Troppi colori in quelle cartine, l'Occidente vuole scatenare una guerra civile in Medio Oriente
Robert Fisk teorico del complotto
Testata:
Data: 07/03/2007
Pagina: 1
Autore: Robert Fisk
Titolo: La Geografia dell'odio

Contro la storia dell'islam e la cronaca, Robert Fisk sostiene che tra sunniti e sciiti, drusi , cristiani e curdi tutto andrebbe bene, se non fosse per le cartine colorate che indicano la distribuzione dei gruppi etnici e religiosi in Medio Oriente.
Prodotte in Occidente, stampate sui grandi quotidiani inglesi e americani,  tali cartine portano il
 giornalista a dirsi certo che è l'Occidente a volere e a promuovere la guerra civile in Iraq, in Libano e in genere in Medio Oriente.

Un articolo che rende evidente che chi è disposto a credere a Robert Fisk è disposto a credere a qualsiasi cosa, purche nella storia le parti dei cattivi siano state assegnate ai soliti candidati: Israele, Stati Uniti, occasionalmente Gran Bretagna.

L'UNITA' a Fisk crede, e lo pubblica sistematicamente:



Perché stiamo cercando di dividere i popoli del Medio Oriente? Perché stiamo cercando di separarli, renderli differenti, ricordare loro - continuamente, insidiosamente, malevolmente, crudelmente - le loro divisioni, i loro sospetti, la loro propensione a odiarsi l’un l’altro? È solo il nostro spontaneo razzismo? O c’è qualcosa di più sinistro nei nostri animi occidentali? Prendiamo le cartine geografiche. Sono il solo a essere disgustato dalla nostra propensione giornalistica a pubblicare cartine geografiche settarie del Medio Oriente?
Sapete esattamente cosa voglio dire. Conosciamo tutti benissimo la carta geografica a colori dell'Iraq. Gli sciiti in basso (ovviamente), i sunniti nel «triangolo» centrale - in realtà è più un ottagono (o magari un pentagono) - e i curdi a nord. O la carta geografica del Libano, dove vivo. Gli sciiti in basso (ovviamente), i drusi nell'estremo nord, i sunniti a Sidone e lungo la fascia costiera a sud di Beirut, gli sciiti nei sobborghi meridionali della capitale, i sunniti e i cristiani in città, i cristiani maroniti più a nord, i sunniti a Tripoli, altri sciiti a est. Ma quanto ci piacciono queste carte geografiche. L'odio spiegato al popolo.
Naturalmente non è così semplice. Vivo in una piccola enclave drusa nella parte occidentale di Beirut. Ma il droghiere vicino a casa mia e il mio autista sono sunniti. Suppongo non siano affatto turbati per il fatto di trovarsi nella parte sbagliata della cartina. Dovrei dire al mio autista Abed che stando alla nostra cartina non può più parcheggiare davanti a casa mia? O dovrei dire all'editore musulmano dell'edizione araba del mio libro La grande guerra per la civiltà che non possiamo più vederci per pranzo da «Paul's», il ristorante che preferiamo per incontrarci e che si trova nella zona orientale di Beirut perché secondo la nostra cartina questa è una zona cristiano-maronita? A Tarek al-Jdeidi (sunnita) alcune famiglie sciite se ne sono andate da casa - temporaneamente, sia ben chiaro, una breve vacanza, le chiavi lasciate ai vicini come d'abitudine - il che vuol dire che le nostre cartine di Beirut sono ora più chiare, più facili da capire. La medesima cosa sta accadendo su scala molto più vasta a Baghdad. Ora l'abitudine di colorare i vari settori può essere più sfacciata. Non è più necessario usare quella parola che può indurre confusione: «mista». Abbiamo fatto la stessa cosa nei Balcani. La valle della Drina in Bosnia era musulmana fino alla «pulizia» ad opera dei Serbi. Srebrenica? Cancellare «area sicura» e aggiungere «serba». Krajina? Serba fin a quando è stata conquistata dai croati. Li chiamavamo «croati»? O «cattolici»? O entrambe le cose nelle nostre cartine geografiche? La nostra colpa in questo gioco settario è ovvia. Vogliamo dividere gli «altri», «loro», i nostri potenziali nemici, gli uni dagli altri mentre noi - noi occidentali civilizzati con i nostri valori raffinati, unificati, multiculturali - siamo inattaccabili. Potrei disegnare una cartina settaria di Birmingham, ad esempio - indicando le zone «musulmane» e «non musulmane» (non sono molti i cristiani rimasti in Inghilterra) - ma nessun giornale la pubblicherebbe. Potrei disegnare una cartina etnica estremamente precisa di Washington completa delle strade di confine che dividono la comunità «nera» da quella «bianca», ma il Washington Post non pubblicherebbe mai una cartina del genere.
