La missione di Condoleezza Rice secondo u.d.g.
che non supera i suoi pregiudizi verso Israele
Testata:
Data: 06/01/2007
Pagina: 9
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: La missione di Condi, pace in Palestina per dimenticare Baghdad
Da L'UNITA' del 6 gennaio 2007, un articolo di Umberto De Giovannangeli dedicato alla politica americana in Medio Oriente, ma intriso di pregiudizi antisraeliani, fondati sul falso assunto che la risoluzione della "questione palestinese" sia la chiave di volta dei problemi della regione e sia ostacolata essenzialmente dall'intransigenza dei governi di Gerusalemme :
Il «lavoro sporco», quello di cercare una dignitosa via di uscita dal sanguinoso pantano iracheno, è affidato a John Negroponte. Ma la «mission» che vale la Storia, è quella che George W.Bush ha affidato a Condoleezza Rice: sbrogliare l’esplosiva, «matassa» mediorientale partendo dalla Palestina. E agire in questa direzione riesumando e ridando vitalità al Quartetto (Usa, Ue, Russia, Onu) per il Medio Oriente. Va letta in questo senso, concordano gli analisti americani più accreditati, l’apertura del presidente Usa alle posizioni «dialoganti» espresse dalla cancelliera tedesca Angela Merkel, nell’incontro dell’altro ieri alla Casa Bianca.
Apertura seguita dall’annuncio della nuova missione in Medio Oriente, a metà gennaio, della combattiva segretaria di Stato. L’amministrazione Usa cerca di puntellare i propri alleati arabi, da Mubarak ad Abu Mazen a re Abdallah II di Giordania, con le «armi» della politica e non con improvvide e controproducenti forzature militari, modello-Iraq. Su questo terreno si ridefinisce una convergenza di visioni e di interessi tra l’America e l’Europa. E su queste basi torna di attualità l’ipotesi, ieri rilanciata dal presidente francese Jacques Chirac, di una Conferenza internazionale sul Medio Oriente; prospettiva a suo tempo avanzata dal ministro degli Esteri italiano Massimo D’Alema.
Un sostegno alle leadership arabe moderate che ridefinisce anche i rapporti tra Washington e l’alleato israeliano. L’unilateralismo non ha fallito solo in Iraq; di certo non ha dato buona prova neanche in Palestina. Da qui la necessità di sostenere il presidente Mahmoud Abbas (Abu Mazen) nella sua sfida al governo (e al potere) di Hamas.
La "necessità di sostenere il presidente Mahmoud Abbas (Abu Mazen) nella sua sfida al governo (e al potere) di Hamas" non deriva dal "fallimento" dell'unilateralismo, scelta obbligata finché Israele non ha un interlocutore palestinese, ma dal fatto che, finalmente, Abbas ha iniziato a contrastare Hamas.
Sostegno politico ed economico. Decisivo è il fattore-tempo. La tregua a Gaza tra Israele e Anp ha cominciato a vacillare (ieri i carri armati di Tzahal sono rientrati nel nord della Striscia),
la tregua aveva incominciato a vacillare subito dopo la sua entrata in vigore: con ilanci di razzi kassam da parte dei terroristi palestinesi, dei quali L'UNITA' non fa menzione
mentre lo scontro tra le milizie di al-Fatah e quelle di Hamas torna a farsi sempre più sanguinoso. Sostenere Abu Mazen per evitare che Gaza divenga una nuova «Iraq». Washington si prepara ad entrare pesantemente nella sfida interna ai Territori. Bush ha pianificato un finanziamento di 86,4 milioni di dollari per rafforzare le forze di sicurezza fedeli ad Abu Mazen nel conflitto con il movimento integralista, a sua volta finanziato dall’Iran. Il denaro, sottolinea un documento del governo americano del quale l’agenzia Reuters è venuta in possesso, sarà usato «per aiutare la presidenza dell’Autorità Palestinese ad adempiere agli impegni presi in virtù della Road map per smantellare le organizzazioni terroristiche e stabilire la legge e l’ordine in Cisgiordania e a Gaza». Dal documento si apprende che il generale americano Keith Dayton, coordinatore della sicurezza fra Israele e Anp, applicherà il programma da 86,362 milioni di dollari «per rafforzare e riformare elementi del settore della sicurezza palestinese controllati dalla presidenza dell’Anp». Hamas ha reagito con collera, accusando gli Stati Uniti di voler acuire le tensioni fra i palestinesi. Un dirigente di Hamas, Mushir al-Masri, ha anche lanciato una specie di ultimatum ad Abu Mazen: questi deve rifiutare i fondi americani, altrimenti sarebbe corresponsabile di un «colpo di mano» nei confronti del governo di Hamas. I cui dirigenti, d’altra parte, continuano a portare fondi in contanti a Gaza: secondo il quotidiano israeliano Maariv lo sceicco Nizar Rayan è ieri tornato dall’Egitto con sei milioni di dollari. Il fattore-tempo non aiuta la pace in Terrasanta. Così come il vuoto della diplomazia è sempre riempito dalle armi. «Condi» Rice ne è consapevole. Per questo si dedicherà a tempo pieno al dossier mediorientale. Solo così potrà affrontare con qualche chance di successo quella che oggi appare come una «mission impossible».
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