Il diritto di Israele a difendersi
e ad avere confini sicuri
Testata:
Data: 22/03/2007
Pagina: 3
Autore: Baron de la Brède
Titolo: Difendiamo il diritto di Israele a difendersi
Dal RIFORMISTA del 22 marzo 2007:

A Roma, per iniziativa della Fondazione Magna Carta e del Jerusalem Center for Public Affairs, si è discusso di «Confini difendibili per Israele». Un'occasione, quella a Palazzo Rospigliosi, per tornare ai termini esatti della risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (la fatidica 242) del 22 novembre 1967 e da lì guardare avanti.
Quelli anteriori al 1967 erano esclusivamente confini militari, creati nel 1949, che mai erano stati riconosciuti come confini internazionali. Di qui, nelle organizzazioni internazionali, la pessima abitudine degli ultimi quarant'anni a ragionare di pace duratura, di due popoli e di due Stati, sempre però avendo in mente soltanto l'agenda politica dei palestinesi e sempre prescindendo dai vitali interessi di difesa di Israele.
Tanto da parte del senatore Gaetano Quagliariello, che ha introdotto i lavori, quanto da parte dell'ambasciatore Dore Gold, che ne è stato il maggior protagonista, si è rilevato come quella pessima abitudine, perfidamente ampliatasi al rango di tacita convenzione, rappresenti il maggior ostacolo a ogni ipotesi di pace. In fondo, nel suo bel libro apparso in questi giorni in edizione italiana, Palestina, la storia incompiuta: la tragedia arabo-israeliana (Milano, 2007), Shlomo Ben Ami utilizza argomenti sinergici con quelli sviluppati a Roma dagli studiosi del Jerusalem Center.
Nella vita degli israeliani la guerra del 1967 segnò uno spartiacque. Dell'incontro con le terre bibliche di Giudea e Samaria il sionismo avrebbe anche potuto subire una ridefinizione, facendo venir meno il tradizionale rispetto della precedente generazione israeliana per i diritti dei propri vicini. Non fu così. Ma proprio all'Onu si volle insinuare che fosse avvenuto così: allo Stato di Israele si volle comunque imporre il codice riservato a uno Yishuv; la irriducibile opposizione degli arabi ad accettare una comunità ebraica al loro interno trovò comunque comprensione e consensi.
Le priorità di Israele, come emerso nel seminario di Magna Carta, non compromettono affatto il principio della contiguità territoriale palestinese. La valle del Giordano, «nella più ampia accezione del termine» amava dire Yithak Rabin, tiene lontane dalle maggiori città di Israele tutte quelle armi terroristiche fatte entrare nella parte occidentale dell'Iraq e in quella settentrionale dell'Arabia Saudita.
Per bloccare questo tipo di traffico non è che Israele possa far affidamento sui servizi di sicurezza palestinesi. Quando nel 2005, da poco presidente Abu Mazen, ci si accorse che nella striscia di Gaza l'intelligence militare palestinese aveva introdotto missili antiaerei portabili a spalla, l'Europa decise di non accorgersene. Fu per abuso di viltà, non per eccesso di responsabilità: l'ennesima manifestazione di insensibilità al diritto di Israele ad avere confini difendibili. Sotto il profilo della strategia militare, quanto sotto quello del diritto internazionale, non può esserci stabilità regionale in Medio Oriente eludendo la questione. Del resto, essa risale al '67: anzi, al '49.


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