del presidente democratico Clinton che voleva lasciare la presidenza con un importante successo diplomatico. 

E' Arafat ad abbandonare alle trattative
Nel settembre del 2000 la situazione precipita. La provocatoria passeggiata di Ariel Sharon, futuro Primo Ministro israeliano, sulla Spianata delle Moschee nel giorno dell’anniversario dei massacri di Sabra e Chatila, è il pretesto per scatenare la seconda intifada. Da quel momento l’intifada ha causato la morte di più di tremilacinquecento persone, tra israeliani, palestinesi e giornalisti. I tentativi per riportare la questione ad un piano diplomatico sono naufragati in una spirale di attentati e rappresaglie sempre più sanguinose. Il 30 aprile del 2003, con la mediazione del cosiddetto “Quartetto” (Unione Europea, Russia, Usa e Onu), si è tracciata una bozza di accordo nota come “Road Map” che prevedeva, attraverso fasi differenti, il ritorno alla pace. Le diplomazie occidentali sono divise sulla figura di Arafat, ritenuto troppo ambiguo verso la lotta al terrorismo. La figura su cui confluiva l’appoggio di tutti era quella di Abu Mazen, moderato dell’ANP, ma il suo governo è durato poco, schiacciato dalla lotta di potere all’interno dell’ANP. Il governo di Ariel Sharon ha avviato la costruzione di un muro di sicurezza che dovrebbe impedire ai kamikaze palestinesi di entrare in Israele. Questo progetto, più volte condannato dall’Onu, dagli Usa e dall’Unione Europea, dovrebbe correre sulla linea dei confini dettati dai trattati del 1967, ma i palestinesi denunciano sconfinamenti. Oggi la speranza è riposta nel documento noto come “Accordo di Ginevra”, perché appoggiato dal governo svizzero, stipulato dopo due anni di trattative tra la sinistra israeliana, polemica verso le scelte dell’esecutivo Sharon, ed esponenti moderati dell’Autorità Palestinese. Le due figure di riferimento sono Yossi Beilin per Israele e Yasser Rabbo per l’ANP, tutti e due ex ministri dei rispettivi paesi. 

L'accordo di Ginevra, è un'ipotesi altamente irrealistica, non un accordo tra parti rappresentative

L' 11 novembre 2004 è morto Yasser Arafat, l'uomo che nel bene e nel male ha dato alla causa Palestinese una dignità internazionale. Oggi il potere dell'Anp è nelle mani di Abu Mazen, eletto il 9 gennaio Presidente dell'ANP con il 66 per cento dei voti.
Il 23 agosto del 2005 viene terminato il piano di smantellamento di 21 insediamenti nella Striscia di Gaza e di 4 in Cisgiordania. Deciso senza consultare i Palestinesi e motivo di laceranti polemiche tra il governo Sharon e il movimento dei coloni, ha segnato comunque una svolta storica per la questione israelo-palestinese. Sharon è atteso al varco dall'opinione pubblica israeliana che valuterà i risultati di un passo come questo che ha lasciato una profonda ferita nel movimento dei coloni e della destra religiosa. Una ferita non rimarginabile, tanto da portare alla scissione del Likud: la destra israeliana perde la sua guida storica Ariel Sharon che, assieme a Shimon Peres e a molti transfughi del Likud e dei laburisti fonda il movimento Kadima a metà novembre 2005. I sondaggi danno per sicuro vincitore alle prossime elezioni politiche israeliane del 28 marzo, ma un grave malore colpisce Sharon all'inizio del mese sucessivo, lasciando all'improvviso senza guida politica Israele. Nel frattempo l'ANP è invece chiamata a dimostrare, avendo per la prima volta un territorio d'amministrare, di essere capace di vincere la corruzione e di emarginare i movimenti armati.

Vogliamo fare un bilancio? Dire che l'ANP non ne è stata capace?

Mazen ha fatto quello che ha potuto, ma le elezioni politiche del 25 gennaio 2006, le prime in Palestina dal 1996, segnano il trionfo di Hamas che ottiene 76 seggi su 132. L'impegno nel sociale di Hamas  ha sconfitto la corruzione di Fatah, ma adesso il rischio di una Palestina dimenticata dai grandi della Terra è sempre più forte.
L'Unione europea e gli Stati Uniti, che con le loro donazioni tengono in pratica in vita l'agonizzante economia palestinese, bloccano quasi del tutto i finanaziamenti ai palestinesi, in quanto per Washington Hamas è un'organizzazione terroristica, mentre per Bruxelles neanche un soldo verrà più concesso fino a quando Hamas non riconoscerà lo Stato d'Israele.

Hamas non si limita a non riconoscere Israele, vuole distruggerlo.

La situazione della popolazione civile nella Striscia di Gaza si fa insostenibile.

I finanziamenti continuano ad arrivare, ad Abu Mazen dall'Europa e direttamente al governo dall'Iran, ma vengono spesi in armi e terrore, non per il benessere della popolazione.

 Cominciano a emergere le rotture tra il gruppo dirigente di al-Fatah e quello di Hamas, con accuse reciproche riguardo alla responsabilità della situazione attuale. Israele, pur ritirandosi dalle colonie, controlla la situazione a Gaza, anche militarmente.

Gaza è diventata l'avamposto del terrorismo contro Israele. Per questo Israele ne controlla i confini

La tensione è alta e, alla fine di giugno 2006, una pattuglia israeliana viene attaccatta e un caporale dell'esercito di Tel Aviv viene rapito. L'esercito israeliano, pur impegnato a nord nella guerra in Libano contro Hezbollah, lancia una dura offensiva militare, chiamata 'pioggia d'estate', che causa lutti e dolore alla popolazione civile palestinese. A quel punto, la tensione tra le milizie di Hamas e quelle di Fatah deflagra: in più occasioni, con 'cessate il fuoco' temporanei che saltano sistematicamente, i guerriglieri dell'una e dell'altra parte si combattono apertamente per le strade di Gaza. Non era mai successo prima. Intanto, a ottobre 2006, il governo israeliano lancia una nuova operazione, 'nuvole d'autunno',

Del terrorismo a cui l'operazione rispondeva non si fa cenno.

che aggrava ancor di più la situazione umanitaria nella Striscia. Per sbloccare la situazione, e per porre fine alla guerra intestina, l'Arabia Saudita si offre come mediatrice tra Hamas e Fatah.

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