Immaginate quanto potrebbe divertirsi con i colori il New York Times disegnando Brooklyn, l'East River, i neri, i bianchi, gli italiani, i cattolici, gli ebrei, i Wasp (NdT, White anglo-saxon protestants, protestanti bianchi di origine anglosassone). O quanto potrebbe divertirsi il Globe and Mail di Toronto con gli abitanti di Montreal divisi in canadesi francofoni e non francofoni (la linea di divisione segue ad un certo punto la metropolitana cittadina) o con quelli di Toronto (con «Little Italy» diventata ora ucraina o greca) e con il colore del sobborgo di Mississauga diventato verde, naturalmente a causa della presenza di musulmani. Ma nelle nostre società noi non disegniamo queste cartine hitleriane. Sarebbe imperdonabile, un segno di cattivo gusto, una cosa che «noi» non facciamo nella nostra civiltà preziosa e ben sorvegliata.
Questa settimana passando davanti ad una bancarella di libri a New York, l'occhio mi è caduto sulla abominevole rivista Time sulla cui copertina - che avrebbe potuto essere benissimo la copertina di una rivista nazista degli anni 30 - figuravano due uomini incappucciati, uno in nero e l'altro quasi completamente coperto da un fazzoletto a quadri. «Sunniti contro sciiti», diceva il titolo. «Perché si odiano». Si trattava naturalmente di un servizio sulla guerra civile in Iraq - una guerra civile, sia detto per inciso, di cui i portavoce americani a Baghdad parlavano nell'agosto del 2003 quando non c'era un solo iracheno che potesse immaginare nei suoi peggiori incubi quello che poi sarebbe accaduto.
Caro lettore compra la rivista Time, vai a pagina 30 e cosa troverai? «Come distinguere i sunniti dagli sciiti». Veramente utile, eh? E poi colonne e colonne di informazioni utili e idonee a rimarcare le divisioni. I «nomi» ad esempio. «Alcuni nomi recano l'impronta di appartenenza settaria... Abu Bakr, Omar e Uthman... uomini con questi nomi sono quasi certamente sunniti. Quelli che si chiamano Abdel-Hussein e Abdel-Zahara (a proposito, non mi è mai capitato di incontrare uno che si chiamasse Abdel-Zahara) «sono con ogni probabilità sciiti». Poi ci sono alcuni paragrafi intitolati «Preghiera», «Moschee», «Case», «Accenti» e «Dialetti» e persino - che Dio ci salvi - «automobili». Quest’ultimo paragrafo, per i lettori non ancora sopraffatti da un sentimento di incredulità, ci dice quali adesivi guardare sulle automobili (se c'è un adesivo che ritrae l'Imam Ali l'automobilista è sicuramente sciita) o quale targa guardare (una targa della provincia di Anbar, ad esempio, sta ad indicare che con ogni probabilità l'automobilista è sunnita).
Di nuovo grazie. Non so per quale ragione i militari americani non si limitano a comprare il numero di Time di questa settimana e a sganciarne un bel po' di copie su Baghdad per aiutare gli assassini locali eventualmente ancora ignoranti ad individuare con facilità i loro obiettivi. Ma Time ci aiuterà ad individuare la società americana profondamente divisa (chi ha più spazzatura nei giardini a Washington, quali adesivi sulle automobili cercare a Dearborn, Michigan)? Credete che lo farà?
Anche io mi sento colpevole di fare questi giochetti settari in Medio Oriente. Chiedo ad un libanese o ad una libanese da dove viene non per ricordare le montagne e i fiumi vicino a casa sua, ma per incasellarlo nella mia cartina. Ma mi capita spessissimo di fare fiasco. L'uomo che mi dice di venire dal sud del Libano (sciita) abita nella cittadina drusa meridionale di Hasbaya. La donna che mi dice di essere di Jbeil (cristiana) si dà il caso appartenga alla minoranza sciita di quella cittadina. Oh, se solo queste fastidiose minoranze se ne andassero a vivere nel settore giusto delle nostre cartine imperiali e settarie!
E continuiamo a parlare con i nostri monarchi sunniti in Medio Oriente - ascoltiamo le loro deliranti lamentele sul «crescente pericolo sciita» - e quindi non c'è da meravigliarsi se odiamo così tanto l'Iran sciita. E continuiamo a dividere e a scindere le terre e a stampare continuamente le nostre cartine razziali ed io mi chiedo seriamente se è nostra intenzione promuovere la guerra civile in questa parte del mondo. E sapete una cosa? Sono propenso a pensare che è proprio questa la nostra intenzione.
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© The Independent
Traduzione di
Carlo Antonio Biscotto

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