Una vergogna francese
Bernard Henry Levy sulle dichiarazioni antisemite dell'ex premier francese Raymond Barre
Testata: Corriere della Sera
Data: 07/03/2007
Pagina: 44
Autore: Bernard Henry Lèvy
Titolo: Raymond Barre, antisemita
Dal CORRIERE della SERA del 7 marzo 2007:

S ono da poco passate le venti, giovedì sera, su France Culture.
E' in onda un grande universitario, un ex ministro ed ex premier, un ex candidato alla presidenza della Repubblica: Raymond Barre. E i fedeli ascoltatori di «L'appuntamento dei politici» sentono dire tutt'a un tratto, per 15 lunghi, lunghissimi minuti, quello che, io credo, non s'è mai udito alla radio.
Interrogato sul caso Maurice Papon, che egli nominò ministro del Bilancio dal 1978 al 1981, Raymond Barre risponde: «Non rimpiango di averlo fatto», perché Papon «era un alto funzionario dello Stato», un «parlamentare assolutamente ragionevole», un «moderato» e un «moderato» che si era dimostrato «molto coraggioso» quando, nel 1961, come prefetto di polizia, gli toccò il compito di «garantire il ritorno all'ordine», anche a costo di provocare un bagno di sangue in piena Parigi.
Interrogato sul ruolo che, vent'anni prima, nella deportazione degli ebrei di Francia, ebbe quell'uomo, Barre osserva che una «giuria d'onore riunita da Papon» aveva concluso che «egli non aveva fatto nulla che andasse contro la sua responsabilità di alto funzionario dello Stato». Poi, chiedendosi «se tutti i funzionari che erano in carica all'epoca avrebbero dovuto abbandonare le loro responsabilità o rimanere al loro posto per cercare — è sempre Barre a parlare — di limitare i danni», risponde che «quando si hanno responsabilità essenziali in un dipartimento, in una regione o in un Paese, non si danno le dimissioni» — più esattamente, egli dichiara che «si danno le dimissioni solo quando si tratta davvero di un interesse nazionale di massima importanza». Allora, sollecitato a dire se l'ordine dato ai prefetti di fare piazza pulita dei bambini ebrei e di caricarli sui treni della morte non fosse, appunto, «un caso d'interesse nazionale di massima importanza», egli dà questa risposta tranquilla e spaventosa: «No, non era il caso, perché bisognava far funzionare la Francia».
Perché, gli chiede ancora il conduttore, «Papon non ha espresso il suo rammarico?». Risposta: «Perché era un uomo fiero», perché «esercitava grandi responsabilità» e «non era tipo da poter dire: mi pento di quello che ho fatto». L'ex premier, rendendosi ben conto dell'enormità di quanto sta dicendo, aggiunge: «Questa storia di farmi passare per un antisemita, per uno che non riconosce la Shoah, l'ho sentita cento volte e non me ne importa assolutamente nulla. Vorrei che fosse chiaro».
E' la volta di una domanda su Bruno Gollnisch, responsabile del Fronte nazionale, che fu il suo consigliere comunale a Lione e che, invece, è appena stato condannato, giustamente, per i suoi discorsi negazionisti: «Ecco — si inalbera di nuovo Barre — lei ricomincia oggi con tutte le piccole, sordide, critiche che ho già udito»; ebbene «voglio puntualizzare che Gollnisch era un mio collega a Caen»; è un uomo che «si comporta in maniera corretta»; è «una persona perbene»; era «un buon consigliere comunale e coloro che non ne sono contenti pensino pure quel che vogliono».
Infine, a proposito della famosa frase pronunciata dopo l'attentato della rue Copernic, a Parigi, sull'«odioso attentato che voleva colpire gli ebrei che si trovavano nella sinagoga di quella via e che ha colpito francesi innocenti mentre attraversavano la strada», a proposito, quindi, delle parole che i suoi amici dell'epoca ebbero la carità di ritenere un lapsus, Barre le assume e non solo denuncia «la campagna» orchestrata allora dalla «lobby ebraica», ma precisa il senso di quello che non è più assolutamente un lapsus: «Coloro che volevano prendersela con gli ebrei avrebbero potuto far saltare la sinagoga e gli ebrei; ma invece no, fanno un cieco attentato e tre francesi, non ebrei, è un fatto, non ebrei» sono così «puniti » per errore... In questo resoconto manca il tono con il quale tutto questo è stato pronunciato. Manca la volgarità astiosa dell'uomo che non ha nulla da perdere e che ha scelto di lasciarsi andare. Tenuto conto della sua personalità, del suo passato e del rispetto che ha potuto ispirare, mi sembra difficile, tuttavia, considerare questo passaggio all'atto metodico, ragionato, quasi glaciale, come un semplice sbandamento da vecchio irresponsabile.
Una delle due: o lasciamo perdere; lasciamo dire che i fedeli di una sinagoga sono ebrei colpevoli e come tali puniti; e sarebbe un segno terribile, un balzo indietro senza precedenti, come se il processo Papon, appunto, non fosse esistito. Oppure rimaniamo fermi sui principi senza i quali la Francia repubblicana questa volta non funziona più e allora le parole dell'ex premier devono suscitare una levata di scudi nazionale: tutti, i giudici che Barre insulta riabilitando Papon, le vittime che egli tratta con disprezzo considerando il terrorismo un metodo erroneo al servizio di un giusto castigo, il presidente della Repubblica che si è fatto onore riconoscendo la responsabilità dello Stato sotto il regime di Vichy, i candidati alle prossime elezioni, i responsabili della sua famiglia politica, tutti devono dire senza indugio, sobriamente ma chiaramente, la nausea che a loro ispirano le parole del signor Barre.
( Traduzione di Daniela Maggioni)

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