Pagare gli ayatollah perché rinuncino alla bomba: la nuova idea geniale della politica estera italiana
ma il modello è la tattica di Clinton con la Corea del Nord, che ora la bomba ce l'ha
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Data: 01/03/2007
Pagina: 12
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: Nucleare, l’Iran apre al piano dell’Italia
Mentre sotto gli occhi dei caschi blu dell'Onu prosegue il riarmo e la preparazione alla guerra degli Hezbollah, l'Italia guidata dal Prodi si sta autoconvincendo di essere in grado di compiere una replica in grande della, non proprio riuscita, pacificazione del Libano.
Fermare, nientemeno, il progetto nucleare iraniano. Pagando il regime.

L'UNITA', va da sè, è in prima linea nel magnificare le virtù dell'approccio "nordcoreano"alla crisi iraniana .

In proposito, occore ricordare che già nel 1994 l'amministrazione Clinton aveva adottato verso la dittatura comunista la tattica negoziale ripresa ora dall'amministrazione Bush.
Il risultato era stato un totale fallimento, perché, mentre trattava e lucrava vantaggi diplomatici ed economici, il regime nordcoreano completava segretamente il suo programma nucleare.

L'Iran, dal canto suo, non fornisce nessuna garanzia alla comunità internazionale, ed ha già tentato di ingannare l'Aiea.

Gli aiuti al regime, d'altro canto, ne prolungano la durata e  isolano l'opposizione interna dalla comunità internazionale, indebolendola drammaticamente.

In ogni caso, è evidente che l'idea di offrire incentivi al regime, nonostante le assurde smentite dei suoi sostenitori, compromette l'efficacia delle sanzioni ed è in contrasto con l'unica ragionevole (ma sempre più debole) forma di pressione alternativa all'opzione militare.  

Ecco il testo:

IL MULTILATERALISMO applicato ad uno dei fronti più esplosivi, e non è solo una metafora, dello scenario internazionale: l’Iran. Un approccio che l’Italia sta praticando, e non solo «predicando», sia nelle relazioni bilaterale che negli organismi mul-
tilaterali - Onu, Ue in primis - dei quali fa parte. Un approccio che conquista il consenso di Teheran. Palazzo Chigi, 21 febbraio. Mentre al Senato il governo va sotto sulla politica estera, a Palazzo Chigi incontra il capo negoziatore iraniano sul nucleare Ali Larijani. Il premier è reduce dal suo viaggio in India, una delle potenze nucleari dell'Asia; dagli incontri con le autorità indiane, Prodi ha tratto nuovi elementi a conforto della tesi sostenuta dall'Italia: per cercare di risolvere politicamente il braccio di ferro con Teheran, occorre applicare il metodo usato con la Corea del Nord: vale a dire trattative multilaterali condotte non solo al «club dei 5+1» ma allargato anche a potenze regionali, come India e Pakistan e, come riconoscimento del lavoro diplomatico svolto, anche all'Italia.
In questo contesto, spiega a l'Unità una fonte della Farnesina, lo strumento delle «sanzioni calibrate» va messo al servizio di una pressione politica finalizzata all’accettazione da parte iraniana di una trattativa multilaterale «sul modello dei negoziati di Pechino» per la Corea del Nord. Sanzioni ma anche riconoscimento da parte dei partner negoziali del «diritto inalienabile» da parte dell'Iran di sviluppare la ricerca per l'acquisizione del nucleare civile. In cambio, Teheran dovrebbe aprire, senza limiti, le sue centrali alle ispezioni dei tecnici dell'Aiea, l'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica dell’Onu. A quanto risulta a l'Unità, l'approccio italiano è stato giudicato positivamente dal Direttore Generale dell'Aiea, e premio Nobel per la Pace 2005, El Baradei. «L’Italia sostiene l'esigenza del dialogo ed è impegnata nel tentativo di coinvolgere l'Iran in un processo di stabilizzazione del Medio Oriente. Per questo riterrei importante il suo ingresso nel club dei 5+1», aveva affermato El Baradei in una intervista concessa a l'Unità lo scorso settembre. Un apprezzamento che il Direttore dell'Aiea ha ribadito in questi giorni. Nell'incontro di Palazzo Chigi, Prodi illustra a Larijani le linee generali del «piano italiano». Il capo negoziatore iraniano accoglie positivamente le proposte italiane ma si riserva di rendere pubblica la risposta di Teheran dopo averne discusso con i vertici istituzionali della Repubblica islamica.
Ieri la prima risposta: Larijani rende noto che il premier italiano ha illustrato «un piano, delle idee» per cercare di risolvere il braccio di ferro con la Comunità internazionale. Larijiani, citato dall'agenzia Irna, sottolinea che si tratta di una proposta «allo stato iniziale, che va sviluppata». Ma è una proposta che, fuori dall'ufficialità, Teheran giudica con favore. Il «modello Pechino» può essere sviluppato anche sul fronte iraniano. Il «piano italiano» per quello che consta a l'Unità, riprende e sviluppa il pacchetto d'incentivi offerto a Teheran, nel giugno scorso, dall'Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell'Ue, Javier Solana. L'approccio multilaterale italiano, sottolinea la fonte della Farnesina, non contraddice la volontà dell'Italia - manifestata a più riprese dal Ministro degli Esteri Massimo D'Alema - di applicare le sanzioni che verranno decise dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu, ma al tempo stesso l'Italia non rinuncia a ricercare una via di uscita politica alla crisi con l'Iran. E nell'ambito del massimo organismo decisionale delle Nazioni Unite, l'Italia (membro non permanente per due anni) è impegnata nella definizione di una nuova risoluzione contro Teheran, con l'obiettivo di contemperare incisività e mantenimento di uno spazio di trattativa: tra le misure possibili - confida a l'Unità una fonte diplomatica al Palazzo di Vetro - vi sono restrizioni agli scambi commerciali e alle esportazioni di armi. Ma nessun riferimento ad una opzione militare. Su questo la contrarietà dell’Italia è totale. E lo è anche per i segnali che giungono dall'Iran: non si tratta solo di registrare il malcontento crescente nella società civile verso i guasti, sociali ed economici, prodotti dalla politica isolazionista di Ahmadinejad, ma anche, e per certi versi soprattutto, non sottovalutare le crepe che cominciano a manifestarsi all'interno dell'establishment politico-religioso al potere. Il «piano italiano» è anche una sponda a quanti, nel regime, vogliono porre fine al braccio di ferro con l'Occidente senza dover perdere completamente la faccia sul diritto - che viene rivendicato anche dalle personalità più critiche verso il regime, come la premio Nobel per la pace Shirin Ebadi - al nucleare civile.

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