Persino Chirac non parla con Hezbollah
speriamo che D'Alema non voglia rimanere l'unica eccezione
Testata:
Data: 22/01/2007
Pagina: 3
Autore: Anna Momigliano
Titolo: Al summit per il Libano,Chirac esclude Hezbollah
Perfino Chirac rifiuta, in funzione antisiriana, di "dialogare" con Hezbollah.
Speriamo che il nostro ministro degli Esteri, che si fece fotografare a braccetto con un membro del gruppo, non resti l'unica eccezione...

E speriamo che l'Unione europea si decida presto a riconoscere ciò che è evidente: che Hezbollah è un gruppo terroristico.

Dal RIFORMISTA del 22 gennaio 2007


 L’obiettivo è molto ambizioso: nella conferenza internazionale per il Libano, che si terrà giovedì a Parigi, i paesi donatori cercheranno di raccogliere i fondi sufficienti alla ricostruzione del paese, devastato dai bombardamenti israeliani della scorsa estate. Secondo il governo libanese, i danni diretti e indiretti (occorre tenere conto anche degli ordigni inesplosi che hanno reso incoltivabili alcuni terreni) superano i tre miliardi e mezzo di dollari. La conferenza internazionale per il Libano è impegnata a fornire 1,2 miliardi. Durante l’ultimo incontro, a Stoccolma, la conferenza ha già raccolto 940 milioni: tra i donatori principali, figuravano Qatar, Usa, Arabia saudita e Commissione europea. L’Italia è stata la singola nazione europea che ha versato la cifra più alta (38 milioni). Ora si tratta di raccogliere i restanti 260 e di verificare l’avviamento della ricostruzione. Nello sforzo sono coinvolti quaranta paesi donatori, la Banca mondiale, il Fondo monetario internazionale e la Segreteria generale dell’Onu. Oltre all’impegno economico dei paesi donatori, esiste però anche l’agenda politica, più o meno esplicita, del paese ospitante. Jacques Chirac ha colto l’occasione della conferenza per mandare un chiaro segnale al Libano e alla Siria. Tanto per cominciare, si è ben guardato dall’invitare rappresentanti di Hezbollah alla conferenza: il partito di Dio, nonostante le sue credenziali poco democratiche e il suo esplicito legame con milizie responsabili anche di attentati bombaroli sugli autobus civili israeliani, non è ufficialmente riconosciuto come organizza terrorista dai paesi europei (è, invece, nella lista nera degli Usa). Hezbollah è però considerata, a torto o a ragione, un’organizzazione legata a doppio filo con il regime di Damasco. Ai margini della conferenza, il presidente francese ha inoltre organizzato una récepetion all’Eliseo in onore di Hariri junior, figlio dell’ex primo ministro Rafik Hariri. Hariri, alleato storico della Francia, strenuo oppositore delle ingerenze siriane in Libano, e legato a Chirac da una lunga amicizia personale, fu assassinato in un attentato bombarolo nel 2005. Le prime indagini sull’affaire Hariri puntavano il dito direttamente contro i vertici del regime siriano. Alla fine, le indagini si sono arenate, ma la pressione internazionale ha indotto Damasco a ritirare le proprie truppe di occupazione in Libano. Parigi fu tra i principali fautori del ritiro siriano. Non è un mistero, del resto, che la Francia sia tradizionalmente legata alla fazione cristiana libanese e, più in generale, agli ambienti filo-occidentali, democratici e anti-siriani vicini al blocco Hariri e alla cosiddetta «Rivoluzione dei Cedri». Secondo alcuni, lo stretto legame tra Parigi e una delle fazioni potrebbe rivelarsi un’arma a doppio taglio: nel caso di una guerra civile in Libano, l’Unifil - il cui comando dovrebbe passare a breve dai francesi agli italiani - rischia di trovarsi automaticamente schierata. A questo, poi, si aggiunge la dedizione personale del presidente Chirac (i suoi stretti collaboratori l’hanno definita «quasi un’ossessione») alla causa dell’amico assassinato, Rafik Hariri. Il risultato è che, tra le grandi nazioni europee, la Francia sia di gran lunga la più scettica nei confronti di Damasco: recentemente, aperture più o meno tiepide alla Siria erano giunte dalle diplomazie di Roma, Madrid e Berlino. Il ministro degli Esteri tedesco Frank Walter Steinmeier era persino volato a Damasco poco dopo la guerra di quest’estate, salvo poi cancellare la visita, poco dopo l’atterraggio, a causa dei commenti apertamente antisemiti da parte del presidente Bashar Al-Assad. Le aperture delle diplomazie europee non nascono certo dalla fiducia nel regime di Assad, assai poco raccomandabile, quanto da alcune considerazioni realiste: dopo la guerra in Libano, è impossibile negare l’influenza siriana sulla regione, e la Realpolitik insegna che spesso bisogna trattare non tanto con chi piace, ma con chi ha la possibilità di influire sugli assetti. Poi, è in corso una strategia (ancora implicita) di “divide et impera”, che mira a scogliere l’asse Damasco-Teheran, intavolando colloqui separati. Per il momento, l’Eliseo si è mantenuto al di fuori di questi giochi. Chirac si è sempre rifiutato di incontrare i rappresentanti di Damasco, e ha spesso snobbato anche i politici libanesi filo-siriani, incluso il suo omologo Emil Lahoud.Al momento, la priorità è riaprire il dossier Hariri. Su questo, Chirac troverà un importante alleato nel segretario generale Onu Ban Ki- Moon. La scorsa settimana, Ki-Moon ha annunciato di intendere sfruttare la conferenza di Parigi per discutere con i leader libanesi e i partner internazionali la composizione di un tribunale internazionale per l’omicidio dell’ex primo ministro libanese.

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