Dal CORRIERE della SERA di oggi, 18/03/2007, a pag.14, la cronaca del nuovo governo palestinese, la fotocopia del precedente ( si veda IC di ieri l'analisi di Angelo Pezzana su LIBERO). A seguire una lettera inviata al CORRIERE che traccia un ritratto del sottosegretario Ugo Intini, degno erede della politica filo araba, e filo terrorista, del non rimpianto Craxi.
Ecco l'articolo di Davide Frattini .
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
GERUSALEMME — Ottantatre mani alzate a favore, tre contro, quarantuno deputati nelle carceri israeliane, due strategie differenti. Il governo di unità nazionale palestinese è nato in videoconferenza parlamentare tra Gaza e Ramallah e con le benedizioni opposte di Abu Mazen e Ismail Haniyeh. Il presidente proclama il «rifiuto di ogni forma di violenza per raggiungere un accordo di pace definitivo», il premier invita «alla resistenza in tutte le sue forme per porre fine all'occupazione: è un nostro legittimo diritto».
I leader di Hamas e Fatah hanno un obiettivo comune: rompere l'embargo deciso da Stati Uniti, Israele ed Europa, dopo la vittoria dei fondamentalisti alle elezioni nel gennaio del 2006. La Norvegia ha già annunciato di essere pronta a ristabilire i contatti economici e politici. L'Unione Europea (presidenza tedesca) ha dato il benvenuto, con riserva: «Riprenderemo gli aiuti verso un esecutivo che adotti una piattaforma che rifletta i principi voluti dalla comunità internazionale. Verificheremo con attenzione le scelte dei ministri». Alvaro de Soto, inviato Onu per il Medio Oriente, e il ministero degli Esteri britannico giudicano la coalizione «un passo nella giusta direzione». Gli americani hanno criticato il riferimento al «diritto alla resistenza»: «È preoccupante. Il discorso di Haniyeh è stato deludente», ha commentato il Dipartimento di Stato.
Ehud Olmert ripete di non voler cooperare «con un governo che non riconosce la nostra esistenza, non accetta i trattati firmati in passato e soprattutto non rinuncia al terrorismo », spiega Miri Eisin portavoce del premier israeliano. Olmert continuerà a lavorare con Abu Mazen, come ieri gli ha chiesto il presidente da Gaza: «Diamo il via a negoziati che portino a una pace giusta».
Della squadra di Haniyeh, dominata da Hamas, fanno parte Salam Fayyad, ministro delle Finanze, e Ziad Abu Amr, che da capo della diplomazia è già stato invitato a Parigi. Tutt'e due sono considerati dei moderati dagli occidentali (Fayyad ha lavorato al Fondo Monetario Internazionale) e per i palestinesi sono le chiavi che potrebbero riaprire i forzieri degli aiuti economici. «Sto già riorganizzando i conti dell'Autorità per poter ricevere i fondi, quando i donatori decideranno di inviare il denaro», ha spiegato Fayyad al
New York Times.
Haniyeh ha ribadito che l'alleanza tra le fazioni cercherà di «far nascere uno Stato palestinese nei confini del 1967, con Gerusalemme Est come capitale». I negoziati saranno condotti da Abu Mazen, com'era stato deciso dall'accordo alla Mecca, l'8 febbraio. L'eventuale intesa raggiunta con Israele dovrà essere sottoposta a un referendum. Il premier vuole estendere il cessate il fuoco con lo Stato ebraico anche alla Cisgiordania. «Prima di pensare ad allargare la tregua, deve fermare i lanci di razzi Qassam dalla Striscia di Gaza», hanno reagito dall'ufficio di Olmert.
Mahmoud Zahar, ex ministro degli Esteri che non ha ottenuto un posto nel nuovo governo, ha ripetuto che «Hamas non rinuncerà ai suoi principi. Non è possibile parlare di confini permanenti, solo di una tregua di lungo periodo». Saeb Erekat, uno dei consiglieri del presidente palestinese, ha attaccato il discorso di Haniyeh: «Avrei voluto sentirgli dire "rinunciamo alla violenza e accettiamo la soluzione dei due Stati". Citare i confini del 1967 è stato un passo importante, lo invito a percorrere l'ultimo chilometro e a conformarsi ai principi internazionali".
e la lettera di Ester Picciotto a Sergio Romano, dalla quale traspare l'acume politico di Ugo Intini: