Dal CORRIERE della SERA del 13 marzo 2007:NEW YORK — I gruppi antisemiti l'hanno bombardato di insulti, l'ambasciata polacca a Washington ha inviato una protesta ufficiale, ma il pubblico fa la fila tutte le sere per vederlo. Last Jew in Europe («L'ultimo ebreo in Europa»), opera del regista e scrittore teatrale Tuvia Tenenbom, allestita dall'11 marzo al Teatro Ebraico di New York, ha creato, insomma, il solito putiferio che accompagna puntualmente ogni opera di quello che è stato definito «uno dei drammaturghi contemporanei più iconoclasti ed innovativi».
La «tragicommedia», come viene definita dal programma, racconta la storia di Jozef, un ebreo polacco di Lodz innamorato della ballerina Maria, figlia del famoso pastore cristiano Papa Jocka — fondatore della «Chiesa del Cristo Crocifisso in Cristo» — e della sua cattolicissima moglie Zbrodzka, di professione macellaia.
Certo che, scoprendo le sue origini, la fidanzata antisemita lo avrebbe lasciato, Jozef fa di tutto per nascondere di essere ebreo.
Ma due giorni prima del loro matrimonio un giovane mormone, giunto in missione dallo Utah per dissotterrare dagli archivi i nomi degli ebrei polacchi periti nell'Olocausto e battezzarli, scopre l'incredibile verità: il padre di Jozef, ovvero il patologo dottor Kweczke, è figlio del dottor Joseph Mengele, il famigerato Angelo della Morte di Auschwitz, mentre i genitori di Maria sono due ebrei devoti, costretti a nascondersi nella Polonia antisemita e intollerante del 2006.
La graffiante commedia degli errori si risolve in un totale rovesciamento di ruoli e alla fine è Jozef, nazista neo-certificato, che si rifiuta di sposare Maria, ormai solo un'altra «sporca ebrea».
Per illustrare ciò che definisce «l'indisturbato Paradiso antisemita nel cuore dell'Unione europea», Tenenbom usa dialoghi provocatori ed ilari che attingono dalle peggiori leggende antisemite ancora oggi in voga in Polonia («gli ebrei mangiano le feci e bevono l'urina»; «la promiscuità è uno dei sintomi del Giudaismo»; «l'ebraismo è l'unico virus dell'anima noto tra gli uomini»).
Ma uno degli aspetti più incendiari di Last Jew in Europe
è in apertura dello show. Si tratta del montaggio di foto scattate nel 2006 a Lodz che ritraggono gli agghiaccianti graffiti antisemiti che tappezzano la città natale di Roman Polanski e Arthur Rubinstein, un tempo culla della grande cultura yiddish e dove, prima della guerra, abitava la seconda comunità ebraica più vasta della Polonia, dopo Varsavia.
Uno di questi graffiti ritrae una famiglia di «piccoli ebrei» carichi di soldi. Un altro una stella di Davide impiccata ad una ghigliottina.
Un altro inneggia a «spedirli tutti nelle camere a gas». La decisione di iniziare lo show con queste immagini non è andata a genio all'ambasciata polacca di Washington che ha trasmesso una protesta ufficiale per costringere il teatro a censurarle.
La controversia ha scatenato i gruppi antisemiti sul Web: «Tutti sanno che gli autori di questi graffiti sono le stesse bande ebraiche di Lodz», ringhia flagwaver1969 su You- Tube in uno dei tantissimi blog scagliatisi contro lo show. «La mia è una storia vera», ribatte il regista, discendente da una celebrata dinastia di rabbini chassidici e rabbino lui stesso, prima di intraprendere la carriera teatrale.
Durante la recente trasferta nella città dei suoi avi, Tenenbom ha scoperto che sopra il cimitero ebraico di Lodz il governo Polacco nel '57 ha eretto un intero quartiere, senza mai prendersi la briga di rimuovere le tombe. «Ho incontrato un'anziana — racconta — tutta esaltata perché "gli ebrei sepolti là sotto sono un magnifico concime che da un sapore irresistibile alle mie mele"». E, aggiunge, «in un monastero di Lublino mi sono imbattuto in un tipo che non dormiva la notte perché "ci sono troppi ebrei nel mondo"». Tenenbom non è nuovo alle controversie e in passato le sue opere su temi scottanti quali la Cabalà, gli attentati suicidi e i rapporti neri-ebrei gli hanno tirato addosso gli anatemi di Madonna, del re della pornografia Howard Stern e persino del New York Times.
Ma quest'ultima opera, acclamata dai giornali tedeschi Süddeutsche Zeitung e
Theaterheute, è forse la più controversa di tutte.
«Dopo lo show, molta gente va a stringergli la mano per dirgli "questa è la mia storia: è capitata anche a me"», spiega Isi Tenenbom, moglie e collaboratrice del regista. Secondo un sondaggio svolto da B'nai Brith e dalla Anti-Defamation League, la Polonia è tra i Paesi europei oggi più antisemiti, (insieme a Italia, Spagna e Germania).
Eppure degli oltre 230.000 ebrei del ghetto di Lodz, soltanto 877 si salvarono. Tutti abbandonarono la Polonia, emigrando altrove. «L'ironia è proprio questa — dice Tenenbom —, i Paesi senza più ebrei sono anche i più antisemiti».
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