Titolo "Egitto-Israele, crisi per una strage di 40 anni fa ", sottotitolo "Una tv dello Stato ebraico riparla del massacro. Il Cairo: carnefice il ministro Ben-Eliezer. E salta la visita". Soltanto nell'occhiello l'informazione diventa più precisa:" Il caso provocato da un documentario. La difesa del responsabile delle Infrastrutture: non erano prigionieri, ma 250 feddayn uccisi in battaglia ".
Ma nell'articolo si legge che anche il regista del documentario parla di morti in battaglia.
La titolazione scelta dal CORRIERE della SERA del 6 marzo 2007 per la cronaca di Davide Frattini è dunque scorretta.
Ecco il testo:
GERUSALEMME — Dai tempi delle forze speciali, si porta dietro il nomignolo Fuad e adesso un'accusa che ha incrinato le relazioni diplomatiche con l'Egitto. Binyamin Ben-Eliezer, ministro delle Infrastrutture, laburista, origine irachena, parla l'arabo quasi senza accento e al Cairo l'hanno sempre ascoltato, dal presidente Hosni Mubarak al capo dell'intelligence Omar Suleiman. Fino a ieri. Quando le prime pagine dei giornali e le voci dei parlamentari egiziani si sono riempite di rabbia contro di lui: «Quarant'anni fa ha ordinato l'eccidio di 250 prigionieri di guerra». «Ha le mani sporche del nostro sangue».
La stampa araba ha ripreso un episodio della guerra dei Sei giorni rievocato in un documentario israeliano, trasmesso la settimana scorsa dal canale pubblico. Il regista Ron Edelist è dovuto intervenire per spiegare che la sua ricerca storica racconta «una battaglia contro una squadra di palestinesi, inquadrati con gli egiziani, non massacri di uomini che avevano alzato le mani». Allora Ben-Eliezer comandava l'unità Shaked (mandorla) e con i suoi si era lanciato alla caccia di un commando attorno al villaggio di El-Arish, nel Sinai. «I palestinesi si stavano ritirando. C'è stato un uso eccessivo della forza da parte degli israeliani, ma va valutato nel contesto di un conflitto. Gli estremisti stanno sfruttando il filmato per attaccare la pace Israele-Egitto e il presidente Mubarak», continua Edelist.
Il ministero degli Esteri egiziano ha convocato l'ambasciatore israeliano, Shalom Cohen. Quando Edouard Ghali, presidente della commissione per i Diritti umani, ha proposto di invitare il diplomatico a spiegarsi in parlamento, gli altri deputati avrebbero minacciato di «sgozzare Cohen in cortile»: «Non metterà piede qua dentro», hanno gridato i rappresentanti dei Fratelli Musulmani. Altri politici hanno chiesto il richiamo dell'ambasciatore egiziano in Israele, il blocco degli accordi di Camp David e quello delle intese per la cooperazione economica.
Salaam al-Ruqi, parlamentare indipendente del Sinai, ha invocato le armi: «L'unico modo per risolvere la situazione è dichiarare lo stato di guerra».
Ben-Eliezer, generale della riserva ed ex ministro della Difesa, ha cancellato la visita al Cairo prevista per giovedì, (avrebbe dovuto discutere le importazioni di gas naturale). «Dopo le informazioni infondate pubblicate in Egitto — ha spiegato il portavoce —, l'atmosfera non era propizia. Abbiamo deciso di rinviare gli incontri». Il ministro, che ha guidato l'unità Shaked tra il 1967 e il 1970, ha anche precisato in un comunicato che i soldati uccisi quarant'anni fa «appartenevano a un gruppo di feddayn palestinesi, che colpivano in Israele da Gaza. Non sono stati ammazzati a freddo, ma in battaglia».
«Non credo potrà tornare qua tanto presto — ha commentato l'analista egiziano Emad Gad, alla France Presse
—. Non è una vera e propria crisi diplomatica. Mubarak è soprattutto furioso perché quel documentario è andato in onda. Lascerà che l'indignazione venga sfogata per qualche settimana e poi la vicenda si calmerà da sola». In gioco ci sono anche i rapporti economici tra i due Paesi. Le esportazioni israeliane verso l'Egitto hanno raggiunto l'anno scorso i 126 milioni di dollari contro i 29 del 2004. L'Egitto ha venduto beni per 77 milioni di dollari, rispetto ai 29 di tre anni fa.
Un diplomatico israeliano ha ricordato alla France Presse
una crisi simile, scoppiata nel 1995. Lo storico Aryeh Yitzhaki, dell'università Bar-Ilan, vicino a Tel Aviv, aveva accusato Tsahal di aver massacrato, a guerra finita, centinaia di soldati egiziani che avevano deposto le armi. «Non è mai esistito l'ordine di eliminare i prigionieri — ha commentato David Sultan, ambasciatore in Egitto tra il 1992 e il 1996 —. Ci sono stati dei casi isolati, da entrambe le parti. È questo che bisognerebbe tentare di spiegare oggi».
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